Pubblicato il: 18/09/2019 20:24
di Veronica Marino
Il dibattito su come regolare l’uso dei social da parte dei dipendenti e dei collaboratori Rai è in corso da qualche tempo. La Rai sta lavorando ad una nuova policy social media ma ancora non ha prodotto un testo nel tentativo di non limitare la libertà di espressione e al contempo di tutelare l’immagine dell’azienda. La Commissione di Vigilanza, invece, ha già una proposta definita che sarà all’esame della plenaria il 25 settembre prossimo. Ma a chi tocca intervenire? Secondo il consigliere Rai Giampaolo Rossi senza dubbio “spetta alla Rai nella sua autonomia operare per migliorare i meccanismi di governance e di gestione dell’azienda definendo policy adeguate ed è per questo – spiega all’Adnkronos – che stiamo mettendo a punto un’integrazione del codice etico rispetto a quello già funzionante”. Dunque la Rai terrà conto o no della risoluzione della Vigilanza? “Ovviamente sì”, replica Rossi. E, questo, perché “la rivoluzione dei social impatta in maniera deflagrante su una media-company come la Rai su temi non solo relativi alla comunicazione, ma anche alla libertà di espressione e individuale”.
“Va tenuto conto, però – osserva il consigliere – che il codice etico è stato scritto nel 2006 ed aggiornato nel 2013, quando ancora l’universo social non era tanto dirompente e per questo il contributo di indirizzo della Vigilanza su un tema così sensibile e attuale è davvero fondamentale. E’ nelle prerogative della Commissione dare indirizzi alla Rai su questioni centrali del servizio pubblico e del pluralismo, sempre tenendo presente comunque che le policy aziendali sono responsabilità dell’azienda, nel senso che la funzione istituzionale della vigilanza è di indirizzo e controllo”. Il punto di caduta sembra essere il dialogo sulla materia tra Vigilanza e Rai. Cosa che si vedrà a breve.
Intanto oggi è proprio un tweet di Rossi a destare qualche interrogativo nei corridoi Rai. “Il politico a sinistra è un famoso europeista. Sta dicendo che ‘l’ordine mondiale si baserà sugli Imperi e non sulle Nazioni’; x questo serve l’Ue. Anche il politico di destra vuole in Europa un Impero che cancelli le libertà nazionali. #mimesis #guyverhofstadt”. E’ il testo del tweet di Rossi che ritwitta il cinguettio di Political B. Un tweet accompagnato da un video dove, attraverso un fotomontaggio, il politico belga Guy Verhofstadt viene accostato a Hitler. Rossi, però, con serenità spiega le ragioni della sua scelta: “Il video che circola in rete e che ho ritwittato è ovviamente un video caricaturale che ha in sé un paradosso. Ironizzando, infatti, sulla mimica di Guy Verhofstadt e di Hitler, evidenzia il tema del dibattito politico del nostro tempo. L’intervento di Guy Verhofstadt è avvenuto tre giorni fa – dice Rossi – e in quell’intervento, riportato da tutti i media stranieri, il politico belga ha dichiarato che il nuovo ordine mondiale si fonderà sugli Imperi e che, quindi, gli Stati nazionali sono destinati a scomparire. Guy Verhofstadt ha addirittura affermato che persino Russia, Stati Uniti e Cina sono imperi e non nazioni e che, di conseguenza, anche l’Europa deve prendere una forma imperiale, cancellando gli Stati nazionali”.
“L’Unione europea, però – rimarca Rossi – non nasce per cancellare le nazioni. Nasce per creare una unione di nazioni libere e democratiche. Il sogno di un impero europeo che cancelli le libertà nazionali conquistate nei secolo dai popoli era il sogno del Terzo Reich, da qui il paradosso e cioè l’Unione Europea rischia di trasformarsi in uno spazio geopolitico in cui gli stati nazionali, fondamento delle nostre democrazie, vengono cancellati. Ritwittando quel video ho, quindi, voluto sottolineare semplicemente un paradosso”, ribadisce.
Social a parte, anche le dichiarazioni sui giornali offrono spunti per un altro dibattito, quello sul linguaggio che le istituzioni possono o non possono usare quando parlano di servizio pubblico. “Ho trovato sorprendente e grave il silenzio del Cda della Rai dopo che un componente della Commissione di Vigilanza Rai ha definito la Rai un sistema marcio“, argomenta Rossi, dicendosi “dispiaciuto per la mancata reazione da parte di alcuni colleghi ma anche dei sindacati. Vorrei che si parlasse della Rai in modo più rispettoso per il ruolo di servizio pubblico che svolge. Sono rimasto colpito nel leggere una settimana fa un’intervista di un segretario della Vigilanza (Michele Anzaldi, ndr) che – ribadisce Rossi – ha definito la Rai un sistema marcio. Ho chiesto, quindi, all’intero Cda di scrivere una lettera per stigmatizzare questa affermazione gravissima ma, tranne la consigliera Coletti e il consigliere De Biasio, gli altri hanno preferito desistere”.
