TORINO – Salva tutto Morata, l’uomo della Champions, l’attaccante che non tradisce mai e ribalta una serata di fatica, noia, errori e sfortuna: finisce 2-1 contro il Ferencvaros e la Juventus conquista la qualificazione agli ottavi. Una prestazione opaca che non getta eccessive ombre sulla crescita del gruppo di Pirlo, anche se tutti si aspettavano un’altra partita. Ha invece prevalso la tenacia difensiva degli ungheresi, arrivati a Torino con la chiara intenzione di prenderne il meno possibile, sperando nel contropiede e ripartiti per Budapest dopo aver sfiorato la loro missione. La Juventus può godersi il suo spirito, i suoi due uomini di coppa, Morata e Ronaldo, la forza di volontà che è spesso stata la base sulla quale costruire le grandi stagioni.
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L’AREA VUOTA – La Juventus senza Morata e con Dybala finisce per assomigliare a certe Juventus di Sarri della scorsa stagione, quando la mancata occupazione dell’area impantanava la manovra offensiva, soprattutto contro squadre che si chiudevano. E il Ferencvaros è venuto a Torino per difendersi. Due linee, una da cinque e una da quattro, schierate come due trincee fra le quali la Juventus palleggia con tecnica, ma scarsa incisività. Dybala galleggia sulla trequarti, volte sembra spaesato, alla ricerca di una posizione, non riesce a inserirsi, non riesce a saltare l’uomo, non riesce a fare Dybala, insomma. E’ una fotocopia sbiadita di se stesso, nella quale si intravede solo il grande impegno, l’abnegazione quasi disperata che impiega per cercarsi.
DIFESA IMPROVVISATA – Un altro elemento critico è la difesa, ma è un fatto che stupisce meno. Era un reparto in emergenza, raffazzonato forzando il rientro di Alex Sandro dal primo minuto, chiedendo a Danilo il sacrificio di fare il centrale puro, ma soprattutto mettendo insieme quattro giocatori che non hanno praticamente mai giocato insieme. Essere severi nel giudicare il reparto, insomma, sarebbe profondamente ingiusto, così come sottolineare la goffaggine generale sul gol del Ferencvaros, facilitato dalla caduta di Danilo e da un generale scollamento fra i difensori. Piuttosto risalta ancora di più la prestazione di sabato contro il Cagliari, quando proprio dalla difesa altissima, ben coordinata da De Ligt e Demiral, era maturata la crescita collettiva e la fluidità del gioco. La Juventus di Pirlo è organica: la difesa in affanno condiziona il resto. Lo stesso Arthur, illuminante regista contro il Cagliari, aveva le idee un po’ meno chiare e il piede un po’ meno preciso.
ANIMA GUERRIERA – Ma se appare un po’ più brutta di quella di sabato, la Juventus di Champions non tradisce l’anima agonistica che cerca Pirlo, quella rabbiosa ricerca della vittoria con aiuto reciproco, con spirito di gruppo e, ovviamente, con un grandissimo Ronaldo, ancora una volta implacabile nella competizione che da quindici anni è casa sua. Il gol con cui la Juventus trova il pareggio arriva al 35′, un diagonale da fuori area, tanto violento, quanto preciso e micidiale fin dalla preparazione. E’ il diamante che illumina una serata in cui la nebbia si squarcia poche altre volte, vedi il palo di Bernardeschi con un altro tiro da fuori nella ripresa (perfetto per costruzione ed esecuzione) e il palo di Morata, che si libera in area, ma colpisce il palo.
ALVARO LEAGUE – Già, Morata. Entra nella ripresa al posto di Dybala e le cose assumono una logica più ficcante, anche se non proprio risolutiva. Lo stesso Chiesa, entrato al posto di Bernardeschi, mette solo più freschezza atletica. Gli impacci contro le barricate ungheresi rimangono. Crollano solo al 92′, quando all’ennesimo tentativo, Morata riscuote il credito con la fortuna: cross di Cuadrado perfetto, stacco ottimo dello spagnolo, ma il portiere Dibusz ci mette del suo con una papera che contribuisce immondo fattivo al gol. Evidentemente gli era andata troppo bene prima.
Fonte tuttosport.com