Pubblicato il: 17/07/2019 15:00
di Antonella Nesi
Li avevamo lasciati nei paradisi tropicali a godersi il bottino e la libertà dopo la rapina alla Zecca dello Stato, ed è lì che ritroviamo nella terza stagione (dal 19 luglio su Netflix in oltre 190 Paesi) i protagonisti della fortunata serie spagnola ‘La Casa di Carta’, con i loro nomi in codice di città, tra un cocktail e un bagno in acque cristalline. Ma le tute rosse e la maschere con il volto di Salvador Dalì, divenute simbolo di questa fiction portata da Netflix in tutto il mondo (e la più vista finora sulla piattaforma tra le serie non girate in lingua inglese), resteranno appese al chiodo ben poco. L’indole di Tokyo (l’attrice Ursula Corbero), sempre alla ricerca di nuovi stimoli, la porta a voler abbandonare l’atollo panamense che l’ha unita per due anni in un esilo dorato con l’amato Rio (Miguel Herran). E sarà proprio Rio, per amore, a commettere una leggerezza che lo metterà nei guai e costringerà la ‘banda’ a riunirsi e a progettare un nuovo colpo, ancora più ambizioso e apparentemente irrealizzabile del primo.
“Quello che succede all’inizio della terza stagione non è colpa del mio personaggio” – dice Ursula Corbero – È colpa del ‘Professore’ (la mente della banda interpretato da Alvaro Morte). Pensare di poter lasciare Tokyo su un’isola deserta due anni è una follia”, sottolinea ridendo l’attrice, che in questo terzo capitolo interpreta una Tokyo “meno bambina e più donna, più paziente ma con la stessa fiamma interna pronta a riaccendersi se qualcuno la provoca”, aggiunge l’attrice che in occasione dell’arrivo della terza stagione (ma è già in cantiere anche la quarta) ha incontrato con parte del cast la stampa a Milano, dove una enorme maschera di Dalì in tuta rossa campeggia da oggi in piazza Borsa accanto al ‘dito medio’ di Maurizio Cattelan, inglobato nell’installazione.
Inizialmente il terzo capitolo non era nemmeno previsto ma poi il successo travolgente e globale dei primi due ha convinto tutti. “Forse la Spagna non era pronta per ‘La Casa di Carta’ ma il mondo lo era. In realtà neanche noi ci aspettavamo un successo così. Con la maschera di Dalì diventata simbolo di rivoluzione e resistenza”, confessa Jaime Lorente, che nella serie è Denver.
A dare un spiegazione socio-politica di questo successo è l’attore Luka Peros, new entry della terza serie nei panni di Marsiglia (“posso solo dire che il mio personaggio è lì per proteggere la banda ed è un uomo di mistero ma anche di azione”): “In questo periodo di crisi economica, di insofferenza per il potere delle banche e per certa politica, la gente vede i protagonisti di questa serie come degli eroi, come dei Robin Hood, dei rapinatori buoni. La gente è stufa di un sistema dove l’1% della popolazione mondiale ha tutta la ricchezza e il resto del mondo soffre. E anche ‘Bella ciao’ (brano centrale nella colonna sonora delle prime due stagioni. Ndr.), in questo momento ha un senso preciso”.
Secondo Ursula-Tokyo, invece, “le persone quando vedono questa serie si entusiasmano perché vedono che quello che fanno i nostri protagonisti potrebbero farlo anche loro, unirsi come in una famiglia per uno scopo, che nel nostro caso è un furto ma in qualche modo i nostri personaggi non vengono percepiti come negativi. E poi questa volta la banda si riunisce per un motivo emotivo. L’idea del colpo viene dopo. E dovranno spendere moltissimi soldi per raggiungere il loro obiettivo”, aggiunge l’attrice.
Parecchi soldi li ha investiti anche Netflix che ha voluto produrre direttamente la terza stagione, mettendo un budget più alto a disposizione della serie creata da Alex Pina e diretta da Jesus Colmenar: “Tutto quello che aveva funzionato nelle prime stagioni è stato accentuato e con molti più mezzi perché Netflix è entrata nella produzione. Quindi ora ogni scena che volevamo fare era possibile. E credo che il risultato si veda”, dice Miguel Herran (nome in codice Rio). “Abbiamo avuto dei giocattoli nuovi ma le regole del gioco sono rimaste le stesse e il clima sul set era lo stesso delle prime due stagioni”, assicura Esther Acebo, nella terza serie l’ex ostaggio Monica Gaztambide che dopo essersi innamorata di Denver si è unita alla banda con il nome di Stoccolma.
Dalle precedenti stagioni tornano anche i personaggi di Berlino (Pedro Alonso), Nairobi (Alba Flores), dell’ex ispettore Raquel Murillo, ora compagna del professore con il nome di Lisbona (Itziar Ituno), di Helsinki (Darko Peric) e dell’ex ostaggio Arturo, che tiene conferenze motivazionali sulla base della sua esperienza di sopravvissuto ai terroristi, che odia con tutto se stesso, anche perché si sono portati via la sua ex compagna Monica (che era incinta di lui e che ora cresce il piccolo Cincinnati con Denver). Ma ci sono anche diversi debutti: oltre a Marsiglia, arrivano Palermo (Rodrigo de la Serna), Alicia (Najwa Nimri) e Bogotà (Hovik Keuchkerian).
I ruoli femminili hanno un peso grande nella terza stagione, tanto da far parlare qualcuno di serie matriarcale: “Veramente – ribatte Ursula-Tokyo – il matriarcato dura poco nella serie. Non credo che questa sia una serie particolarmente femminista. Ma ha personaggi femminili molto ben scritti e potenti. Ci sono diversi ruoli di primo piano per le donne nella serie, questo sì. E non accade spessissimo. Sono donne che non si limitano ad essere al fianco di un uomo, hanno una loro vita, una loro personalità forte, le loro idee. Che poi è come nella realtà”, sorride concludendo.
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