MILANO – La crudeltà del tempo che passa ha non poco di romantico, se due anziani signori che tanto hanno dato al Milan lo hanno affrontato per la prima volta da avversari, a distanza, guardando in tivù uno stadio vuoto dentro una storia tutta piena. Berlusconi e Galliani contro il Milan: sarebbe come dire gli Agnelli contro la Juve o i Moratti contro l’Inter, invece è successo. Silvio Berlusconi è riuscito a farsi dare un tablet all’ospedale e ha visto Milan-Monza al San Raffaele, invece Adriano Galliani è rimasto a casa per precauzione, lui che non ha il Covid ma che lunedì è atteso da un tampone di controllo, e insomma l’età consiglia prudenza. Ma ha forse età, questa notte che è la più strana del mondo?
Ventinove trofei in trentuno anni di Milan. “Ma la trentesima vittoria di noi due nel calcio è stata la promozione in B del Monza”, ha detto Galliani prima di arrendersi all’assenza solo fisica dentro San Siro. “Mi piange il cuore non esserci, e Silvio è dispiaciuto quanto me. Vuol dire che la prossima volta affronteremo il Milan in serie A, l’anno prossimo. Stavolta i ragazzi hanno solo preso le misure al campo”. E lo hanno fatto coraggiosamente, giocando a lungo alla pari contro l’illustre avversario e cedendo solo nel finale (4-1). Chissà che salto nel letto e sulla poltrona, per Silvio e Adriano, quando Mattia Finotto che non è Van Basten e nemmeno Gullit ha saltato in pallonetto Donnarumma e ha pareggiato al 23′, anche se soltanto per poco, la rete milanista di Calabria al 6′. In quel mentre, nella pubblicità elettronica dello stadio scorreva una scritta che dice: “Chi ci crede supera tutti gli ostacoli”.
Poteva essere la notte della grande memoria e in fondo lo è stata, con il corpo altrove ma il cuore qui, per la coppia più preziosa nella storia rossonera, 160 anni in due e quelle tre decine di vittorie insieme. “Ulisse ritrova Itaca”, aveva detto Galliani in settimana. “Per me è un’emozione fortissima ma senza malinconia e nessuna rivincita, soltanto la felicità di essere arrivati fin qui”. Il Monza non affrontava il Milan da 33 anni e lo ha fatto senza paura. “Io ne avevo sette, di anni, quando festeggiai la promozione in B” ha ricordato Galliani, figlio di monzesi, dall’85 con Berlusconi e con nessun altro mai. Poi, nell’aprile 2017 quella storia è finita per ricominciare in Brianza e arrivare forse, di nuovo, in A. “Del risultato non m’importa nulla” ha detto Adriano ed è una bugia sincera. Conta molto di più che il Monza sia riuscito a tornare in B dopo 19 anni, e che lo abbia fatto per continuare la corsa. I “bagaj”, cioè i ragazzi, non vogliono mica fermarsi, ora che la società ha acquistato pure il brasiliano Carlos Augusto, poi il capocannoniere del campionato croato (Maric) e quello del torneo polacco (Gytkjaer). Sette nuovi calciatori, potenzialmente tutti titolari, “e non finisce qui, Silvio mi chiede come potremmo rinforzare ancora la squadra, io l’ultima volta che l’ho visto gli ho portato le figurine dei giocatori così intanto se li stampa bene in mente”. Anche se poi il presidente del Monza è sì Berlusconi ma non Silvio, bensì Paolo, ma è chiaro che questa è una trama che intreccia tanti personaggi che in fondo sono sempre uno, lui.
Il Milan si è specchiato nel suo strano doppio con un po’ d’indolenza iniziale, figlia certamente della preparazione ancora precaria e di questa stagione asimmetrica e matta, in fondo mai finita eppure appena cominciata di nuovo come se niente fosse, dentro il quasi niente di uno stadio vuoto: e quando il Meazza lo è, è più vuoto di qualunque altro impianto, tre anelli di cemento e la notte a premerci sopra come un coperchio. Ma l’ingresso dei ragazzini nel secondo tempo ha portato aria freschissima e molte promesse. Della squadra rossonera che sarà, Pioli ha mostrato qualcosa. Intanto l’eterno Ibrahimovic, sempre più il capo indiano di una giovane tribù di guerrieri per nulla spaventati. Accanto allo svedese, un altro svedese con 22 anni di meno, il diciassettenne Emil Roback che Ibra ha consigliato fortemente (“E’ lui il futuro”) dopo essersi allenato col ragazzo nell’Hammarby, squadra di cui Zlatan possiede anche una quota. Ma è fede, non marchetta, e in effetti il perticone Emil qualche cosa l’ha fatta vedere, nel bene e nel male, bella progressione e non poca foga, gli adolescenti sono così, tendono a strafare anche quando sanno fare. Gli ultimi venti minuti hanno infine concesso campo e palloni al promettentissimo Brahim Diaz, ventunenne spagnolo in prestito dal Real Madrid, velocissimo e assai tecnico, un piccoletto di personalità (un metro e 71 per 59 chili) con dribbling secco e progressione elettrica: ne sentiremo parlare. Interessante pure l’esterno destro Pierre Kalulu, ventenne francese di agile gamba: suo il terzo gol del Milan al 90′ con uno splendido tiro radente. E Lorenzo Colombo ha chiuso la giostra con uno stupendo sinistro a effetto nel sette, al 92′. La squadra di Pioli è fresca, verdissima.
Nella serata tiepida che ha portato con sé un forte desiderio di calcio vero, speriamo presto, il gran miscuglio di passato e presente ha offerto anche il magnifico primo gol a San Siro di Daniel Maldini, 19 anni a novembre, come tutti sanno figlio di Paolo (che lo ha applaudito a lungo in tribuna) e nipote di Cesare, un biondone degno di simili cromosomi. Nei movimenti ha davvero qualcosa di papà, a volte ci sono gesti naturali (un certo modo di correre, di girare il capo, di spostare le spalle, di mettere il piede) che possono collocarsi all’ombra di una leggenda come se davvero fosse casa. L’ultimo dei Maldini segna con un destro tagliato, lui che destro lo è in tutto e questo fa un po’ effetto. Scommettiamo che si sono emozionati anche Silvio e Adriano?
Fonte www.repubblica.it