L’analisi del Vaticano in un documento del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita.”È una piaga che può diffondersi anche alle politiche sportive”. Papa Francesco: “Occorre approfondire la stretta relazione che esiste tra lo sport e la vita”
Roma – Sport e corruzione. Un fenomeno in aumento, conseguenza di dinamiche che ovviamente partono da altri settori della vita ma che trovano spesso nelle attività legate agli sport un terreno fertile. “Non meno del doping, la corruzione può portare lo sport alla rovina – si legge in un documento diffuso dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita – perché sfrutta il senso di competizione dei giocatori e degli spettatori, che vengono deliberatamente truffati e ingannati”.
Le scommesse. Nella parte finale del documento “Dare il meglio di sè” si fa notare che “la corruzione non riguarda soltanto un singolo evento sportivo, ma è una piaga che può diffondersi anche alle politiche sportive … Le scelte riguardanti il mondo sportivo sono ormai decise da attori esterni ad esso per interessi di carattere finanziario o politico”. E “ugualmente riprovevole è qualsiasi tipo di corruzione che riguarda le scommesse sportive ... Se innumerevoli sportivi o appassionati sono ingannati soltanto perché pochi altri possano arricchirsi a dismisura, anche questo minaccia l’integrità dello sport”, afferma il documento. “Come per il doping, tutti i soggetti interessati allo sport – chiede il Dicastero – devono avere questa consapevolezza, così come le organizzazioni sportive, le quali devono mettere in atto regole concrete e trasparenti per evitare che i valori dello sport vengano calpestati”.
Sport e vita. In un messaggio che accompagna il testo, Papa Francesco afferma: “Occorre approfondire la stretta relazione che esiste tra lo sport e la vita, che possano illuminarsi a vicenda, affinché lo sforzo di superarsi in una disciplina atletica serva anche da stimolo per migliorare sempre come persona in tutti gli aspetti della vita”, la tesi di Francesco, secondo il quale “tale ricerca ci mette sulla strada che, con l’aiuto della grazia di Dio, ci può condurre a quella pienezza di vita che noi chiamiamo santità … Lo sport è una ricchissima fonte di valori e virtù che ci aiutano a migliorare come persone”, ribadisce il Papa: “Come l’atleta durante l’allenamento, la pratica sportiva ci aiuta a dare il meglio di noi stessi, a scoprire senza paura i nostri limiti, e a lottare per migliorare ogni giorno”. Per lo sportivo cristiano, dunque, “la santità sarà vivere lo sport come un mezzo di incontro, di formazione della personalità, di testimonianza e di annuncio della gioia di essere cristiano con quelli che lo circondano”.
Spettatori e tifosi. Nel documento, la Santa Sede ricorda con forza le responsabilità assegnate a tifosi e spettatori: “Il pubblico durante le attività sportive e le gare guarda e tifa tutto insieme, come fosse un corpo unico. Questo sentimento condiviso, trasversale alle generazioni, al sesso, alle razze, alla fede religiosa, è una fonte fantastica di gioia e bellezza. I tifosi sono una comunità unita sia quando la loro squadra vince, sia quando perde. Sostengono i propri giocatori e rispettano sia i giocatori e i tifosi avversari che gli arbitri, con fair play reciproco. Ci sono momenti, manifestazioni, atteggiamenti che ci rendono consapevoli della gioia, della forza e del significato di uno sport armonioso e equilibrato”. Tuttavia, “il ruolo del pubblico nello sport può essere ambiguo”, infatti “in alcuni casi, gli spettatori insultano i giocatori avversari, i loro tifosi e gli arbitri. Questo comportamento può degenerare nella violenza, sia verbale (con cori carichi di odio) che fisica”.
