Pubblicato il: 27/11/2019 17:20
“Il servizio pubblico dovrebbe quantomeno riservarsi lo scrupolo di selezionare attentamente i contenuti che trasmette nelle proprie radio: anche per rispetto agli ascoltatori che pagano il canone e agli inserzionisti che acquistano pubblicità”. Maurizio Scandurra, giornalista, critico musicale e ufficio stampa che ha affiancato negli anni artisti quali Andrea Mingardi, Ivana Spagna, Tullio De Piscopo, PFM, Matia Bazar, Dirotta Su Cuba, Silvia Mezzanotte e Gerardina Trovato, per la prima volta prende carta e penna e scrive una nota non per altri artisti, ma per dire la sua. Al centro della polemica, il brano ‘Tu e D’io’ del rapper Danti con il featuring di Nina Zilli e J-Ax. Brano che, “per quanto ben cantato, musicalmente azzeccato e coinvolgente negli arrangiamenti, già dal modo in cui è scritto il titolo, può apparire anche come un’aperta e palese derisione pubblica del credo cristiano“, spiega Scandurra.
“Mamma Rai pare aver perso, di fatto, quel ruolo essenziale di controllo e verifica che un tempo le conferiva il prestigio e la fiducia dei cittadini. Mi domando, infatti, con che criterio e coraggio i programmatori musicali dell’azienda pubblica abbiano inserito in rotazione su emittenti dagli ampi ascolti quali ‘Radio 1’, ‘Isoradio’ e ‘Rai Radio Tutta Italiana’ (seguite anche dai giovanissimi) una canzone che inizia con ‘Ave Maria, piena di ansia’, e prosegue, tra le altre, con frasi del tipo ‘E così sia cammino sull’acqua e prendo il sole crocifissa sulla spiaggia’, ‘Ma bastano tre giorni e risorgo’, ‘E’ una vita sbagliata che mi fa bestemmiare’, ‘Io non sono il messia, non è sangue è sangria’, ‘Faccio l’assegno della croce, zio’, ‘Sono un santo con l’aureola di Cbt‘, acronimo di cannabitriolo – fa notare Scandurra – principio attivo della cannabis, parte rappata nel video del brano da J-Ax in abito da suora”.
“Mi chiedo – dice Scandurra – quale sia in proposito il pensiero del presidente della Commissione di Vigilanza Rai Alberto Barachini e quello di politici, filosofi, intellettuali che intervengono pubblicamente ogni volta che vengono offesi culti diversi da quello cattolico. All’interno del brano, come se non bastasse, ricorrono anche espliciti riferimenti a rinomati marchi commerciali di larghissima diffusione (‘Nel nome dell’Ipad, iPhone e lo spirito Samsung‘) che, oltre a essere provocatori, promuovono apertamente prodotti tecnologici che non hanno di certo bisogno di pubblicità gratuita a opera di terzi cantanti sulle radio di Stato. Nessuna censura, sia chiaro, ma solo una oggettiva questione di rispetto per tutti indistintamente”, chiosa Scandurra che ricorda: “Lontani i tempi di ‘Sanremo’ 1971 con ‘4/3/1943’, la perla della consacrazione artistica di Lucio Dalla, nata come ‘Gesù bambino’ e poi modificata nel titolo per via della storia di una ragazza madre incinta di un ignoto soldato alleato, e per altre frasi forti. Solo che lì era storia e cultura”.
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