Non potevano essere che i Milwaukee Bucks a lanciare il primo sciopero della Nba contro le violenze della polizia. Giannis Antetokounmpo ha 25 anni, è nato ad Atene da genitori nigeriani, è il leader della costa est, il simbolo dei Bucks, il nuovo LeBron, è il ragazzo che il 7 giugno scese in strada per sfilare con i Black Lives Matter, indossando la maglietta grigia con stampata la frase “I can’t breathe”, quella prounciata da George Floyd, l’afroamericano ucciso dalla polizia a Minneapolis durante l’arresto. Giannis ha guidato la protesta quando nel pomeriggio la squadra si è ritrovato nello spogliatoio in attesa di giocare contro Orlando. La partita era in programma alle 4, le 22 in Italia, ma dalle stanze dentro l’impianto della AdventHealth Arena di Orlando, Florida, non è uscito nessuno. Sciopero.
L’Nba ha deciso il rinvio delle altre due gare in programma, Houston-Oklahoma City e Los Angeles Lakers-Portland, decisione che esclude qualsiasi sanzione nei confronti dei giocatori. Alle 8 è stata convocata un’assemblea collettiva di tutti gli atleti della Nba, per decidere quali decisioni prendere. In queste ore sta crescendo il malumore tra molti atleti, l’ottanta per cento dei quali è afroamericano. Molti sono convinti che non sia stato fatto abbastanza per contrastare il razzismo sistemico della polizia americana. Domenica un uomo di 29 anni, Jacob Blake, a Kenosha, 60 chilometri a sud di Milwaukee, è stato colpito alla schiena dalla polizia per sette volte, mentre stava entrando in macchina, dove lo attendevano i tre figli piccoli, di 3, 5 e 8 anni.
Blake sopravviverà, ma ha perso per sempre l’uso delle gambe. Martedì notte, durante le proteste scoppiate in città, un ragazzo bianco di 17 anni, fanatico della polizia, ha ucciso due manifestanti, colpendo uno al petto e l’altro alla testa. I Milwaukee Bucks non rappresentano solo una città ma tutto lo stato del Wisconsin, dove c’è una triste tradizione di razzismo tra i poliziotti. Appena una settimana fa il maggior sindacato di polizia di Milwaukee ha appoggiato ufficialmente il candidato Donald Trump che neanche questa volta ha condannato le violenze degli agenti, limitandosi a censurare tutte le tensioni in corso in questi giorni. Lo sfidante democratico, Joe Biden, ha invece chiesto l’apertura di un’indagine nei confronti del poliziotto, ripreso in un video, mentre spara alla schiena Blake, a distanza di un metro.
Antetokounmpo, in questi mesi, è diventato uno dei leader della protesta. Sul razzismo nessuno può insegnargli niente: figlio di africani emigrati in Grecia, Giannis ha vissuto l’isolamento fin da piccolo, al punto da sentirsi “ragazzo senza terra”. Dopo la morte di Floyd, era sceso a manifestare con i Black Lives Matter, seguito dai compagni di squadra, Sterling Brown, Donte DiVincenzo, Brook Lopez, Frank Mason e Thanasis Antetokounmpo, il fratello. Con lui c’erano la fidanzata, Mariah Riddlesprigger, e il figlio piccolo, Liam. “Questa è la nostra città – aveva detto Giannis – usciamo e diamo il nostro sostegno. Voglio crescere a Milwaukee mio figlio senza vederlo spaventato di camminare per strada. Non voglio che cresca con l’odio nel cuore”. La decisione dei giocatori ha trovato pieno appoggio nella dirigenza. Il vicepresidente, Alex Lasry, ha scritto su Twitter: “Certe cose sono più grandi del basket”. “La posizione presa oggi dai giocatori e dall’organizzazione – ha aggiunto – mostra che siamo pieni. Il troppo è troppo. Serve un cambiamento. Sono incredibilmente orgoglioso dei nostri ragazzi e stiamo al cento per cento al loro fianco, pronti a dare il nostro contributo perché le cose cambino davvero”.
Fonte www.repubblica.it