E’ solo per una questione di (pochi) centimetri, che Alvaro Morata non è l’uomo del momento della Juventus e del calcio italiano. E forse, chissà, di quello europeo. Quei pochi centimetri, quasi tutti non notati ad occhio nudo, per i quali si è visto annullare cinque gol nelle ultime quattro partite: senza voler esagerare, se quattro di quelle reti, quelle in cui il fuorigioco era veramente minimo (sulla seconda al Barcellona la sensazione è più netta) fossero state regolari, Morata averebbe segnato sette gol in cinque presenze in bianconero, per giunta tutti nelle ultime quattro partite, dopo il rodaggio al debutto in casa della Roma. Sette gol che probabilmente avrebbero cambiato il cammino juventino in campionato e forse anche in Champions.
Con i se però, tutti lo sanno, non si fa la storia e d’altra parte, come dice Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”, «Il football è un gioco di centimetri: mezzo passo un po’ in anticipo o un po’ in ritardo, e voi non ce la fate». Lui si riferisce a quello americano, di football, ma il discorso vale anche per l’originale inglese, il calcio. I centimetri di fuorigico di Morata c’erano e quel che resta è solo il rammarico per il caso che gli ha fatto muovere un piede o una spalla una frazione di secondo troppo presto o troppo tardi.
O no. In realtà non resta solo il rammarico: restano l’immagine di un attaccante in grande forma e già perfettamente inserito nella Juventus, come se non l’avesse lasciata nel 2016, e ancor più affamato di quanto non sia stato finora, pungolato dalla rabbia per la sfortuna che ha trasformato quello che poteva essere un inizio da record “solo” in un grande inizio.
Un attaccante pronto a caricarsi sulle spalle la maggior parte del peso del rendimento offensivo della Juventus, quello che di solito poggia sui deltoidi ipertrofici di Cristiano Ronaldo. Il fuoriclasse portoghese però al fischio d’inizio non sarà in campo e se dalla panchina la sua presenza incomberà sulla partita e sullo Spezia, è soprattutto a Morata che la squadra di Andrea Pirlo si aggrapperà per piazzare il pallone alle spalle di Provedel: nell’istinto del gol e nella capacità di attaccare la profondità dello spagnolo risiede oggi l’unica certezza bianconera in fase offensiva.
Dejan Kulusevski ha già segnato due gol belli e pesanti contro la Sampdoria e contro il Verona, mostrando talento e forza fisica che autorizzano a considerarlo un pilastro del futuro bianconero, ma sta scoprendo un mondo nuovo e a tante luci ha alternato qualche fisiologica ombra, come contro la Roma e il Barcellona. Lo stesso vale per Federico Chiesa, che ha mostrato meno spunti dello svedese e non ha ancora segnato, ma è atterrato sul pianeta Juventus più tardi, a campionato già iniziato.
E a campionato già iniziato è tornato in campo Paulo Dybala, al quale sarebbe spettato prendersi la maggior parte della responsabilità di non far sentire la mancanza di CR7, del quale si è candidato nella seconda parte della scorsa stagione a “principe ereditario”.
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Fonte tuttosport.com