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Juventus: da Lalas e Bradley, i fratelli maggiori di McKennie

TORINO – Weston McKennie è il primo statunitense della storia della Juventus ma non il primo americano della storia del calcio italiano. Dall’altra parte dell’oceano l’amore per lo sport è incondizionato, prediligendo però le discipline nate dal loro ingegno: basket, football americano, baseball, volley. Negli ultimi anni la crescita del calcio USA è stata esponenziale, con talenti del calibro di Christian Pulisic del Chelsea, Gio Reyna del Borussia Dortmund, Sergiño Dest dell’Ajax che hanno fatto dimenticare i vari Balboa e Caligiuri, figli di un calcio minore ed esotico. Eppure i calciatori a stelle e strisce hanno iniziato a calcare i campi italiani nei lontani Anni 30, quando Alfonso Negro, nato negli States ma naturalizzato italiano, indossò le maglie di Fiorentina e Napoli oltre a quella della Nazionale, con cui conquistò l’oro a Berlino ’36. Qualche anno dopo toccò ad Herman Frigo, ribattezzato Armando, anche lui in campo a Firenze prima di arruolarsi e di venir fucilato dai nazisti nel 1943.

Lalas l’apripista

Per ammirare il primo calciatore statunitense non oriundo bisogna però attendere gli anni ’90, quelli del periodo d’oro del calcio italiano. Il Padova di Sandreani investì 400 milioni di lire per assicurarsi il centrale difensivo Alexi Lalas, messosi in mostra nei Mondiali casalinghi di Usa ’94. Nonostante una stagione da titolare e i due gol realizzati, uno all’Inter in Coppa Italia e uno al Milan, oltre alla salvezza al primo anno conquistata nello spareggio con il Genoa, Lalas è ricordato più per il suo carattere estroso e per l’amore per la musica più che per le doti calcistiche. Rosso di capelli, chitarrista del gruppo da lui fondato, i “Ginger”, chiuse nel 1996 il suo biennio padovano: pochi mesi fa, in pieno periodo Covid, il suo videomessaggio di supporto alla città è stato l’ennesimo atto d’amore del difensore nei confronti di Padova. 

Bradley, il salto di qualità

Michael Bradley ha rappresentato la rottura rispetto al passato. Con lui, transitato dal Chievo quindi approdato alla Roma, il calcio statunitense ha conquistato diritto di cittadinanza in Europa. Centrocampista di quantità, gran fisico e tanta corsa ma tecnica non propriamente sopraffina, Bradley è sbarcato in Europa vestendo la maglia dell’Heerenveen quindi quella del Borussia Monchengladbach e dell’Aston Villa. Prima di indossare la maglia del Chievo, che lo acquistò per 1,2 milioni di euro e con cui esordì il 18 settembre, strappando una maglia da titolare che non abbandonerà più. Al punto da attirare le attenzioni della Roma che nel 2012 lo chiamò nella Capitale. Per Bradley 46 partite e 2 gol, oltre al premio di American Player of the Year: attualmente il 33enne gioca in Canada con la maglia di Toronto, ex squadra di Sebastian Giovinco.

Le meteore

Nella lista di calciatori statunitensi approdati in Italia figurano anche Oguchi Onyewu, che con la maglia del Milan ha collezionato una presenza in Champions nel periodo 2009-2011, e Joshua Perez, una partita con la Fiorentina nel 2016. Lista che potrebbe comprendere, ma non nella categoria delle meteore, anche Giuseppe Rossi, centravanti della Nazionale italiana che ha dovuto convivere a lungo con la sfortuna. Nato a Teaneck negli Stati Uniti, si trasferì a Parma all’età di 12 anni per giocare nel settore giovanile dei ducali. 

Fonte www.repubblica.it

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