BENEVENTO – Non c’è partita al Vigorito, perché l’Inter fa l’Inter e il Benevento non può regge la forza d’urto. Viene facile parafrasare De Gregori: non è da questi particolari che si giudica una neo promossa. Ben altre le gare che serviranno per conquistare lo scudetto campano, la salvezza.
Un lampo, ed è gol
L’Inter? Forza d’urto differente. Ventitré secondi per fuggire: una magata di Kolarov che sembra gigioneggiare sull’immediato pressing dei padroni di casa e poi spara un lancio trasversale, la diagonale del campo intero o quasi, per esaltare la facilità di corsa di Hakimi che in prossimità dell’area mette la palla al centro dove il solito Lukaku dice presente, piattone in rete e uno a zero.
Se il buongiorno si vede dal mattino… Ma il Benevento non si perde d’animo, la sua pressione a tratti è asfissiante, per lunghi minuti il palleggio nerazzurro, dall’area di porta, è imbarazzato, affannoso non semplice. Tutti pressati, dieci minuti intensi ma il fortino ospite regge l’urto.
Fattore Sanchez
A Conte fin dai minuti conclusivi del match con la Viola, è piaciuto molto il Sanchez rifinitore, trequartista, due metri dietro a Lukaku. E al cileno questa collocazione piace un bel poi: l’intesa trasversale con Hakimi è continua, sembra di vedere i duetti napoletani tra Insigne e Callejon. Stessa incisività, stessi tempi di inserimento. Il Benevento fatica molto perché Sanchez e Sensi rifiniscono in continuo movimento, ne consegue un grande consumo energetico. Quello di cui l’Inter beneficia per allungare.
Bravo Gagliardini
Al 24′ Hakimi ricambia i compagni che lo hanno spesso cercato con un cambio di gioco lungo e preciso in area per Young. L’inglese controlla oltre Maggio e invita al tiro Gagliardini, la bordata dell’ex Atalanta è potente e angolata, Montipò non vede partire il pallone coperto da Glik, la sfera si insacca a fil di palo. Il raddoppio ha il potere di ridurre drasticamente il pressing alto giallorosso. I campani sembrano il classico pugile sulle corde e tre minuti dopo l’Inter mette la terza: nasce dall’ossessiva ricerca di manovra dalla propria area un pasticciaccio brutto dei beneventani con Montipò che serve al limite dell’area Gagliardini, servizio in area per Lukaku e facile appoggio nell’angolino o del belga: 3 a 0.
Ko tecnico?
Il Benevento barcolla, ma non molla. L’Inter sembra incoraggiarla, concedendosi una pausa squisitamente mentale, Handanovic, sempre da rimessa e da fraseggio basso, imita Montipò, palla a Caprari, prego si accomodi, l’ex Samp carica il destro e fa 1 a 3. La partita si riapre, ma è sempre lo strapotere nerazzurro sui lati il fattore determinante. Tanto che prima del riposo ancora su un’incursione di Young chiusa con un cross basso su cui Lukaku liscia, Letizia – appena entrato – si addormenta e Hakimi scippa palla e infila a porta vuota. Quattro a uno, ci sarebbe da andare a fare la doccia. Ma c’è una ripresa. E Conte che ha un’Inter2 da rodare. Inzaghi in ritardo sistema le fasce con Foulon , alzando Letizia per mettersi a tre dietro con Tuia.
Orgoglio Benevento
L’impatto con la ripresa dell’Inter è lento, Moncini dopo 4′ ha una buona chance ma ignora Dabo solissimo in area e scarica un diagonale sul palo opposto a Handanovic battuto. Barella rileva Vidal, ma l’Inter sonnecchia ancora e Handanovic è costretto a uscire dall’area in scivolata e d’anticipo sul solito Moncini. Dopo una girandola di cambi, Gagliardini completa la sua buona partita con una bordata che si infrange sulla traversa, un minuto dopo Lautaro, subentrato a Lukaku, firma il quinto gol. Ancora Sanchez a propiziarlo con un tackle in scivolata vincente su Caldirola, il cileno si rialza e offre all’argentino, controllo e diagonale basso angolato: 5 a 1. C’è da raccontare la doppietta di Caprari, ancora un tardivo rientro difensivo nerazzurro, velo di hetemaj, entrato al posto di Dabo fa velo e spalanca la porta al romano su cross di Letizia: 2 a 5.
Eriksen… immaginifico
Nel finale ancora occasioni: Prisic fallisce il sesto gol a porta vuota su assist di Hakimi, poi ll’Inter ha deciso di far perdere la pazienza a Conte, altra amnesia nella propria metacarpo e Lapadula fuggito in solitaria rifiuta il gentile omaggio calciando su Handanovic in uscita.
I fuochi d’artificio si completano con un immaginifico pallonetto dal limite di Eriksen che supera Montipò ma trova la traversa. Sarebbe stato un modo molto enfatico di precedere i titoli di coda.
Fonte www.repubblica.it