Mentre i tifosi dei Lakers litigavano su chi, tra LeBron James e Anthony Davis, dovesse vincere il premio di miglior giocatore delle finali, si è inserito nella discussione Jimmy Butler, con l’indice sollevato, per dire che forse era ancora troppo presto per parlarne. Miami vince nella notte gara3, 115-104, riaprendo la serie e confermando che la Nba è un mondo a parte: qui non ci sono ostriche o vittorie a tavolino. Da oltre due mesi, nella bolla di Disneyland, si gioca, più forti del Covid. La stagione sta arrivando alla conclusione, in modo quasi normale, con lo spettacolo di sempre. I Lakers hanno dominato le prime due partite giocate in “casa”, Miami ha fatto valere il fattore campo nella terza. Ma “casa” è solo un’idea: si gioca sempre nello stesso campo, nella Bolla di Disneyland, in Florida, con il pubblico virtuale collegato da casa e l’urlo registrato dei tifosi. A seconda del calendario, sul parquet compaiono i simboli della squadra di casa, ma per il resto è tutto un reality. Ieri toccava a Miami e gli Heat hanno giocato come indemoniati, come fossero stati all’American Airlines Arena, al 601 di Biscayne Boulevard, e non a Orlando, a pochi metri dal parco con Topolino e i Tirannorex.
Il super eroe è stato Butler. Il leader di Miami ha demolito i Lakers con una prestazione epica: 40 punti, con il 70 per cento al tiro, 14 su 20 da 2 e 12 su 14 ai tiri liberi, più 11 rimbalzi, 13 assist e due stoppate in 45 minuti. E’ nella storia della Nba, terzo giocatore di sempre a fare almeno 40 punti e tripla doppia in finale, dopo LeBron nel 2015 e Jerry West nel ’69. C’è riuscito con zero tentativi da tre. Avete letto bene: zero. L’ultimo a segnarne almeno 40 in una finale senza tirare dall’arco era stato Shaquille O’Neal nel 2002. Tra conclusioni e assist, Butler ha partecipato a 73 punti sui 115 della squadra, seconda prestazione di sempre nella Nba dopo i 74 punti, tra fatti e procurati, di Walt Frazier con i Knicks campioni negli anni ’70.
LeBron James a terra
La leadership del texano è stata costante: Butler ha guidato i compagni, incoraggiato i più giovani, martellato nell’uno contro uno Rondo, Morris, LeBron (25 punti). Ha rischiato almeno tre volte di rompersi il polso, una clavicola, la caviglia, quando ha attaccato il canestro e gli avversari hanno provato a segarlo mentre era in volo. La grande notte di Butler è coincisa con la peggiore della serie di Anthony Davis (15 punti), caricato subito di falli, protagonista dei primi 8 minuti fatti di niente, con 0 punti e 0 tiri, uniti allo zero assoluto di Danny Green che ha sbagliato tutti e dieci i tiri tentati, imitato da Kentavious Coldwell, che in genere ci prende, ma non stavolta: 2 su 8 per lui. Con questi ingredienti e una difesa sistematicamente messa in ginocchio dalle penetrazioni costanti di Miami, alla ricerca dell’uno contro uno, Los Angeles ha perso il ritmo del comando, si è innervosita davanti alla zona ossessiva degli avversari e si è trovata a inseguire per gran parte dei primi 39 minuti, dal 9-20 a 4’48” dalla fine del primo quarto a 8’56” dalla fine della partita quando, guidati da Lebron e Morris, i Lakers hanno rimontato anche 14 punti di svantaggio e sono andati sopra di due (91-89) con un canestro di Rajon Rondo. Lì è cominciata una minipartita di 9 minuti rivinta ancora da Miami, che già aveva chiuso in attivo i tre quarti precedenti (26-23, 32-31 e 27-26) con Butler che prima ha pareggiato (91-91), poi servito l’assist per il tiro da 3 di Kelly Olynik (94-91), l’assist per il tiro da tre di Tyler Herro (97-91) e per altri due punti di Olynik (99-94), e i due punti del +8 (103-95), poi due liberi (105-97), poco prima che Olynyk rubasse palla a LeBron. Sì, Olynyk ha rubato palla a LeBron, sorprendendolo alle spalle.
Lì è finita moralmente la partita e si è riaperta la serie, grazie anche al grande cuore di tutta la squadra, compreso Herro, il ragazzino sfrontato che ne ha messi dentro 17 dopo aver sbagliato tutto il possibile nella prima parte. Sua l’ultima immagine della notte: dopo il canestro del 111-102, quando ha guardato in tribuna e regalato un ghigno, a mostrare l’incisivo: non siamo ancora morti. Martedì, contrariamente ai pronostici, non si assegnerà il titolo. I Lakers restano i favoriti, ma serviranno almeno cinque partite. I tifosi non chiedevano altro. Fonte www.repubblica.it