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La rivincita di Maldini, adesso è lui al centro delle strategie del Milan

Quando Rebic, primo vice del prezioso Ibrahimovic costretto in quarantena, è caduto sul braccio sinistro dopo un contrasto di gioco con Magallan, difensore argentino e aspirante avvocato tanto duro sul campo quanto compassato fuori, l’unica arringa che i tifosi milanisti aspettavano con ansia era sul mercato degli attaccanti. Ma poi l’infortunato è andato all’ospedale, che a Crotone sta proprio sopra lo stadio, e li ha tranquillizzati: lussazione al gomito, niente frattura. Poi il giovane Colombo, il terzo vice Ibra, ha preso ulteriore confidenza con la serie A. E poi ancora Leao, il secondo vice Ibra, è finalmente tornato a giocare, dopo la sua lunga quarantena. Così il club ha potuto annunciare che l’assenza di Rebic in campionato, verosimilmente limitata alla sola partita Milan-Spezia prima della sosta, non cambierà le strategie di mercato, quasi a mettere a tacere le voci sull’arrivo di qualche attaccante, come quelle dalla Spagna su Jovic, esubero del Real Madrid. L’emergenza passerà presto, è la parola d’ordine, per adesso bisogna stringere i denti. In verità il mercato è sempre pieno di sorprese e da qui al 5 ottobre ne potrebbero arrivare alcune, magari proprio in attacco. Di sicuro non c’è tempo sufficiente per ritoccare il reparto decimato, in vista del primo appuntamento fondamentale della stagione. Giovedì in Portogallo, in gara unica in casa del Rio Ave, il Milan si giocherà l’Europa League senza Ibrahimovic, senza Rebic che non ci sarebbe stato comunque per squalifica, con Leao ancora a mezzo servizio per la scarsa tenuta atletica e con Colombo sprovvisto di esperienza internazionale. Ma rispetto al passato recente una novità c’è: la fiducia crescente nel dirigente che si occupa appunto del mercato. Il direttore tecnico Paolo Maldini, non certo un nome qualsiasi.

Come Beckenbauer e Rummenigge 

Quali che siano le sue scelte per l’attacco, i milanisti sembrano pronti ad accettarle. Intanto gli riconoscono il merito di avere pescato dal Real Madrid l’estate scorsa Hernandez e sperano che il fantasista Brahim Diaz, subito in gol all’esordio dall’inizio in serie A, possa bissare il successo del terzino. Anche Gazidis, l’ad sudafricano che voleva il tedesco Ralf Rangnick come plenipotenziario dell’area sportiva, adesso argomenta l’importanza di Maldini, il cui carisma vale come potente arma di persuasione verso i talenti che normalmente ormai disdegnavano il Milan, da quando ha perso i suoi quarti di nobiltà. Il direttore tecnico è sempre più calato nel ruolo. Lo si evince perfettamente dalle ultime dichiarazioni pubbliche, in cui ha ammesso l’orgoglio per la responsabilità di una storia familiare formidabile, inaugurata da suo papà Cesare e oggi proseguita sul campo dal figlio Daniel.

La necessità di recuperare il valore del senso di appartenenza e di trasmetterlo ai giocatori – era il chiodo fisso di Gattuso, il primo a riaprire la strada smarrita – è nel caso di Maldini anche un dogma dinastico. Il nuovo mestiere gli piace sempre di più e dopo la fase di apprendistato con Leonardo e i mesi di palese affiatamento con Boban ne ha assorbito i ritmi: le ore in ufficio, le visite a Milanello, i colloqui con i colleghi e con i procuratori. Da calciatore, ha raccontato, era allergico al mercato: ora è diventato il suo lavoro. Il dietro-front di Gazidis è lo specchio della nuova fase della carriera calcistica di Maldini, che sa di essere giudicato per gli acquisti e per le cessioni, senza che la cosa lo disturbi. Il suo cruccio resterà il divorzio del Milan da Boban, che a ottobre si chiuderà con la causa tra l’ex dirigente e il fondo Elliott, senza possibilità di un epilogo diverso. Dopo il traumatico licenziamento di Boban, l’uomo che ha portato Ibra, Maldini è rimasto in sella, anche se pareva vicino a essere disarcionato. E chissà che un giorno – anche se in Italia non è prassi – il campione simbolo non diventi il numero uno operativo del Milan. Come è accaduto per Beckenbauer e Rummenigge al Bayern: il club che, per definizione, trasforma i fuoriclasse in vincitori anche dietro la scrivania.

Fonte www.repubblica.it

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