TORINO – «Un giorno ho detto: o mi fate giocare a calcio, o io non vado più a scuola». Asia Bragonzi aveva più o meno dieci anni e le idee già chiare. Il suo sogno erano i tacchetti e il rettangolo verde. Per un po’ aveva “accettato” tutti gli sport che papà e mamma le avevano proposto, come tennis e atletica, e si era impegnata sui tre fronti. «Ma a un certo punto dovevo scegliere una strada e per me è stato molto facile: per loro un po’ meno – sorride ricordando quei momenti – ma adesso sono felici almeno quanto me». Un talento cristallino che oggi veste la maglia dell’Hellas Verona, ma è di proprietà della Juventus. Classe 2001, carattere combattivo in campo, ambizioso e solare, a tratti spavaldo. Almeno fino a che non cominciano le domande, «non sono brava in questi contesti ufficiali, sappiatelo». Quale occasione migliore, questa, per prepararsi al Golden Boy 2020? Domani sarà incoronata “Golden Girl”.
Qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo di aver vinto questo prestigioso premio?
«Una grande gioia, ma anche un po’ di incredulità, ci ho messo qualche giorno a realizzare che questo riconoscimento fosse veramente mio. E ho telefonato subito a mamma Cristina».
Le ha ricordato di quando non voleva che giocasse a calcio?
(sorride) «Oggi lei è la mia più grande tifosa, però in casa non c’è mai stata la passione per il calcio e io stessa l’ho coltivata inizialmente all’oratorio: sono cresciuta nella società del mio paese, Montodine, in provincia di Cremona, dove sono rimasta fino a quando ho potuto giocare nelle squadre maschili. Poi una breve parentesi al Fanfulla, in Serie C, e infine l’approdo alle giovanili dell’Inter nel 2014, dove sono rimasta per 4 anni».
Poi la chiamata della Juventus, una svolta importante, non solo per l’ambiente.
«In quel biennio ho cambiato ruolo, sono arrivata come attaccante esterno e mi sono ritrovata a fare la prima punta. Io, nata come difensore centrale…».
Una scelta che ha condiviso da subito?
«Inizialmente no, preferivo correre. Ma adesso sono molto felice e credo di essere nel posto giusto».
Qual è il più bel ricordo dell’esperienza in bianconero?
«Le due vittorie al Viareggio con la Primavera, ma soprattutto l’esordio in Serie A contro l’Orobica. Era la sera del 31 ottobre 2018».
E con la Nazionale?
«Quello al torneo internazionale di La Manga del 2019: ero sotto età, sono entrata nella gara contro la Francia e dopo dieci minuti ho realizzato il gol del definitivo 2-0. Non solo la Nazionale non batteva le transalpine da 8 anni, ma quello era anche il giorno del mio 18° compleanno».
Oggi i suoi colori sono il giallo-blu dell’Hellas. Come è stato l’impatto?
«Ho trovato un ambiente accogliente e stimolante, la società punta sui giovani e questo mi ha permesso di trovare sempre spazio, anche grazie al tecnico Matteo Pachera che ha creduto subito in me. È il posto ideale per me in questo momento. La Serie A quest’anno è molto avvincente, non esistono squadre materasso: l’obiettivo è la salvezza, ma io credo che questo gruppo possa puntare a qualcosa di più».
Tra le sue reti anche due rigori del valore di 6 punti. Oltre la freddezza, quali sono i suoi punti forti?
«Il gioco aereo, spesso mi piace provare rovesciate e soluzioni più acrobatiche. E poi credo di avere un buon fiuto per il gol».
Su cosa deve lavorare?
«La protezione della palla. E devo migliorare tecnicamente con entrambi i piedi».
C’è qualcuna a cuivorrebbe rubare queste caratteristiche?
«A Cristiana Girelli. Ho giocato con lei e sono rimasta affascinata. Ha qualità incredibili. Nel calcio femminile non ho un idolo, ma lei è la mia fonte di ispirazione».
E in quello maschile?
«Paulo Dybala rappresenta l’essenza a livello tecnico. Quando è in forma è il più forte in assoluto».
C’è un tecnico che ha fatto la differenza nel suo percorso?
«Rita Guarino. Mi ha seguito sin dalle prime esperienze in Nazionale giovanile e poi l’ho ritrovata alla Juventus: grazie a lei sono cresciuta molto sotto tanti aspetti, non solo legati al calcio. È stata lungimirante posizionandomi al centro dell’attacco e mi ha regalato l’esordio in Serie A».
Qual è lo stadio dove sogna di realizzare un gol?
«Se mi è concesso sognare, direi il Bernabeu».
E il trofeo che desidera?
«La Champions League».
Se dovesse indicare una sua collega che meriterebbe questo premio magari il prossimo anno?
«Per quel che sta facendo vedere con la Fiorentina direi Martina Zanoli, difensore classe 2002».
A proposito del premio. Ha già pensato a quale domanda le piacerebbe fare ai suoi “colleghi” premiati: Haaland, Ansu Fati e Tonali?
«Ancora non ci credo, sarò imbarazzatissima quindi penso che mi limiterò a provare a capire come ci si sente a calpestare ogni settimana palcoscenici così importanti tra campionati e Coppe».
Fonte tuttosport.com