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Inter-Milan, il surreale derby dei positivi. E sulla sfida si allunga l’ombra della Asl

MILANO – A otto mesi esatti dall’ultimo precedente, tra Inter e Milan era di nuovo 4-2. Ma stavolta, a differenza del match di febbraio, il risultato non può essere ancora omologato. Perché il 4 e il 2 non sono gol ma giocatori positivi al coronavirus e ogni giorno che passa questo strano derby del contagio rischia di iscrivere nuovi nomi al tabellino. E infatti oggi è arrivata sul fonte nerazzurro è arrivata la conferma della positività anche del portiere Radu, che si aggiunge ai difensori Bastoni e Skriniar e ai centrocampisti Gagliardini e Nainggolan. Se già per Conte era difficile preparare il derby durante la sosta, con 16 nerazzurri impegnati con le rispettive nazionali, un ulteriore aumento nel numero dei contagiati farebbe scattare il campanello d’allarme in casa Inter.

Non è molto più tranquilla la situazione sulla sponda rossonera: la doppia positività di Duarte e Ibrahimovic prima della sfida di Europa League contro il Bodo Glimt aveva fatto sudare freddo Pioli, ma trascorse le due settimane considerate sufficienti dalle autorità sanitarie per tenere sotto stretto controllo chi è venuto a contatto con un positivo al coronavirus, sembrava scampato il pericolo. a parte l’attaccante svedese che rischia seriamente di saltare il derby. Ad oggi, l’esito del tampone continua a essere positivo e Zlatan ha i giorni contati: serve un doppio esito negativo per avere il via libera e rientrare in gruppo. Poi però, a portare questa surreale partita sul 5-3 è arrivata la positività del difensor Matteo Gabbia, attualmente in Islanda con l’Under 21.

Insomma, una vigilia da derby tanto lunga quanto impegnativa, per i nervi dei due allenatori, che dovranno preparare la sentitissima sfida in cui vincere significherebbe operare il sorpasso per l’Inter e proseguire nella striscia di sole vittorie in campionato per il Milan. L’altro grande punto interrogativo è legato ai tanti calciatori impegnati con le nazionali: dei 16 nerazzurri si è già detto, mentre Pioli in queste settimane sta rinunciando a 14 convocati. Torneranno tutti negativi al coronavirus? L’auspicio è certamente questo, ma in un momento in cui i casi sono in crescita in tutta Europa, nessuno si sente di metterci la mano sul fuoco.

A meno che non ci sia un’impennata di positività nei prossimi giorni, al momento il derby non è a rischio. Entrambe le squadre sono lontane dai 10 contagiati che possono portare a chiedere il rinvio della partita. La verità si avrà solo a poche ore dal fischio d’inizio, fissato per le ore 18 di sabato 17 ottobre: l’Italia ha deciso di seguire il protocollo Uefa e anziché sottoporre i calciatori a un test ogni quattro giorni, è sufficiente essere negativi a 48 ore dalla partita per poter scendere in campo. Ma Massimo Galli, responsabile del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, non ha escluso la possibilità di un intervento della Asl locale, sulla scia di quanto successo a Napoli alla vigilia della sfida contro la Juventus.

E se da una parte il presidente della Figc Gravina difende il protocollo e invita tutti a un suo più rigoroso rispetto, nei giorni scorsi il presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana Maurizio Casasco, intervistato da Repubblica, aveva suggerito la creazione di un nuovo protocollo con un monitoraggio dei giocatori per 24 ore al giorno. Non una bolla in stile Nba, impraticabile per un arco di tempo così lungo – anche se il ds del Genoa Faggiano, dopo che nessuno dei 17 calciatori positivi si è ancora negativizzato, ha provato a lanciare il sasso –, ma una serie di norme più rigide per evitare che i club vadano in ordine sparso. Basti pensare a cosa è accaduto a Napoli e Juventus sul tema dell’isolamento fiduciario, con gli azzurri che sono entrati nella bolla di Castelvolturno dopo giorni di attesa per predisporre al meglio la struttura e i bianconeri che hanno visto sette calciatori lasciare il J Hotel per rientrare a casa o addirittura andare all’estero. Una confusione che non piace alla politica e non fa bene a nessuno, in un momento in cui i casi in Italia sono in netta risalita. Per cercare di proseguire con il calcio giocato, serve un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le parti in causa.
 

Fonte www.repubblica.it

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