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Immobile, il tempo sta per scadere in Nazionale

BERGAMO Questione di feeling, cantavano nel 1985 Mina e Cocciante. Ciro Immobile sarebbe nato solo 5 anni più tardi, ma anche per lui è soprattutto una questione di feeling: quello che manca, ancora, con la maglia azzurra. Un’occasione nel primo tempo contro l’Olanda. Una, eclatante, nel secondo. Risultato: due errori che alla resa dei conti hanno fatto la differenza tra la vittoria e il pareggio. Lasciando a quel Lewandowski a cui meno di tre mesi fa ha sfilato la Scarpa d’Oro con 36 gol in campionato, il primo posto nel girone di Nations League.  

Il record di 36 gol

Nel 2020 di Immobile è arrivata la qualificazione in Champions, il record di 36 gol in un campionato (come Higuain) e la Scarpa d’Oro. Il passo successivo sembrava inevitabile: la consacrazione in Nazionale, superando la dualità tra lui e Belotti che il ct Mancini impone dal primo giorno. Ma alla prima, grande occasione di prendersi la maglia da titolare, il tiratore scelto ha mancato il bersaglio: due volte. E la seconda è stata figlia della prima: nella ripresa contro l’Olanda, la smania di riscattare l’errore del primo tempo ha portato Ciro a ignorare al suo fianco Kean. E anziché affidare al compagno un pallone solo da appoggiare in porta ha voluto calciare lui stesso. Centrando il portiere olandese Cillesen. Spietato finalizzatore nella Lazio, in azzurro sembra tornare il centravanti incompreso di Dortmund e Siviglia. La causa è forse il feeling con i compagni: Inzaghi ha costruito un sistema incardinato sul suo modo di attaccare la profondità. Una banda di dotatissimi piedi buoni al servizio delle sue accelerazioni nello spazio. L’Italia ha sì piedi educatissimi in mezzo, ma preferisce lo scambio stretto, che tende a premiare più l’inserimento di un centrocampista che il movimento di un attaccante. Non è un caso se nelle 3 gare di questa Nations, i gol li abbiano segnati Barella, Sensi e Pellegrini: tre giocatori molto diversi, ma con una qualità in comune: la capacità di infilarsi tra le maglie avversarie. 

L’empatia che manca

Eppure Mancini aveva puntato in questa partita su Immobile proprio perché convinto che l’Olanda avrebbe lasciato più spazi: “Invece hanno giocato per la prima volta nella loro storia con cinque difensori, io non l’avevo vista mai l’Olanda così”, ha detto il ct. Ma se il modo di giocare non lo aiuta, l’impressione è che Immobile stesso stia faticando a entrare in empatia con la squadra: quando lui parte, il passaggio non arriva. E quando parte la palla, non è pronto lui, troppo in anticipo o in ritardo. Come se attaccante e rifinitori parlassero lingue diverse, e non è un caso se l’occasione più chiara sia nata da un errore di un avversario. Florenzi a fine partita ha provato a rammendare l’autostima del centravanti laziale e a spegnere il fuoco delle critiche: “Immobile ha fatto 36 gol, ha vinto la Scarpa d’Oro, se lo avesse fatto Lewandowski in Polonia sarebbe un re, Ciro qui viene trattato come l’ultimo dei Mohicani. Qualcuno dovrebbe avere un altro atteggiamento, dovrebbe essere un eroe nazionale”. E anche Mancini ha provato a spendersi: “Arrabbiato? Ma no, a un attaccante capita di sbagliare un gol, magari se li è tenuti per le prossime”. Già, le prossime: la prova d’appello non mancherà. Ma con un Caputo alle spalle che smania (e segna), nemmeno Immobile può dormire sonni tranquilli.

Fonte www.repubblica.it

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