“Oltre ad essere rammaricato – spiega Rossi – trovo curioso che consiglieri di amministrazione che si indignano pubblicamente perché la Rai trasmette Miss Italia, non si indignino se un componente dell’Istituzione che vigila sulla Rai definisce l’azienda di cui anche loro sono i vertici un sistema marcio. Mi sento in dovere di difendere la Rai e i suoi dipendenti che ogni giorno si impegnano nel loro lavoro e voglio riaffermare che loro non operano in un sistema marcio, ma in uno dei migliori servizi pubblici europei, come dimostra anche il recente rapporto dell’Ebu. La Rai per gli italiani – osserva il consigliere Rossi – è un po’ come la Nazionale di calcio. Così come ci sono 60 milioni di allenatori della Nazionale, ci sono 60 milioni di amministratori delegati dell’Azienda che entrano nei processi aziendali di una delle più complesse media company in Europa. Un conto sono le critiche legittime al servizio pubblico da parte dei cittadini, che ne sono gli editori, e dei loro rappresentanti politici – evidenzia Rossi – un conto, invece, sono gli attacchi scomposti e irriguardosi nei confronti della Rai da parte di chi ricopre ruoli istituzionali”.
Non è mancata a stretto giro la replica dei consiglieri Rita Borioni e Riccardo Laganà: “La difesa dei lavoratori viene esercitata da tutto il consiglio ogni giorno – evidenziano – e la si garantisce attraverso un alto livello della qualità della programmazione, tutelando il merito e il talento, la trasparenza gestionale, ma anche riconoscendo le criticità esistenti nell’azienda al fine di poterle correggere. Ed è questo che avevamo sottolineato nella bozza di lettera da noi sottoposta agli altri consiglieri. Gli eccessi verbali e il crescente clima di ostilità nei confronti della Rai – è la loro riflessione – sono venuti in questi mesi da molte parti e crediamo che una leale collaborazione, piuttosto che l’innesco di infinite polemiche tra le istituzioni, sia la strada per far crescere il servizio pubblico a vantaggio del paese e del pubblico”.
Rossi poi, sollecitato a parlare del pressing sul presidente Foa e sulla sua capacità o meno di essere un presidente di garanzia, sottolinea il lavoro svolto da tutto il consiglio di amministrazione e non entra troppo nel merito: “Ogni volta che c’è un terremoto politico nel Paese si pensa alle ricadute nell’Azienda Rai. Per quello che mi riguarda Marcello Foa è a tutti gli effetti il presidente dell’Azienda, nominato dal Cda e dalla commissione di Vigilanza secondo la legge. In questo anno di mandato tutto il cda nel suo complesso ha svolto un ruolo di garanzia, tanto che il piano industriale, fondamentale per il futuro della Rai, è stato votato da una maggioranza trasversale”. A questo proposito, perché il Mise non ha ancora dato il suo via libera? “Era stato fissato per i primi di settembre un tavolo Rai-Mise su questo – fa sapere Rossi – ma la crisi di governo ha fatto rinviare l’incontro che spero si terrà a breve”.
Altro tema caldo in Rai è quello degli ascolti della rete ammiraglia. Un tema “tecnicamente complesso – osserva il consigliere – tanto che viene analizzato in Rai da esperti della direzione Marketing così come dalla direzione Palinsesti e dai responsabili di rete”. Ecco perché secondo Rossi “buttare un tema simile in pasto ai giornali nella forma di un tifo da stadio è completamente sbagliato. Indubbiamente – riconosce il consigliere – ad agosto abbiamo assistito ad un calo di ascolti di Rai1, ma contestualmente il calo di ascolti del Tg1 è stato addirittura maggiore. Per qualcuno è il calo di Rai1 ad aver trascinato in basso il Tg1, per altri il fatto che il Tg1 cali più della rete indicherebbe il contrario. Ciò significa che un’analisi puntuale e veritiera richiede un arco di tempo più lungo. Rimane un dato di fatto – scandisce Rossi – e cioè che la Rai continua a vincere con i diretti concorrenti sia nel day-time che nel prime time, segno che il prodotto complessivo è comunque di assoluta qualità”.
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