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Il fuoco di Arturo, ecco perché Conte ama così tanto Vidal

Antonio e Arturo si amano perché si riconoscono. Nelle loro vene passa lo stesso sangue. Un liquido bollente. Antonio Conte lanciò Arturo Vidal nella Juventus, facendo di lui uno dei più importanti centrocampisti d’Europa. Era il 2011 e il cileno arrivava dalla Bundesliga, più precisamente dal Bayer Leverkusen: non il centro del mondo, ma neppure una remota periferia. Però è stato Conte a dargli spazio e fiducia, immaginando per lui un ruolo di lotta e di governo in un centrocampo che poteva avvalersi delle geometrie di Pirlo, della classe duttile di Marchisio e, più tardi, dell’estro di Pogba. In questa galassia di stelle, Arturo Vidal era il fuoco, la fornace e la fucina. Picchiava forte col maglio in ogni partita/officina, e il suo football era appunto incandescente. Dava, con quel fuoco, nuove forme al gioco.

Antonio ha sempre amato Arturo. In lui ha rivisto una parte di sé: il calciatore che ci mette l’anima, la cattiveria, l’impeto ma anche la tecnica, l’intelligenza tattica e all’occorrenza il gol. Nessun mediano, per dirla con un termine riduttivo che nel calcio di oggi non esiste più, ma continua a rendere l’idea, è stato più funzionale al gioco di Conte di Vidal. Per questo, nessuno si stupisce che la coppia si sia formata di nuovo all’Inter, per modificare un centrocampo molto, troppo tecnico e dare al reparto la sostanza della grinta e del mestiere anche “sporco”, brutto e cattivo, ma tremendamente efficace.

Accade nelle coppie, in special modo in quelle sospinte dalla più intensa passione, che la dinamica degli opposti e talvolta dei contrasti produca la magia di qualcosa di mai visto prima. Se da un lato Conte è un maniaco dell’applicazione e delle regole, e se invece Arturo è un anarchico in campo e fuori, dove la sua passione per l’alcol gli ha creato non pochi problemi, l’alchimia del loro rapporto ha prodotto vittorie anche nel grumo di contrasti in apparenza insanabili. Giorgio Chiellini ha raccontato nella sua biografia un episodio illuminante. La Juventus era in tournée pre-campionato in America, e Vidal si presentò all’allenamento visibilmente brillo. Conte, furibondo, iniziò la seduta atletica con l’idea di stroncare Vidal e smascherarne la notte brava: ma il cileno, dopo i primi minuti di imbarazzo si tuffò anima e corpo nell’allenamento e finì con il lavorare e correre più di tutti gli altri. Aveva vinto, Arturo, e Antonio fu costretto a prenderne atto.

Se Vidal è il “bad boy” di uno spogliatoio vibrante, Conte di quello spogliatoio è il leader carismatico, il trascinatore assoluto. Ed è come se Arturo fosse la proiezione di Antonio in campo: un campione che sa sempre cosa fare, dove e come. Per questo motivo, l’allenatore leccese lo ha esaltato negli anni juventini e poi l’ha cercato ancora, provando a portarlo prima al Chelsea, impossibile, e poi finalmente all’Inter. Dopo le esperienze al Bayern e al Barcellona, con luci e ombre, Vidal torna in Italia dove ritrova il suo demiurgo, oltre ad un gruppo di amici diventati avversari e di avversari che dovranno farselo amico, ora che indossano la stessa maglia, la bizzarra casacca “a zig zag” dell’Inter. Di sicuro, la ferocia agonistica di Vidal sarà un vantaggio per i nerazzurri, che alcune parti della vecchia Juventus (Conte, Marotta, ora Vidal) hanno trapiantato nel loro organismo, sperando di evitare crisi di rigetto. Ma il “metodo Conte” non tradisce quasi mai, perché fa rendere ogni atleta al di sopra delle sue possibilità. All’Inter era accaduto anche con Mourinho. C’è dunque da credere che la strana coppia Conte/Vidal funzionerà ancora, perché il tempo sarà anche passato ma l’anima non invecchia. E Arturo e Antonio sono anime gemelle.

Fonte www.repubblica.it

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