E come si fa senza Leo? La notizia della richiesta di Messi di lasciare il Barcellona ha causato un autentico terremoto nell’ambiente blaugrana. Perché la sua partenza non può essere derubricata a semplice movimento in uscita di calciomercato, roba a cui i tifosi sono abituati. Il Barcellona senza Messi è come Roma senza il Colosseo, come l’estate senza il mare, come il Natale senza il panettone (o il pandoro, fate voi). Uno come l’argentino incide in profondità: Messi è il giocatore che ha vinto più titoli (34), il giocatore che ha segnato più gol (634) e il secondo per numero di presenze (737, solo Xavi ha fatto meglio) nella storia del Barça. I numeri aiutano a capire cosa è stato Messi per il Barça, ma per spiegare l’importanza della Pulce per l’ambiente barcelonista le fredde statistiche non sono sufficienti. Quel piccolo argentino, arrivato in Catalogna venti anni fa con il primo contratto firmato su un tovagliolo, a Barcellona l’hanno curato con l’ormone della crescita, l’hanno lanciato in prima squadra a 17 anni, l’hanno coccolato e l’hanno ricoperto di soldi. Ma tutto questo non è bastato a convincere Leo a chiudere la carriera al Camp Nou. E ora i vertici del club si chiedono come costruire un Barça senza il suo 10, senza il suo capitano, senza la sua essenza.
L’enigma Griezmann
In organico gli attaccanti di valore di certo non mancano: ma tutti, per un motivo o per un altro, non sembrano dare le garanzie di cui il tecnico Koeman ha assoluto bisogno. C’è Antoine Griezmann, strappato nell’estate 2019 all’Atletico Madrid per la bellezza di 120 milioni di euro: ma al suo primo anno in blaugrana il piccolo diavolo ha realizzato 9 gol in Liga (mai così pochi dal 2012, quando ancora giocava nella Real Sociedad) e anche il suo contributo in Champions è stato modesto (2 reti in 9 partite). Le sue qualità non sono in discussione, ma lo è la sua capacità di caricarsi sulle spalle il peso dell’eredità di Messi.
La sfiducia in Coutinho
C’è anche Philippe Coutinho, fresco campione d’Europa con il Bayern a cui era stato dato in prestito. Ma è credibile che un giocatore su cui il club aveva deciso di non puntare, nonostante l’enorme cifra investita a gennaio 2018 per acquistare il brasiliano dal Liverpool (120 milioni più bonus), possa essere il simbolo del Barça che verrà? Lo stesso ex Inter, interpellato sul suo futuro dopo la vittoria della Champions, ha detto laconicamente che sì, dovrà tornare in Catalogna, ma non sa se per restare o meno.
Poi c’è la questione anagrafica: Griezmann ha 29 anni, Coutinho 28. Entrambi hanno davanti ancora parecchi anni di carriera ad alto livello, ma si fatica a pensare che possano diventare simboli blaugrana.
La delusione Dembelè
Un’occhiata ai giovani, allora: il candidato ideale il Barcellona ce l’ha già, si chiama Ousmane Dembélé. Ha 23 anni, ha incantato il mondo con il Borussia Dortmund e nell’estate 2017 ha convinto il presidente Bartomeu a investire 105 milioni (più bonus) per assicurarsi le sue prestazioni. Ma spesso l’ideale non coincide con il reale: l’attaccante francese finora ha deluso tutti. E se i tanti infortuni non sono una colpa, lo è l’atteggiamento poco professionale che lo ha spesso contraddistinto: tra le accuse mossegli, la passione sfrenata per i videogiochi e una tendenza ai ritardi poco tollerata nel club culé. I più ottimisti sperano che, messi da parte i guai fisici, la stella di Dembélé possa tornare a brillare: ma certo è un rischio non da poco affidarsi a un giocatore che nelle sue tre stagioni in blaugrana ha messo insieme 66 presenze sulle 145 disponibili tra Liga e Champions, senza mai risultare realmente decisivo.
La promessa Ansu Fati
La suggestione si chiama Ansu Fati. Anche lui, come Messi, è nato in un altro continente: l’Africa, in Guinea-Bissau. Anche lui, come Messi, è arrivato a Barcellona da bambino: aveva 10 anni. Anche lui, come Messi, è stato un gioiello della Masia, la cantera blaugrana. Lui, meglio di Messi, è il più giovane ad avere segnato in Liga con la maglia del Barça (16 anni e 304 giorni). Lui, meglio di Messi, è il marcatore più giovane della storia della Champions League (17 anni e 40 giorni). E’ molto presto per dire che sarà lui l’erede del 10, ma intanto il club ha ritoccato verso l’alto la già non misera clausola di rescissione: da 170 a 400 milioni di euro. Segnali per il presente, ma soprattutto per il futuro.
Fonte www.repubblica.it