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Chuck Wepner
Nel 1975, sul ring di Cleveland, Chuck Wepner era convinto di aver messo al tappeto il grande Muhammad Alì. “Tornai all’angolo e dissi ai miei, accendete i motori, si cambia vita, siamo milionari”. Il suo manager gli rispose: “Farai meglio a girarti, perché si è rialzato”.
Wepner, naturalmente, perse per knockout tecnico poco prima della fine, ma aveva dimostrato che anche un semisconosciuto poteva combattere con il più grande pugile di tutti i tempi. Alla sua storia si ispirò Rocky, una delle saghe cinematografiche più importanti sulla storia della boxe. Da allora, però, tutti pensarono solo a Sylvester Stallone e dimenticarono Chuck.
Al Rocky cinematografico dedicarono, nel 1980, una statua a Philadelphia, vicino alla scalinata del Museo d’arte resa famosa dalla scena del film Rocky III in cui il pugile si allena.
Ora, quarantaquattro anni dopo quell’incontro, anche il vero Rocky avrà il suo monumento: verrà posto all’ingresso del parco di Bayonne, nel New Jersey, dove è nato e vive tuttora Wepner, 84 anni.
Merito di un amico, Bruce Dillin, titolare di un’officina, che ha raccolto i soldi per pagare uno scultore. All’inizio Dillin aveva pensato di chiederlo direttamente all’artista che aveva fatto il famoso monumento dedicato a Rocky, ma la richiesta, 500 mila dollari, aveva fatto tramontare subito l’ipotesi.
Così l’amico di Wepner si è rivolto a un artista che ha la bottega accanto all’officina, Wu Zhen. La statua verrà messa accanto alla scalinata, quella su cui il vero Rocky si allenava e che ha ispirato la scena di Stallone.
L’annuncio ha riportato alla luce la vita di quest’uomo sconosciuto a molti: cresciuto per strada, facendo a pugni con i ragazzi più grandi di lui e diventato pugile professionista nel 1964, Wepner aveva conquistato il pubblico per il coraggio con cui andava ogni volta sul ring.
Aveva affrontato George Foreman, combattuto con un orso e sfidato il gigante del wrestler, Andrè The Giant. Tra gli incontri che ispirarono Rocky, oltre all’incontro con Alì del ’75 ci fu quello con Sonny Liston, che aveva distrutto Wepner, provocandogli ferite sul volto che avevano richiesto settantuno punti di sutura.
La maschera di sangue con cui il pugile di Bayonne aveva combattuto gli valse il soprannome di Bayonne Bleeder: quel volto insanguinato ispirò un’altra delle scene che avrebbero reso immortale il Rocky cinematografico.
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