Nel 2012-13 Il Lipsia giocava ancora in quarta serie e nel 2015-16 arrivò secondo in Bundesliga 2, la serie B tedesca. Adesso contenderà al Psg la finale di Champions. La formidabile ascesa, oltre a segnare di nuovo sulla mappa geografica del calcio europeo il nome di una squadra dell’ex Germania Est (del Magdeburgo vincitore della Coppa Coppe 1974 si ricordano i tifosi del Milan, sconfitti in finale), porta sostanzialmente tre firme: quella di Dietrich Mateschitz, miliardario austriaco e padrone della Red Bull multinazionale della bevanda omonima dello sport, quella di Ralf Rangnick già demiurgo della squadra ora assurta a modello di organizzazione tattica, e quella di Julian Nagelsmann, il trentatreenne che ha raccolto l’eredità del Professore dopo la gavetta all’Hoffenheim: è il più giovane allenatore della storia a raggiungere una semifinale di Champions. Mateschitz è uno con le idee chiarissime, come dimostra il percorso vincente della sua scuderia di Formula Uno. Quando è entrato nel calcio, ha portato il Salisburgo dalla periferia al centro, partendo nel 2006 dall’ingaggio di Trapattoni in panchina. Poi, rapidamente, la multinazionale del pallone si è allargata e il Lipsia si è trasformato nell’ammiraglia, affidata a Ralf Rangnick, detto il Professore, che da scultore del calcio minore, nonché seguace dichiarato di Arrigo Sacchi, ha plasmato l’Hoffenheim e poi lo Schalke secondo un gioco visionario, in cui la sua figura totalizzante ha oscurato le altre. Quando Rangnick è passato al ruolo di supervisore della sezione calcistica della Red Bull, che ha succursali anche in Brasile e negli Usa, in panchina è arrivato Julian Nagelsmann, che aveva accettato la sua prima squadra professionistica, l’Hoffenheim nel 2016, senza avere ancora la licenza, a 29 anni. Ha osato, ha creduto in se stesso, ha avuto ragione.
Il destino di Julian Nagelsmann
Per un curioso gioco del destino, Rangnick ha lasciato la Red Bull, dopo avere mancato l’annunciatissimo approdo al Milan sul filo del traguardo, proprio un paio di settimane prima dell’impresa di Baby Mourinho, come viene soprannominato il figlio di Baviera, già calciatore delle giovanili di Monaco 1860 e Augsburg. Nagelsmann, sempre per un curioso gioco del destino, è stato giovanissimo assistente dell’attuale allenatore del Psg Tuchel, al quale martedì prossimo contenderà la finale: si era rotto irrimediabilmente il legamento crociato, interrompendo la carriera a soli 21 anni, e aveva subito capito di volere diventare allenatore. Tuchel lo prese sotto la sua ala all’Augsburg. Di sicuro l’intuito a Nagelsmann non manca: ha azzeccato la sostituzione decisiva, inserendo il giovane centrocampista statunitense Adams, che con un po’ di fortuna e con la deviazione di Savic ha indovinato il tiro della vittoria. La camicia bianca di Julian, le stampelle di Thomas. Uno dei due andrà in finale e cercherà di vincere la Champions come l’anno scorso col Liverpool Jurgen Klopp, prototipo vincente dell’allenatore tedesco moderno. Considerando che anche Hansi Flick ha l’occasione di provarci col Bayern, contro il Barcellona di Messi, sembra proprio la rivincita del calcio di Germania, annichilito dal Mondiale. Il Lipsia, realizzando l’impresa sfiorata dall’Atalanta, ha già inaugurato la riscossa.
Fonte www.repubblica.it