(Fotogramma)
Pubblicato il: 21/01/2019 18:29
di Giannandrea Carreri
“); } else { document.write(“”); }
“Mi auguro di non restare solo con il mio Dante, un progetto fermo da 18 anni”. Il regista Pupi Avati scuote la testa mostrando timore e speranza in parti uguali nel ripercorrere, con l’Adnkronos, la vicenda del suo progetto di un film tv su Dante Alighieri, una storia che Avati fa partire all’inizio del secolo: “Tanto lavoro è stato fatto e già nel 2001 ci fu una lettera di Rai Fiction, un impegno scritto secondo il quale il progetto di raccontare la vita di Dante attraverso Boccaccio sarebbe andato in produzione l’anno successivo – sostiene il regista – Dal 2001 questo progetto è rimbalzato da un direttore all’altro della Rai senza mai riuscire a ottenere il ‘via’. Così siamo arrivati a ridosso delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante, avvenuta nel 1321 a Ravenna”.
“Su quel progetto c’era anche il patrocinio dei Beni Culturali e io, da dantista dilettante, ho cercato e ottenuto la complicità di esperti illustri, creando un comitato scientifico con anche l’Accademia della Crusca – prosegue Avati – Il progetto si incentra sul ‘Trattatello in laude di Dante’ del Boccaccio. Quando consegna nel 1350 alla figlia di Dante, monaca in un monastero a Ravenna, un risarcimento per i patimenti inflitti al Poeta dei Fiorentini, Boccaccio si fa investigatore e interroga prima la donna e poi altri che lo avevano conosciuto, arrivando a tracciarne la biografia, tanto che tutte le notizie che ancora oggi abbiamo su Dante vengono dal Boccaccio”.
“Il ‘Trattatello’ è un soggetto meraviglioso, già pronto, ne abbiamo fatto una sintesi dove i protagonisti sono appunto due dei tre padri della lingua italiana, manca solo Petrarca. Un film per la tv su queste basi è certamente un progetto ambizioso, un progetto che riguarda l’italiano più famoso nel mondo“, aggiunge Avati che quando gli si chiede anche solo un’ipotesi di interprete per il ruolo di Dante, o per quello di Boccaccio, risponde “preferisco non parlare di attori”, anche perché in 18 anni di attesa e speranza molti sono i volti che ha potuto ipotizzare. “Quello che manca – conclude il regista – è semplicemente un committente. Spero che ci sia attenzione verso l’identità, il patrimonio culturale dell’Italia”.
“); } else { document.write(“”); }