LISBONA – Il Bayern, “a maquina alemã” secondo definizione portoghese, contro il Paris Saint-Germain, “o futebol encantador”. Se la sessantacinquesima Coppa dei Campioni verrà sollevata al cielo di Lisbona dal portiere Manuel Neuer, capitano immarcescibile della macchina tedesca, o dal difensore Thiago Silva, capitano in uscita della fabbrica parigina del calcio seducente, lo dirà la finale di domenica. La cosa già certa è che non sarà uno spettacolo ordinario o consueto quest’ultimo atto della Champions 2019-20, l’edizione più lunga della storia: dal 25 giugno 2019 allo stadio kosovaro Fadil Vokrri di Pristina – Tre Penne di San Marino-Fc Santa Coloma di Andorra (0-1), prima semifinale del torneo preliminare di qualificazione al turno preliminare, 35 spettatori – fino appunto alla finale di domenica 23 agosto 2020, Bayern-Psg all’Estadio da Luz di Lisbona, svuotato dall’emergenza coronavirus e popolato soltanto dei poco più di 300 canonici addetti ai lavori. Il setaccio è durato un anno e due mesi ed è passato attraverso l’inedita e verosimilmente irripetibile formula della Final Eight.
Il primato del gioco d’attacco
Certamente condizionata dalla lunga pausa per la quarantena del calcio, dall’annessa ripartenza non omogenea in tutti i campionati d’Europa e dai turni a eliminazione diretta in una sola partita, questa Champions può comunque lasciare un’eredità tattica nuova, indicativa della strada presa dal calcio moderno: il primato del gioco d’attacco, praticato mettendo in conto il rischio di subire gol. Bayern e Psg ne sono perfetta espressione, su sponde formalmente diverse ma sostanzialmente simili. Hanno meritato l’approdo in finale, anche se l’Atalanta ha davvero sfiorato il confine tra la storia e la leggenda. La Champions attuale non sembra prestarsi al monopolio tattico, né all’egemonia di una squadra per un lungo periodo. Ma i punti di contatto tra le due finaliste sono filosoficamente evidenti: pensano sempre al gol. Quello chiesto alle due squadre dai due allenatori tedeschi, Flick e Tuchel, è un calcio tutto proiettato nella metà campo avversaria. Potrebbe segnare una frontiera dalla quale sarà difficile tornare indietro, perché dall’era del tikitaka orizzontale e del possesso palla ipnotico si è entrati forse definitivamente nella filosofia dell’occupazione della metà campo avversaria col maggior numero possibile di giocatori. Né il Bayern, né il Psg possiedono l’esclusiva del brevetto, che ad esempio anche il Guardiola post tikitaka e Conte teorizzano ormai da anni, però la interpretano con adesione convinta al principio e soprattutto con calciatori particolarmente adatti, grazie alla loro tecnica superiore.
Bayern: obiettivo segnare un gol in più
Anche l’inizio della partita col Lione, come il primo quarto d’ora di quella col Barcellona, ha dimostrato la peculiarità del gioco del Bayern: sapendosi concreto e alla lunga capace di triturare sul ritmo le altre squadre, accetta spesso l’uno contro uno in difesa, perché la priorità è mettere in perenne inferiorità numerica le difese altrui. I suoi giocatori hanno quasi tutti un’esperienza internazionale tale che le difficoltà della partita non li impressionano mai. Col Barça hanno segnato subito, ma subito hanno anche incassato il pareggio e rischiato lo svantaggio: li ha salvati il palo e ci sono analogie con i pericoli scampati contro il Lione, col gol che si è divorato Depay e con lo slalom di Toko Ekambi, al quale è mancato solo l’ultimo sigillo sul palo. Ma l’imperturbabile Bayern non si è scomposto, tanto sapeva di avere nella metà campo del Lione tre trequartisti che possono sfondare dalle fasce, come Gnabry, Müller e Perisic, un centravanti di grande praticità come Lewandowski e un incursore come Goretzka. La vera differenza rispetto alle consuetudini radicate nel calcio per mezzo secolo è però rappresentata dai terzini, che attaccano contemporaneamente, diventando ali in senso stretto e addirittura interni di centrocampo. Gli assalti simultanei di Davies a sinistra e di Kimmich a destra smantellano il dogma dei terzini che salgono a turno. Se la sfrontatezza paga, ovviamente, è perché si tratta di giocatori dalla straordinaria facilità di corsa e dall’atletismo senza molti paragoni nel calcio. Per Davies un pallone perso nella metà campo avversaria non è un dramma: porta immediatamente il pressing e lo recupera o nella peggiore delle ipotesi rinviene su chi sta scappando. E’ la sintesi di un’impostazione generale che Flick ha assecondato volentieri: le partite possono anche finire 8-2, perché l’idea è di fare comunque un gol in più degli altri. Il Lione non è riuscito a segnare per merito di Neuer e per scarsa efficacia al tiro. Ma la partita, invece che 3-0, sarebbe potuta finire tranquillamente 4-2.
Psg: il gusto per la raffinatezza
Il Psg è una squadra ancora più d’attacco per indole generale. Tuchel, allenatore forse un po’ sottovalutato, della fase offensiva del gioco è considerato dai colleghi tra i teorici più raffinati. Sono comunque soprattutto le caratteristiche dei suoi calciatori a imporgli l’atteggiamento offensivista, il cui rischio collaterale è la scarsa propensione degli attaccanti a correre all’indietro. Neymar, Mbappé e Di Maria hanno il gusto per le giocate di classe, certo non fini a se stesse e spesso così imprevedibili da beffare gli avversari, però ogni loro passaggio o dribbling o scatto in verticale ha un alto coefficiente di difficoltà: che ogni tanto possano perdere il pallone in attacco è fisiologico ed è anche un rischio calcolato, perché sul piatto della bilancia c’è il fatto che ogni loro giocata vale potenzialmente un gol. Il rischio vero è a centrocampo, dove un passaggio sbagliato o intercettato, contro una squadra aggressiva nel pressing e nel recupero del pallone come il Bayern, può ribaltare l’azione in poche frazioni di secondo: lo ha fatto con successo l’Atalanta di Gasperini. La soluzione a questi intoppi potenziali, nel gioco contemporaneo, è duplice. Da un lato c’è l’accentuazione dell’atteggiamento offensivista, della partita pensata in verticale e con passaggi di prima: il possibile innesto dall’inizio del recuperato Verratti, riduce grazie alle sue qualità tecniche la possibilità di errore e aumenta quella di innescare più rapidamente il trio d’attacco. Dall’altro ci sono le cosiddette marcature preventive: chi è lontano dalla palla, nello specifico i difensori e i centrocampisti (Thiago Silva, Kimpembe, Marquinhos e gli interni), deve essere sempre concentrato e pronto a prevedere il movimento dell’avversario più vicino in zona. Sarà cruciale il ruolo dei due terzini, perché il Bayern attacca volentieri sulle fasce. Si prospetta, in sostanza, una finale fatta di continui capovolgimenti, quasi una partita da basket sui generis, se le due squadre non stravolgeranno le proprie caratteristiche genetiche. Se prevalesse invece l’ansia di non scoprirsi, sarebbe una clamorosa sconfessione. In teoria lo 0-0 è proibito, quando in campo ci sono Mbappé, Neymar, Gnabry e Lewandowski. In pratica sarà l’ultima partita della più lunga Champions della storia, sulla quale hano pesato anche l’assenza di pubblico e la formula della Final Eight. La certezza è che Bayern e Psg sono due degne finaliste.
Fonte www.repubblica.it