Violenza fisica e verbale. “Gli scontri tra tifoserie rompono il fair play che dovrebbe regnare durante qualsiasi manifestazione sportiva”. Mentre anche “un’eccessiva identificazione con un atleta o una squadra può alzare ulteriormente la tensione tra gruppi di differenti culture, nazionalità o religioni. Qualche volta un tifoso può anche utilizzare lo sport per aizzare al razzismo o a ideologie estremiste. Gli spettatori che non hanno rispetto per gli atleti a volte li attaccano anche fisicamente o continuano a insultarli e denigrarli”.
Federazioni più responsabili. “In casi di sport di base, questa mancanza di rispetto verso gli atleti a volte avviene anche da parte di spettatori appartenenti alla loro stessa tifoseria … Le squadre, le associazioni e le federazioni sportive, sia nelle scuole che nello sport professionistico e di vertice, hanno la responsabilità di assicurare che il comportamento degli spettatori rispetti la dignità di tutte le persone che partecipano o assistono a un evento sportivo”, ricorda il documento.
Atleti come merce. In definitiva, “quando lo sport è praticato per vincere a tutti i costi, lo stesso sport è seriamente minacciato”, afferma il nuovo documento del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita dedicato a questo tema, nella parte dedicata al rapporto tra lo sport e la corporeità. “Non è accettabile che gli atleti siano considerati come merce”, in quanto “il desiderio di migliorare sempre più le prestazioni e a qualsiasi costo influenza i comportamenti e porta a serie conseguenze. Il criterio per cui qualsiasi scelta non è più vagliata secondo il metro della dignità della persona, ma piuttosto dalla misura dell’efficienza, può portare con sè rischi per la salute, propria e dei compagni”.
Abusi sui bambini. Il documento denuncia inoltre con forza tutte le “situazioni di abusi di bambini, siano essi fisici, sessuali o emotivi, da parte di allenatori, preparatori o altri adulti”, definiti “un affronto alle giovani creature, fatte a immagine e somiglianza di Dio, e però un affronto direttamente a Dio … Le istituzioni che finanziano programmi di sport per i giovani, inclusi quelli ad alto livello” per la Santa Sede “dovrebbero sviluppare linee programmatiche con l’aiuto di esperti che garantiscano la sicurezza dei bambini”.
Eccessi di allenamento. Sotto accusa anche il processo di “automatizzazione degli atleti”, da parte di genitori, allenatori e società sportive “interessati ad assicurarsi il successo e a soddisfare le speranze di medaglie, record, borse di studio scolastiche, contratti di sponsorizzazione e ricchezza … Aberrazioni di questo tipo si possono trovare nelle competizioni di alto livello degli sport giovanili”, l’analisi del contesto attuale, in cui “sta diventando sempre più normale per un ragazzo essere lasciato nelle mani di genitori, allenatori e dirigenti interessati unicamente alla specializzazione unidirezionale di un singolo talento”. Ma il fisico di un ragazzo “non è in grado di sopportare un intero anno di allenamenti in uno sport”, e “questa specializzazione precoce troppo spesso porta a infortuni di sovraccarico di lavoro”.
Le ginnaste da laboratorio. Il caso citato è quello delle ginnaste d’élite, il cui “prototipo del corpo ideale è cambiato nel corso degli anni, proponendo come modello quello di un esile fisico prepuberale”. Ciò ha portato “in alcuni contesti ad allenare ragazze molto giovani per tutti i giorni della settimana e per un numero eccessivo di ore … Le ragazze in queste condizioni – denuncia la Santa Sede – hanno sovente sviluppato l’angoscia di dover rimanere così magre tanto da sviluppare disturbi dell’alimentazione in percentuali molto più alte rispetto alla media della popolazione femminile in generale … Gli sport che causano inevitabilmente dei danni al corpo umano non possono essere avallati”, la denuncia del documento, che richiama anche al “ruolo dei genitori dei giovani atleti in tutti gli sport”. In alcuni sport, informa il Dicastero vaticano, “la pratica produce effetti dannosi sul corpo compreso il cervello, ed è fondamentale che in questi casi tutti i soggetti sociali prendano posizione al riguardo e riportino la dignità della persona e il suo benessere al primo posto”.