Il primo campionato che non esiste l’ha vinto la Juventus. E preghiamo che sia l’ultimo giocato così. Sia chiaro: da noi c’è chi conta scudetti cancellati dai tribunali e chi si vanta di quelli di cartone, e questo a maggior ragione vale come e più di tanti altri. Ma ha ragione Mihajlovic, questo calcio fa schifo, questo calcio nel vuoto assurdo degli stadi deserti, con il rumore sordo dei calci al pallone e le grida che si inseguono a riempire il nulla surreale certificato dalle tv, con le partite, giocate come negli allenamenti, dai risultati troppe volte rocamboleschi, in un calendario strettissimo arrotolato nel caldo afoso dell’estate mentre la gente si tuffa in mare bruciandosi al sole. La Juventus, sia detto senza se e senza ma, l’ha meritato ampiamente, ma solo perché prima del lockdown era al comando della classifica, e per noi vale quel risultato e non questo. Il mini torneo del dopo Covid ci ha consegnato valori che non corrispondono alla realtà: non crediamo sinceramente che Napoli e Milan siano assieme alla miracolosa Atalanta le regine del campionato, come attestato da questo spezzone assurdo. Non ha senso uno scudetto diviso da tre mesi di vuoto. Sono due campionati diversi, e s’è visto. Con il secondo, cioé questo, giocato in condizioni non proprio regolamentari.
Questo scudetto non ha convinto nemmeno i tifosi
In ogni caso, per i tifosi juventini questo è stato uno scudetto pieno di patemi, che non li ha né convinti né rallegrati del tutto. Il feeling con Maurizio Sarri non è ancora scattato, e chissà se scatterà mai. Eppure anche questa Juve ha finito per fare quello che hanno fatto tutte le altre prima di lei. Ha superato i tremila giorni consecutivi da campione d’Italia. Un’impresa mai capitata a nessuno, non solo in Italia, ma anche in Europa. Negli altri principali campionati il Bayern quest’anno è arrivato all’ottavo e in Francia il Lione si è fermato al settimo. Al di là di questo, alcuni numeri però condannano la gestione di Sarri: 38 gol subiti, peggior difesa per distacco dal 2010 a oggi, quarta per chilometri percorsi, diciasettesima per cross effettuati, nove solo i gol segnati dai centrocampisti, considerando come tali pure Douglas Costa e Bernardeschi, il minor punteggio a quattro lunghezze dalla squadra di Conte all’inizio di questo percorso, che però giocava con De Ceglie e Matri, mica Ronaldo e Dybala.
Da celebrare Andrea Agnelli, ha rilevato una Juve a pezzi
In realtà, la persona che bisogna celebrare per questo ennesimo titolo e per queste vittorie è uno solo ed è sempre lo stesso: Andrea Agnelli. Ha rilevato una Juve a pezzi e l’ha portata in vetta, 4 Coppe Italia, altrettante Supercoppe, due finali (perse) in Champions e nove scudetti. Al suo attivo c’è una riorganizzazione e una modernizzazione radicale del club in tutti i settori, dallo stadio di proprietà alla scelta in prima persona di Conte (dopo Del Neri, voluto invece da Marotta, che in quell’occasione stava puntando Mazzarri), dal fatturato portato da 156 milioni a quasi 500, all’acquisto bomba di CR7 e a tutto il resto, la Continassa, il nuovo centro sportivo inserito in una cittadella con sede del club, l’hotel, il museum, la scuola internazionale e il centro commerciale, il JMedical, gli investimenti immobiliari, la crescita impressionante a livello social grazie a Ronaldo, la Juve Women e l’Under 23. Alla fine, i risultati sono figli in gran parte di questa «progettualità geniale, coinvolgente, a tratti esaltante, ma soprattutto concreta e tempestiva», come gli ha reso onore il Corriere della sera, innalzandolo sul gradino del più grande presidente della storia juventina, superando anche Boniperti.
Sarri di Strada ne ha fatto, ma il bello comincia adesso
La società ha messo in mano a Sarri un cartello variegato di campioni come nessuno ha ancora in Italia. Ne ha venduti due, Mandzukic ed Emre Can, probabilmente sbagliando, ma non poteva davvero tenerli tutti. Il problema, come ha dimostrato questa seconda parte del campionato, è che non bastano i campioni. Ci vuole la squadra. E soprattutto in Europa senza squadra non si arriva da nessuna parte. Complimenti a Sarri, alla fine, alla sua storia, al suo primo scudetto conquistato con la Juve, che lui guardava vincere quando Conte poneva la prima pietra della serie, dalla panchina del Sorrento. Di strada ne ha fatta. Ma il difficile comincia adesso. Con l’Europa alle porte, non si può scherzare. E bisogna fare in fretta, perché questa Juve non basta.