La lacrimuccia non gli è venuta giù all’arrivo di Gasly al traguardo, ma all’ennesima telefonata sì. Tutto poteva aspettarsi Giancarlo Minardi, tranne che questo gran premio di Monza si tramutasse in una operazione di nostalgia. In fondo non poteva essere il regalo migliore per l’imminente compleanno (73 anni il 18 settembre) del fondatore della scuderia che oggi si chiama Alpha Tauri, ieri Toro Rosso, ma che all’origine (1985) portava il suo nome, Minardi Team.
Minardi, lo ha visto il gp?
“Naturalmente, e non posso che essere contento, anche se naturalmente io non c’entro più nulla con quest’avventura motoristica”.
Beh, avrà avuto un tuffo di sentimenti, come fu già nel 2008 con Vettel.
“Certo, e sono stato subissato di telefonate e messaggi: non me l’aspettavo”.
Segno che ha seminato bene, nel corso del tempo.
“Ne sono felice. Se penso al nostro capannone dove tutto è nato. Accanto c’era la fabbrica del Tavernello”.
E c’è ancora, lì a Faenza?
“Sì, ma la mia vecchia fabbrica è stata sostituita da una nuova, che hanno tirato su a pochi metri di distanza. E sì, Tavernello c’è sempre”.
Ci hanno investito, e il cuore è rimasto in Italia.
“Davvero. Vado a memoria: avrò lasciato un’azienda con un centinaio di persone, ora sono triplicate e forse anche più”.
Ha ancora dei contatti?
“Beh, molti di loro sono andati in pensione. Sa, sono passati quindici anni e nel motorsport è una era. Ma sono felice che la mia eredità sia questa che vedo oggi, e faccio i complimenti a Franz Tost e al lavoro di tutto il suo staff”.
Possiamo dirlo che è il trionfo della motor valley dell’Emilia Romagna?
“Dobbiamo. Perché oltre alla Ferrari, in questo distretto geografico ci sono delle aziende che si chiamano Dallara, Maserati, Pagani, Lamborghini, Ducati e Tazzari”.
E poi Minardi, che un suo qualche contributo lo ha dato alla Formula 1.
“Siamo sempre stati i vicini poveri della Ferrari: Faenza e Maranello sono a 100 km di distanza, eppure c’è sempre stato una sorta di filo rosso”.
Attraverso i piloti.
“Alonso, Webber, Fisichella, Trulli. Tanto per dirne qualcuno”.
E grazie al suo vecchio team abbiamo sentito a Monza l’inno di Mameli, forse anche per l’unica volta quest’anno.
“Ma no, non mettiamo limiti alla Provvidenza. La Ferrari è come l’orso: non datela mai per morta”.Fonte www.repubblica.it