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“Ora che finalmente Renato e Zero dormono nello stesso letto”: la pacificazione con se stesso dopo 52 anni

“Ho stretto le mani a chiunque senza chiedere nome e cognome, ho ingoiato qualunque allusione per placare la fame. Li ho già avuti i miei fischi dai cosiddetti maschi e non rompessero i coglioni se stanotte faccio festa”. Caustico e diretto come non mai. Un’autobiografia in musica lunga quattro minuti nella quale celebra finalmente la pacificazione tra i suoi due sé, Renato e Zero. Quello che “era nato per essere niente” perché “il mio io non piaceva a nessuno” e quello che ha rivestito di lustrini e paillettes la voglia di stupire e rivoluzionare il mondo. “Zero a 15 anni mi ha strappato dalla noia, mi ha dato il desiderio di cambiare vita. A un certo punto però è diventato troppo invadente. Così sono andato a Sanremo vestito da ometto proprio per dire a lui di stare in riga. Non è facile metterli insieme questi due anche se oggi finalmente posso dire di esserci riuscito. Dormiamo in un unico letto e usiamo lo stesso rasoio. E festeggiamo tantissimi anni di convivenza”.

Renato Zero (69 anni).

Dopo 52 anni di carriera e 45 milioni di dischi venduti, Renato Zero ha ancora tantissima voglia di mettersi in gioco e lo fa con un disco di inediti (il trentesimo in studio) che sarà pubblicato il 4 ottobre, interamente registrato a Londra e destinato a restare, e non solo perché è suonato da fior di musicisti, a cominciare da Trevor Horn e dagli ex Dire Straits Alan Clark e Phil Palmer. Quello che colpisce in “Zero il Folle” è l’analisi spietata della contemporaneità, declinata in mille sfaccettature. Una critica corrosiva all’apatia imperante, alla società dell’apparire devota ai like e ai profili social che spacciano ciò che non si è, alla mania dei selfie per convincersi di non essere invisibili, agli integratori di vuoti esistenziali che nutrono solitudini e non conoscono più il contatto diretto. Sono temi che si trovano in “Mai più da soli”, primo singolo estratto, ma anche in “Tutti sospesi”, “La vetrina”, già secondo singolo, e in “Che fretta c’è”.

Lui, occhiali tempestati di brillantini e cappello stravagante, a Facebook risponde con il buon vecchio citofono. “Altro che social. Le persone le devi vedere e incontrare”. E poi nella videointervista concessa a Tiscali.it racconta come ha fatto a riappropriarsi della propria esistenza, lui, il re dei sorcini che per uscire di casa senza essere assalito dalla folla adorante era costretto a nascondersi e camuffarsi. “Oggi non è più così. Sono riuscito a educare il mio pubblico e certe esternazioni non sono più ammesse proprio a partire da loro. Hanno capito che sono disponibile e che non c’è bisogno di infrangere nessuna barriera per avere un rapporto con me. E da parte mia aver acquisito questa libertà d’azione mi consente di poter dire che il citofono lo può suonare chiunque”.

Non ho mai cercato risposte ma ho voluto scuotere le coscienze

Profondo e irriverente, Zero parla della fede in due tra le canzoni più belle dell’album, “Quanto ti amo” e “Ufficio reclami”, in cui sembra di sentire il ragazzo ironico del “Triangolo” e di “Mi vendo” alle prese con uno spassoso dialogo con un coro di preti e suore. “Sono un peccatore eccellente e non mi aspetto grandi cose dal piano superiore”, taglia corto lui. In “La culla è vuota” invece torna al tema della procreazione e della crisi delle nascite: “La vita non la protegge nessuno. Viene attaccata da tutte le parti. L’aborto? Quando una donna subisce violenza è giusto. Ma lo condanno se viene usato come anticoncezionale. Ci sono la pillola, il preservativo, la spirale a quello scopo.”. Ci passano anche l’ecologia e l’ambientalismo e il tema della morte affrontato in “Quattro passi nel blu”, un omaggio a tanti amici scomparsi: “Lucio Dalla, Ivan Graziani, Mango e tanti altri sono la mia coperta di Linus. Io li indosso tutti i giorni, sono stati messaggeri di complicità e stimolo, oggi che non li ho, li rappresento in questo disco”. In “Viaggia” esorta i ragazzi ad andare in giro per il mondo: “Non me ne vogliano gli intellettuali ma il viaggiare vale più di un libro. Gli incontri, le mescolanze, l’adattabilità sono la forma più alta di diventare grande”. E lui, che ha appena compiuto 69 anni, ne parla apertamente in un altro dei brani più riusciti del disco, la ballata di “Questi anni miei”, dove si dichiara finalmente in equilibrio e rivendica la curiosità a oltranza. “Non ho mai cercato di dare risposte ma di scuotere le coscienze. In questo mi sento come Gaber, Jannacci, Modugno e De André”.

 

Non sono un mestierante, sono una persona che ha voluto uscire dagl5i schemi

Il disco sia nella versione in cd sia in quella in vinile ha 4 cover. Eccolo geisha, fauno, divinità indiana e perfino padre eterno con tanto di boccoli argentati. “Questo cambiare pelle ogni volta è la formula migliore per non essere statici e per offrire l’intercambiabilità a un mestiere che non è un mestiere. Lo dico con grande orgoglio. Non sono un mestierante. Sono una persona che ha voluto uscire dagli schemi, che ha mandato a fanculo la borghesia e ce l’ha mandata con tanti saluti. Ma il fatto di poter indossare la mia natura, la mia voglia di stupire e di muovere il pensiero degli altri mi ha reso padrone delle mie esperienze e portatore sano del coraggio”.

Dal 1 novembre parte il “Zero il Folle in tour”, prodotto e organizzato dalla sua casa di produzione  Tattica, visto che da tempo Zero ha abbandonato le  multinazionali discografiche ree “di prendere qui i soldi e di spenderli altrove”. Si parte dalla sua Roma ed è inutile dire che tutte e sei le date sono già sold out.

Per informazioni sui biglietti e sulle altre date del tour www.renatozero.com

 

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