Il 23 luglio 1989 è una data cerchiata di rosso nella storia del ciclismo. Quel giorno il Tour chiudeva i battenti: nella crono Versailles-Parigi Greg Lemond ribaltò tutto, fregando per 8 invisibili secondi a Laurent Fignon (vittima di un manubrio altrui troppo tecnologico e di un tremendo foruncolo al soprasella) una maglia gialla che sembrava acquisita. Sono passati trentuno anni, trentuno strati di polvere che Tadej Pogacar ha spazzato via soffiandoci sopra con violenza inaudita. Nessun calcolo, nessun appagamento per un secondo posto che alla soglia dei 22 anni (li farà lunedì) sarebbe stato comunque un risultato eccezionale. Si prende la gialla con una crono irresistibile: 36,2 km, gli ultimi 6 ad arrampicarsi verso La Planche des Belles Filles, un luogo mai banale che ha tenuto a battesimo, tra gli altri, il primo Froome e il miglior Nibali. Il giovane sloveno la strappa al connazionale Roglic: aveva 57’’, alla vigilia era opinione generale che potessero bastargli. Invece è stato ribaltone.
Roglic si è perso sul più bello. Non ha mai tremato quando ha avuto al suo servizio una corazzata come la Jumbo-Visma: Dumoulin (oggi secondo), Kuss, van Aert, campioni trasformati in luogotenenti che hanno sempre avuto il controllo della situazione. Stavolta però ha dovuto fare da solo, e nell’unica crono prevista dal Tour si è smarrito. Dodici secondi di ritardo dopo 7 km: è la piccola falla apertasi nel castello delle certezze della maglia gialla, che man mano che la strada scorreva sotto i pedali si è dilatata fino a trasformarsi in disfatta. Roglic è andato al di sotto delle proprie potenzialità (è giunto quinto), ma avrebbe comunque vinto il Tour se Pogacar non avesse fatto una prestazione sensazionale, trasformando i 57 secondi di ritardo in 59 di vantaggio nella generale.
Pogacar ha dominato la crono, precedendo due specialisti come Tom Dumoulin e Richie Porte. Amaro l’olandese, compagno di squadra di Roglic, esultante l’australiano. Si prende anche il podio al Tour, suona come risarcimento di una carriera caratterizzata da tanta sfortuna. Porte ci sale perché Miguel Angel Lopez crolla -scivolando al sesto posto – preceduto anche da Mas e Landa. E a proposito di piazzamenti, da sottolineare l’entrata nei primi dieci di Damiano Caruso. Ha speso buona parte delle sue energie a fare il gregario a Landa, è comunque stato l’unico lampo nel buio totale della spedizione italiana.
“Sto sognando, non so cosa altro dire. E’ incredibile tutto ciò. Ho preso la maglia gialla all’ultimo giorno, ho sempre voluto raggiungere questo successo. Il mio sogno era semplicemente venire al Tour: vincere va oltre ogni immaginazione”, è il primo commento del vincitore, che ha poi dedicato un pensiero ai compagni dell UAE Emirates. “Non è solo mio il merito, sono davvero orgoglioso della squadra, è stato uno sforzo collettivo. Sapevo dove potevo accelerare, mi hanno dato un grande supporto”. La storia è sua. Al primo Tour avevano fatto centro solo Eddy Merckx, Bernard Hinault e Laurent Fignon: scusate se è poco. E’ inoltre il terzo più giovane a vincere dopo Henri Cornet nel 1904 e Fraçois Faber nel 1909. Tempi antichi, come il ciclismo senza condizioni di Tadej Pogacar.
ORDINE D’ARRIVO
1. Tadej Pogacar (Slo, UAE-Emirates) in 55’55”
2. Tom Dumoulin (Ned, Jumbo-Visma) a 1’21”
3. Richie Porte (Aus, Trek-Segafredo) s.t.
4. Wout Van Aert (Bel) a 1’31”
5. Primoz Roglic (Slo) a 1’56”
6. Remi Cavagna (Fra) a 1’59”
7. Damiano Caruso (Ita) a 2’29”
8. David De La Cruz (Esp) a 2’40”
9. Enric Mas (Esp) a 2’45”
10. Rigoberto Uran (Col) a 2’54”
CLASSIFICA GENERALE
1. Tadej Pogacar (Slo, UAE-Emirates) in 84h26’33”
2. Primoz Roglic (Slo, Jumbo-Visma) a 59″
3. Richie Porte (Aus, Trek-Segafredo) a 3’30”
4. Mikel Landa (Esp) a 5’58”
5. Enric Mas (Esp) a 6’07”
6. Miguel Angel Lopez (Col) a 6’47”
7. Tom Dumoulin (Ned) a 7’48”
8. Rigoberto Uran (Col) a 8’02”
9. Adam Yates (Gbr) a 9’25”
10. Damiano Caruso (Ita) a 14’03”
Fonte www.repubblica.it