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Inghilterra, riparte la Premier: Liverpool e City in pole, ma occhio al ritorno del Chelsea

La Premier riparte dalle fondamenta, secondo qualcuno negate: non più la scritta “Black lives matter” sulle magliette. Al suo posto un più vago ma sempre concreto “No room for racism”. Qualcuno storce il naso: “Ci siamo già dimenticati di George Floyd?”. Altri si adattano: “Rimane il concetto base”. Si comincerà sabato con il derby Fulham-Arsenal alle 13.30. City e United non giocheranno per il protrarsi dei loro impegni europei della appena conclusa stagione. Si proseguirà con le porte chiuse. La prima domanda è: come reagirà il Liverpool guardandosi allo specchio? Tornare a vincere dopo 30 anni può sortire qualunque tipo di effetto. Sicuramente non sarà facile ripetersi: solo United e City sono stati capaci di conquistare più di un titolo in sequenza (tre lo United, due il City). La quasi “parità” finanziaria, le turbolenze emotive e la crescente competitività di un sistema calcio come quello inglese rendono sempre incerti gli scenari. Se è vero che il Liverpool ha alzato l’asticella, è altrettanto vero che sarà adesso chiamato a mantenere quello standard. Cosa non facile per i motivi suddetti, perché nell’orologio tattico di Klopp tutto è perfetto finché qualcosa, anche minima, non si inceppa.

Come nel caso del City di Guardiola, anche al Liverpool la grandezza è complementare alla fragilità, vizi e virtù convivono nella stessa stanza. Un’ipotesi: basterebbe che i due esterni bassi, Alexander-Arnold e Robertson, si confermino soltanto a metà e già l’impalcatura potrebbe cominciare a scricchiolare. Ma non glielo auguriamo. Del resto, che il Liverpool non avesse più tutte le batterie cariche lo si è visto in Champions contro l’Atletico. C’è anche il tema del senso di onnipotenza: sentendosi al top, il Liverpool e Klopp non hanno avvertito il bisogno di rinforzarsi (hanno speso appena 13 milioni per l’esterno basso greco Tsimikas e potranno, per ora, servirsi di alcuni fine-prestito come Ojo, Grujic, Wilson, Awoniyi). Ma c’è sempre l’idea di prendere Thiago Alcantara. Potrebbero pagarla? Sì, se il Chelsea dovesse sfruttare il proprio mercato. Sì se il City ritrovasse, oltre la bellezza, anche la continuità e una difesa che ha imparato a difendere in modo costante. Sì se l’Arsenal conferma il bello di avere Arteta in panchina. Sì se l’United si fortifica di testa. Di un altro mondo, rispetto a tutte le concorrenti, il lavoro di assestamento tecnico del Chelsea sul quale evidentemente Abramovich sta ricominciando a credere: non si spiegano altrimenti i 233 milioni usciti per acquistare quattro campioni come Havertz, Werner, Chilwell e Ziyech. Senza contare l’arrivo “easy” di Thiago Silva. Partiti per consunzione reciproca Willian (finito all’Arsenal) e Pedro (alla Roma). Lampard e la società devono soltanto capire che destino riservare alla marea di rientri da fine prestito: gente pesantissima che potrà compensare le spese già effettuate, gente come Morata e Pasalic, già passati a titolo definitivo al loro attuale club, Atletico e Atalanta. Ma la squadra, ora che anche Kepa sembra tornato in sé, potrebbe avere un ruolo centrale quest’anno.

Molto è già scritto sul destino dell’Arsenal di Arteta: l’ex vice di Guardiola al City si è già tolto la straordinaria soddisfazione di vincere due titoli in pochi mesi, Fa Cup e Community Shield. Che non è affatto poco. L’Arsenal ha già un’identità ben definita, anche se i proprietari non si sono svenati (per ora), contentandosi del centrale brasiliano del Lille Magalhães. Tema Manchester, diviso ovviamente in due parti. Il City ha cercato Messi. Cosa che comporta una conseguenza negativa. Se Messi non è arrivato, cos’altro si può desiderare per compensare il fallimento dell’impresa? Nulla. Se punti all’oro non puoi contentarti del princisbecco. Guardiola lo sa e farà di tutto per regalarsi un altro anno nel jet set della Premier con altri mezzi e senza Messi, sempre sperando di potersi fare largo in Champions, cosa che gli è, a quanto pare, e per mille motivi, diventata proibitiva. Partito come previsto Sané (Bayern), è arrivato Ake per la difesa (dal Bournemouth). Tanto per capirci: l’olandesino Ake è quel sosia di Gullit che in Italia abbiamo potuto conoscere meglio nella partita contro l’Olanda. Ma è arrivato anche Ferran Torres dal Valencia. E si parla benissimo (effettivamente è molto bravo, una specie di Cafu in pectore) del 18enne terzino brasiliano Yan Couto, pagato niente, appena 6 milioni. Sulla destra della difesa, dove chiaramente Walker aveva già iniziato l’anno scorso col fiatone, ci sarà anche il 19enne Kaboré (Burkina Faso). Ma bisognerà abituarsi all’assenza di David Silva, che aveva da tempo annunciato di aver chiuso con l’Inghilterra (si è accasato alla Sociedad per chiudere una fantastica carriera da eterno sottovalutato).

Un solo acquisto, ma clamoroso e di grandi speranze, per lo United: l’olandese Van de Beek, che era anche l’ultimo tassello da strappare sulla ormai lacerata tavolozza dell’Ajax semifinalista di Champions. Da capire se Smalling e Sanchez resteranno. Chiusura col Tottenham di Mourinho: pochissime chance di emergere, qualcuna di portarsi a casa qualche belle figura, ma “random” e senza lasciare a bocca aperta per l’emozione. A bocce ferme, al netto dei possibili infortuni e di altre operazioni di mercato, e senza contare per ora l’usura causata dalle coppe, Liverpool col 35% di possibilità di vincere, Manchester City 35%, Arsenal 15%, Chelsea 10%, Manchester United 4%, Tottenham 1%. Non è immaginabile una stagione con una one-hit wonder alla Leicester, da scegliere, con moltissima fantasia, tra Everton, lo stesso Leicester o il Leeds di Bielsa.

Fonte www.repubblica.it

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