Il nuovo recordman italiano in un match dello Slam è un napoletano sconosciuto ai più. Lorenzo Giustino, 29 anni appena compiuti. Ha impiegato esattamente sei ore e cinque minuti per avere la meglio sul francese Corentin Moutet. Il napoletano-ispanico conferma il bel trend azzurro, e lo dice lui stesso: “E’ un momento incredibile per il tennis italiano, abbiamo tanti top 100 e ci sono altri giovani che stanno salendo di ranking: dobbiamo essere fieri del tennis italiano, spero che possiamo diventare la nazione più importante dal punto di vista tennistico”.
Ma chi è Giustino? Da dove spunta? Ecco un in sintesi la sua storia:
“Sono nato a Napoli, anche se ho vissuto davvero per poco in Campania. All’età di 7 anni mi sono trasferito con la mia famiglia a Barcellona. Ho iniziato a giocare a tennis al Bona Sport dove c’era l’accademia di Manolo Orantes. In Catalogna, da under, ho vinto praticamente tutto. Intorno ai 15 anni sono dovuto rientrare in Italia e l’anno successivo ho provato per qualche mese a lavorare al Blue Team di Arezzo. Poi sono tornato nuovamente in Spagna”. Spostamenti dovuti a motivi economici, fondamentalmente, ma Giustino si sente “Totalmente italiano. Luis Bruguera ha tentato in tutti i modi di convincermi a prendere la nazionalità iberica e di giocare a tennis per la Spagna, ma io ho sempre rifiutato e sono orgoglioso di questa mia scelta. Vi sarebbe stata la possibilità di ricevere dei soldi dalla federazione spagnola, ma io ho comunque detto “no” e non me ne sono mai pentito”. La sua famiglia è tornata a Napoli. “I miei genitori mi aiutano tantissimo e sono loro profondamente grato. Vivono comunque da vicino il mio sogno e sono felici di sapere che continuo a giocare tornei”. Intanto a Barcellona vive con la sua fidanzata. “In Spagna c’è una mentalità particolare: i coach non pensano che il giocatore sia “di proprietà”, ma amano lavorare in gruppo”.
La sua è la visione del tennis visto dai challenger, cioè l’inferno del mondo Pro. “Ho sempre lavorato tanto, non mi sono mai tirato indietro, ma lavorare duro non significa arrivare per forza. Ci deve esser qualcuno che ti dica su cosa devi migliorare, e devi trovare la persona giusta. Può anche capitare di spendere molti soldi per un allenatore che non ti dica nulla di importante. Molti allenatori non hanno il coraggio di cambiare alcuni dettagli tecnici perché non vogliono assumersi il rischio. Personalmente mi piace essere consapevole di quello che faccio: alla fine con Gianluca Carbone ho migliorato, eliminando i tanti piccoli errori che non mi facevano completare il mosaico. La cosa importante è eliminare gli errori, ancor prima che fare cose nuove. Anche quando viaggio da solo, mi segno su un libricino tutte le imprecisioni e poi ne parlo con i miei allenatori. Sono dell’idea che le cose si fanno con pazienza, la soluzione non è sempre dietro l’angolo. Non è detto che neanche un coach bravo come Gianluca trovi subito la soluzione. Io ne sono consapevole, utilizziamo tanti strumenti come la video-analisi e alla fine arrivano i risultati”.
Il Roland Garros può essere la svolta della sua carriera. “Qua le condizioni sono strane, non si è mai giocato in autunno: sta piovendo, fa freddo e il campo è più pesante e questo influisce molto. Sono più abituato a queste condizioni rispetto agli altri. Vediamo…”
Fonte www.repubblica.it