IMOLA – Nove giri, 258 km, 5 mila metri di dislivello. Ma come si fa selezione sul percorso del Mondiale di Imola? La gara delle donne ha dato segnali contrastanti: Anna Van der Breggen è partita sulla seconda delle due salite del circuito, quella di Cima Gallisterna, ma non nell’ultimo giro, bensì nel penultimo. 40 km di fuga e il trionfo in solitaria con 1’20” sulla coppia Van Vleuten-Longo Borghini, argento e bronzo. Potrebbe andare così anche tra i maschi. Difficile. Ma non impossibile. L’Italia non conquista l’iride nella gara in linea dal 2008. Anche allora si correva in casa, a Varese e fu doppietta azzurra: 1° Ballan, 2° Cunego. “L’unico risultato buono in un Mondiale è vincerlo”, dice il ct Cassani. I favoriti di Imola però non indossano la maglia azzurra: Van Aert, Kwiatkowski, Alaphilippe, Roglic e Pogacar compagni di squadra in una Slovenia stratosferica, e poi Fugslang, Valverde, Hirschi, Dumoulin. Nibali viene dietro tutti loro, ma è Nibali e, come dice Cassani, “può sempre inventare il numero del fuoriclasse”. Da Cima Gallisterna all’arrivo ci sono 12 km tra falsopiano e discesa. Là serviranno gambe stratosferiche e sulla salita bisognerà aspettare l’attimo esatto dell’attacco. “Ad attaccare presto”, come ha ricordato anche Elisa Longo Borghini “ti bruci”. Damiano Caruso, il regista azzurro, miglior italiano dell’ultimo Tour de France (10° nella classifica finale, uno spettacolare 7° posto nella cronometro della Planche des Belles Filles), ha guardato in tv con attenzione la corsa in linea femminile.
Impressioni, anche se dall’hotel del ritiro azzurro, a Riolo Terme?
“Percorso durissimo, che farà selezione da solo. Ma l’azione buona potrebbe partire da molto lontano. Non possiamo escludere, che so, anche a 100 km dall’arrivo. Organizzarsi dietro sarebbe complicato”.
Quali sono le indicazioni tattiche, quindi?
“Dobbiamo arrivare numerosi, noi azzurri, nei momenti chiave. Non abbiamo una punta di assoluto riferimento, quindi dobbiamo lavorare molto di squadra. Capire i momenti, studiare gli avversari. E attenzione: forse non sarà utile fare gara dura. Perché la gara sarà dura già da sola”.
Un’Italia attendista, quindi?
“Un’Italia in grado di adattarsi ai momenti della corsa, con intelligenza e giudizio. Se fai la gara dura e ti elimini da solo, hai fatto un pessimo Mondiale”.
E un Caruso solo regista, con la forma che ha, non è forse un Caruso sprecato?
“Regista però non vuol dire gregario e basta. Davide non mi chiede di tirare nei primi 100 km, ma di essere vigile negli ultimi giri. Se Nibali viene da me e mi dice “Damiano, ho una giornata mondiale”, allora mi metterò davanti nel finale a fare il ritmo finché ne avrò. Oppure vedremo, la corsa la fanno i corridori e la fanno le gambe. Non è un Mondiale che si può studiare a tavolino”.
Degli otto azzurri (oltre a Caruso, ci sono Nibali, Visconti, Bagioli, Bettiol, Brambilla, Masnada e Ulissi) tre sono i siciliani, lei, Nibali e Visconti: alto tasso di sicilianità, di amicizia e di cos’altro?
“Bello ritrovarsi in azzurro, noi che abbiamo in comune la Sicilia e un lungo cammino per arrivare a questi livelli. Ma è bello anche trovare in azzurro tanti ragazzi giovani, come Bagioli, che ha 21 anni e che prima non avevo mai visto senza caschetto. Noi siciliani siamo l’anima allegra e scherzosa della squadra. Ma i cannoli non li ho portati, ci avrebbero rovinato il Mondiale! Li mangerò lunedì, quando torno a Ragusa. Loro, Vincenzo e Giovanni, però hanno il Giro la prossima settimana, che parte proprio dalla Sicilia. Magari lo strappo alla regola lo faranno lì”.
Lei invece non chiuderà la stagione al Giro.
“No, troppo duro mettere assieme Tour e Giro con solo due settimane tra l’una e l’altra corsa. Ho chiesto alla squadra di chiudere la stagione alla Liegi-Bastogne-Liegi, domenica prossima. Ma prima voglio andare forte qui al Mondiale. È una corsa che abbiamo voluto e costruito dal nulla in venti giorni, noi italiani, e andrà onorata e corsa al massimo”.
Fonte www.repubblica.it