La cosa più patetica del giorno dopo è che il nocciolo della questione sia stabilire «chi ha iniziato prima», trasformando nella ricreazione di una seconda elementare la poco edificante gazzarra a margine di Juventus-Inter. Come se trovare il “provocatore zero” possa mondare tutta la volgarità e la maleducazione, messe in scena martedì sera all’Allianz Stadium. Più che minuziose e orecchiute ricostruzioni della faccenda servirebbero esami di coscienza: difficile che qualcuno se la trovi del tutto intonsa.
A partire da chi queste vicende le racconta, facendosi prendere dalla partigianeria e senza resistere alla golosa tentazione di strumentalizzarle, per dimostrare che quelli degli altri sono sempre più cattivi. Invece varrebbe la pena riflettere sul fatto che il silenzio degli stadi privati dei tifosi, loro abitanti naturali, sta riconsegnando dialoghi non esattamente platonici ed esempi poco edificanti. Ora, senza impantanarsi nella melassa dei moralismi, converebbe che i protagonisti si dessero una regolata: è vero, un campo da calcio non è, anzi non deve essere il cortile dell’Eton College, ma un limite a insulti e gestacci è opportuno. Proprio per non aprire il varco all’esercito dei moralizzatori e delle loro appuntite bacchette non aspettano altro che utilizzarle. Il Gesù moderno e rock di John Niven (“A volte ritorno”) semplificava ulteriormente i comandamenti con un sintetico ed efficace «fate i bravi», aggiornamento dello «State buoni se potete» di San Filippo Neri. Sono entrambi molto brevi, li si potrebbe recitare prima o dopo il barboso inno di Allevi all’inizio delle partite. Nella speranza che torni presto il pubblico sugli spalti e riporti alla normalità l’audio delle partite, cancellando quell’irreale silenzio che, forse, non è solo lo smascheratore, ma anche causa di certi comportamenti. Come se quel vuoto acustico spinga i protagonisti a esprimersi un po’ oltre i limiti.
E’ una stagione strana e difficile. Questo, più che le provocazioni, può attenuare le responsabilità dei protagonisti di martedì sera. Era evidente l’esasperata tensione di Conte, esploso in modo selvaggiamente scomposto per il fake penalty di Lautaro e istericamente contestatore di un numero eccessivo di decisioni arbitrali. E’ evidente che da parte di Agnelli certe ruggini non si sono scrostate dalla memoria. Tuttavia, corre l’obbligo di ricordare a tutti che non solo il Paese, ma lo stesso calcio ha problemi più gravi e urgenti che un gestaccio, una parolaccia tra vecchi amici che non lo sono e non lo saranno mai più.
Fonte tuttosport.com