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Ciao, gigante buono

A 69 anni è morto, dopo ben 8 di sofferenze, Giancarlo Galdiolo ex difensore della Fiorentina. Ha dovuto combattere contro la Sla lui che nelle aree di rigore era un vero combattente. In maglia viola conquistò la Coppa Italia nel 1975

Era un combattente Giancarlo Galdiolo, un difensore vecchia maniera tutto muscoli e temperamento, ma sempre corretto e leale. Ha lottato per otto anni contro la SLA, ha perso ma le ha dato filo da torcere perché Giancarlo non mollava mai.

Il ricordo che ho di Galdiolo è personale – mi perdonino i lettori – perché iniziai a tifare Fiorentina quando Giancarlo ne diventò titolare: io avevo 7 anni e lui 23. Stagione 1971/72, io con il mio primo album delle figurine Panini e lui diventò subito il mio eroe. Nella figurina Giancarlo metteva in mostra i suoi pettorali da attore di film peplum, dei pettorali così pronunciati che gonfiavano la losanga contenente il giglio di Firenze sulla parte in alto a sinistra, poco sopra il cuore, della casacca viola. Era una Fiorentina reduce da anni di gloria (scudetto nel 1969) e uno di sofferenza (retrocessione scongiurata all’ultima giornata nel 1971).

A risollevarla era stato chiamato un giovane allenatore, dal glorioso passato da calciatore, e di cui si diceva un gran bene: Nils Liedholm. Il tecnico svedese avrebbe cambiato il calcio anche dalla panchina ma a Firenze rimase troppo poco, il tempo necessario per scoprire e lanciare un altro Giancarlo: Antognoni.

Liedholm non ebbe tentennamenti a lanciare tra i titolari Galdiolo, che la stagione precedente fu fondamentale nella disperata salvezza dei viola, partendo dalla panchina e conquistandosi il posto per non lasciarlo più.

Galdiolo divenne un simbolo di quella Fiorentina della quale, negli anni seguenti, doveva diventare capitano per carisma, esempio e dedizione alla maglia. Ma oltre a queste doti, Giancarlo possedeva pure l’obiettività e vedendo crescere accanto a sé la stella di Antognoni ne riconobbe la grandezza e disse: “la fascia spetta a lui”. I due diventarono amici, Galdiolo fu anche testimone di nozze di Antognoni e quest’ultimo è stato vicino alla famiglia nella lotta contro la malattia.

Come in un matrimonio che si rispetti Galdiolo fu presente nei momenti più delicati della sua permanenza in viola, la salvezza del 1971 e quella del 1978, dove realizzò due sei suoi tre gol con la maglia della Fiorentina. Il primo contro il Napoli, in una partita da dentro o fuori. La Fiorentina era in crisi nera, ultima con 5 punti all’undicesima giornata. I risultati negativi avevano portato all’esonero di un giovane Carletto Mazzone. Al suo posto la dirigenza viola promosse il quasi omonimo Mario Mazzoni che ben conosceva Galdiolo per averlo allenato nelle giovanili. Mazzoni stravedeva per Galdiolo, che dimostrò sempre gratitudine per il tecnico che gli aveva permesso di arrivare in serie A. Per sdebitarsi nei confronti di Mazzoni, Galdiolo trovò il migliore dei modi: un gol su punizione, proprio lui che non aveva mai segnato. Mancavano 15 minuti al termine e il risultato stava sullo 0 a 0. L’arbitro Lattanzi di Roma fischiò una punizione dal limite, l’incarico sarebbe toccato ad Antognoni ma Giancarlo non c’era quella domenica. Prese la palla Galdiolo che con rabbia tirò un missile verso la porta partenopea. Fu così tanta la foga nel tirare che Giancarlo colpì male il pallone che prese una traiettoria talmente bislacca da ingannare Mattolini, ex di turno e, macabra ironia del destino, altra vittima del lungo elenco di ex giocatori viola degli anni ’70 morti precocemente.

Non fu un bel gol, fu un gol strano ma fortemente voluto. Lo vissi, come usava allora, ascoltando la radio, sentendo l’interruzione da Firenze con il boato che mi fece capire che avevamo segnato. Sapere che il gol era di Galdiolo, il mio gladiatore, fu ancora più bello. Ne segnò un altro Giancarlo in quella stagione, contro la Juventus, che non era ancora odiata, ma era fortissima. Al Comunale di Firenze, all’epoca si chiamava così lo stadio, pareggiò la rete iniziale di Boninsegna con un bel colpo di testa. Due reti che portarono tre punti senza i quali la viola sarebbe scesa in B.

Avrebbe meritato la nazionale Galdiolo, la sfiorò giocando nell’under 23, ma erano anno in cui arrivare in azzurro era difficile e la concorrenza di difensori spietata.

Lo voglio ricordare così il mio eroe d’infanzia, col giglio gonfio sul petto e con l’emozione regalata a un bambino con un gol strano ma per me tra i più belli della mia vita da tifoso.

 

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