Da Rio a Rotterdam, il giro del mondo di Felix Auger-Aliassime lo restituisce più maturo alla quarta finale in carriera, la seconda in un ATP 500, la prima sul duro. Dopo la prima, un anno fa a Rio, aveva vissuto da sconfitto, e di fatto spettatore privilegiato, alla commozione di Laslo Djere che in lacrime dedicava il trofeo ai genitori morti.
In dodici mesi, il canadese che condivide il compleanno con Roger Federer ha attraversato esaltazioni, problemi fisici, forti emozioni e cattive prestazioni. Un otto volante su cui è impossibile non salire, se si vuole arrivare lontano. Lo sa bene anche Jannik Sinner, consapevole del suo percorso di lungo periodo e capace finora di ammortizzare l’estremizzazione dei giudizi.
Ha conosciuto l’altare e la polvere delle parole anche Felix Auger-Aliassime, che a Rotterdam coltiva il desiderio di alzare il primo trofeo della carriera dopo aver perso le prime tre finali. Tre, come i punti persi con la prima nella semifinale vinta con l’autorevolezza di chi conosce la strada per la gloria e la vittoria. Ha chiuso 7-6(2) 6-4 contro Pablo Carreno Busta, che ha sperato invano di diventare il terzo spagnolo in finale nella storia del torneo, iniziato negli anni Settanta, dopo Juabn carlos Ferrero e Rafa Nadal, sconfitti nel 2004 e nel 2009.
Aliasssime, che ha deciso di donare 5 dollari per ogni punto vinto nel 2020 alla EduChange che aiuta i bambini del Togo, ha salvato le uniche palle break del primo set sul 5-5. Più sicuro al servizio, più efficace da fondo, ha dominato il tiebreak. E’ salito 4-0, ha attaccato sistematicamente il rovescio di Carreno che solo raramente nel match ha potuto contrattaccare con cambi profondi in lungolinea, e chiuso 7-2.
Il dritto in avanzamento ha dato al canadese la chance di costruire il vantaggio decisivo nel terzo game del secondo set, un vincente di rovescio gli ha consentito di salvare una chance di controbreak sul 4-3. Indizi che diventano una prova. Nei punti decisivi, Auger-Aliassime ha fatto gioco, cercato il vincente, costruito la vittoria.