Una scena di ‘Figli del destino’
Pubblicato il: 21/01/2019 18:14
“Continuare a raccontare questa storia serve ed è un bene perché la memoria non è soltanto ricordo ma elaborazione”. Parla così Lia Levi alla presentazione di ‘Figli del destino’, la docufiction in onda mercoledì prossimo alle 21,25 su Rai1, in occasione della Giornata della Memoria, che racconta la storia di quattro bambini italiani ebrei – la stessa Levi, Tullio Foà, Liliana Segre e Guido Cava – vittime delle Leggi razziali del 1938. ‘Figli del destino’ “si situa perfettamente all’interno della linea editoriale di Rai Fiction che si rivolge al passato e lo mette in relazione al presente”, spiega la direttrice Eleonora Andreatta, sottolineando che “il servizio pubblico è proprio il luogo in cui la memoria si custodisce e ritorna in un rapporto con il presente e nella prospettiva del futuro di una società: una missione non contrattabile, non sottoposta alle contigenze e alle circostanze. Un obbligo di servizio civile, prima che radio-televisivo”.
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‘Figli del Destino’, a ottant’anni dalla firma delle Leggi razziali, ne ricostruisce le conseguenze disastrose attraverso il punto di vista inedito di quattro piccoli protagonisti ebrei, raccontando le loro drammatiche storie attraverso l’Italia da Nord a Sud. Tullio Foà a Napoli dove con la madre si salvò grazie all’aiuto di un commissario di Polizia; Lia Levi a Roma aiutata assieme alla madre dalle suore di un convento; Guido Cava nascosto in campagna a Pisa, colpito dalla polmonite e salvato da un medico fascista che, nonostante sappia che lui è ebreo, lo cura rischiando la propria vita. Infine Liliana Segre a Milano, il cui destino è più crudele: separata dai genitori che vengono deportati, finisce ad Auschwitz dove riesce a sopravvivere.
“Vedendo ‘Figli del destino’ ho pensato che mi sarei turbata e commossa – dice la Segre – molto di più di quanto in realtà poi sia avvenuto perché ho capito che il lato più importante è la gioia dei tre ragazzi salvati. Avere incontrato persone buone per loro è stata una ricchezza che nella mia vita non ho avuto”.
La docufiction è realizzata attraverso scene di finzione, accuratamente ricostruite a partire dalle testimonianze dei personaggi reali, e da materiali di repertorio forniti dal CDEC (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), dall’Istituto Luce – Cinecittà, da Rai Teche e dall’United States Holocaust Memorial Museum. La voce narrante è quella di Neri Marcorè che “contestualizza, punteggia e salda la linea del racconto”, aggiunge Andreatta.
La storia è raccontata dal punto di vista dei quattro bambini: “E’ un racconto plurale e non corale – spiega Marco Spagnoli, regista di ‘Figli del destino’ assieme a Francesco Miccichè – perché raccontiamo le storie di quattro bambini in quattro città diverse, e anche il punto di vista della telecamera è stato abbassato rispetto al normale per rendere quello dei piccoli protagonisti”, che sono Chiara Bono (Segre), Lorenzo Ciamei (cava), Catello Alfonso di Vuolo (Foà) e Giulia Roberto (Levi). Un progetto “più complesso di un film per le ricerche di repertorio e le accurate ricostruzioni storiche”, spiega Mario Rossini, patron di Red Film che ha prodotto in collaborazione con Rai Fiction ‘Figli del destino’.
“Sembra impossibile che sia accaduto tutto questo, ecco perché è importante ascoltare il racconto di chi ha vissuto questa vicenda”, dice Massimo Poggio, che veste i panni del padre di Liliana Segre. E Massimiliano Gallo, volto del commissario Pace che aiutò Foà e la madre a Napoli, aggiunge: “E’ bene che il servizio pubblico mandi in onda una docufiction come questa, in un momento storico di grande intolleranza come quello che stiamo vivendo in cui nessuno dice nulla se non qualche battuta sui social”. Più tranchant Patrizio Rispo, che nella fiction veste i panni del preside della scuola elementare di Napoli: “‘Figli del Destino’ dovrebbe andare nelle scuole, perché l’uomo è piccolo e diventa grande grazie alla cultura e all’educazione. Mi preoccupa l’ignoranza e le pericolosissime derive che vedo in giro, mi stupisce vedere un uomo ad Afragola che bacia la mano a un politico italiano o chi grida di volere togliere la scorta a Saviano. Ricordiamoci che oggi i campi di concentramento esistono e sono in Libia e in Senegal, non dobbiamo raccontarli tra 50 anni, combattiamo anche per loro”.
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