Che l’Italia non sia più quella del Geghegè che a metà degli anni Sessanta faceva scatenare i giovanissimi con “quel riff che fa così” non c’è dubbio. Ma che perfino la convocazione in extremis di Rita Pavone come cantante in gara a Sanremo debba diventare motivo di polemica politica o meglio di linciaggio sui social è davvero un segno dei (brutti) tempi nei quali viviamo immersi come in una bolla dove tutto fa sghignazzare, dove la storia delle persone non conta niente e dove le tensioni in Iran e le canzoni festivaliere valgono una battuta e qualche retweet.
Un pezzo di storia della musica italiana
Eppure visto che da giorni l’hashtag con il suo nome continua a imperversare tra chi le rinfaccia prese di posizione e frettolosi tweet, vale la pena di raccontare come e perché il nostro Paese ora si divida pure su Rita Pavone. Sì, quella di Giamburrasca, quella di “Viva la papapappa col popo-popo pomodoro”, quella che a 74 anni suonati, con una storia musicale lunga e felice, tra successi nazionalpopolari, rock sfrenati e virate internazionali (è una delle poche artiste donne italiane ha essere stata in classifica pure in Gran Bretagna) ha deciso di rimettersi in gara con colleghi molto più giovani e con nessun rischio da correre. Una scelta coraggiosa, figlia dell’entusiasmo che ha sempre accompagnato questa artista, capace di ributtarsi nella mischia quattro anni fa tra i ballerini di “Ballando con le stelle” o di rivisitare i grandi successi americani con un grande disco di cover black e soul come “Masters”.
I precedenti
Invece appena Amadeus ha annunciato il suo nome durante lo speciale de “I soliti ignoti” andato in onda il 6 gennaio, si sono aperti i rubinetti di Twitter dove Rita Pavone è diventata bersaglio di prese in giro, sfottò e offese per la sua età anagrafica, per il suo aspetto fisico ma anche e soprattutto per essere stata etichettata come “sovranista” e quindi in quota Lega. In particolare sono state ricordate alcune sue infelici uscite suoi social, quella su Greta Thunberg che sembra “un film dell’orrore” su tutte ma anche quella sui Pearl Jam invitati a occuparsi dei fatti loro dopo che in un concerto nel nostro Paese sulle note di “Imagini” avevano scritto la frase “aprite i porti”. Ecco qualche tweet, giusto per dare un assaggio di ciò che sta accadendo: “Ha ritwittato un tizio che si domandava come mai non ci fossero vu’ cumpra’ sulla Rambla di Barcellona nel giorno dell’attentato. Ha scritto che Greta Thunberg sembra un personaggio da film horror. Con #Ritapavone, a Sanremo, i sovranisti avranno una degna rappresentanza!”. Ma anche: “Pare che il festival di Sanremo 2020 sarà trasmesso in bianco e nero e per cambiare canale devi alzarti dal divano” con l’hashtag #ritapavone. Ancora? “Cosa avete fatto di così cattivo che la Befana vi ha portato Rita Pavone?” tra ironie e sarcasmi: “Ne ha collocati più il sovranismo che il Reddito di Cittadinanza”.
Il coraggio di provarci ancora
E lei? Non riesce a nascondere l’entusiasmo e si difende citando Chaplin: “Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro”
E così racconta: “Ho 74 anni, ma la mia voce non l’ha ancora capito. Se non mi guardo allo specchio non me lo ricordo neanche io. E dato che il tempo non si è accorto dell’errore, io vado per la mia strada. L’età anagrafica è solo per la carta d’identità e tutti hanno diritto di dimostrare le loro capacità”.
A Sanremo, dove torna dopo 48 anni, canterà “Niente (Resilienza 74)” “una gran bella canzone, un vestito cucito addosso me, grintosa e vitale”, firmata da Giorgio Merk, uno dei figli suoi e di Teddy Reno. “Non vado lì per vincere, ma per far scoprire una Rita Pavone che non è più quella del Geghegè, ma che sa dare ancora energia”. E i social? La lezione sembra averla imparata: “Ora condivido solo foto di gattini e tramonti”, dichiara ironica.