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La vertenza dei tennisti dell’Atp che vogliono guadagnare molti più soldi

La vertenza dei tennisti dell'Atp che vogliono guadagnare molti più soldi

Asanka Brendon RATNAYAKE / AFP

Novak Djokovic (AFP) 

Accontentare tutti è impossibile, ma anche far scontenti tutti. Eppure il gotha dell’Atp Tour, il circuito del tennis professionistico, è riuscito in questa seconda impresa, fino ad essere contestato ugualmente dai direttori dei tornei, come dai giocatori, che siano i primi della classe e quelli classificati fra il numero 50 e il 100, cioè il popolo del tennis pro. Cui Vasek Pospisil, da rappresentante dei giocatori nel consiglio dell’Atp (l’organismo che gestisce i tornei del circuito), indirizza un’accorata lettera con l’intento di far fronte comune e diventare davvero protagonisti dello sport che rappresentano e gestiscono, in campo, ma non nelle decisioni e nei guadagni.

William WEST / AFP

Roger Federer (AFP) 

“Noi e le nostre famiglie sacrifichiamo tutto per diventare tennisti professionisti sin dalla giovanissima età per creare uno sport globale che abbia un richiamo così ampio. Uno sport che è fiorente ma nel quale in realtà non possiamo dire una parola sul nostro futuro. Non abbiamo accesso alle informazioni finanziarie dei tornei. L’Atp è un ospite virtuale degli Slam che ha profitti per centinaia di milioni di dollari, molti più di quanto dicano pubblicamente e di cui noi giocatori ricaviamo dai il appena 10% dei ricavi. Altri sport professionistici, come NBA, NHK, NFL, MLB che sono rappresentati in modo indipendente dalle loro associazioni ricevono cifre vicine al 50% dei ricavi generati dal proprio sport. Il nostro sistema è rotto e va avanti così sin dal tennis Open. L’ATP rappresenta i tornei e noi giocatori lottiamo e raschiamo per ogni centimetro perché non siamo strutturati come un organismo unitario. È il momento di cambiare e di ottenere quanto vogliano, stando davvero uniti, per esigere quando meritiamo per il nostro duro lavoro. Abbiamo bisogno di CEO, di un amministratore delegato, che innanzitutto rappresenti i nostri interessi. Abbiamo bisogno di una struttura che impedisca l’influenza ormai radicata dei tornei. Abbiamo bisogno di verificare i dati finanziari di ogni torneo. Abbiamo bisogno di un nostro studio legale, di nostri consiglieri finanziari, di un nostro ufficio di pubbliche relazioni. In poche parole, abbiamo bisogno di cominciare ad agire e muoverci come un business e non come un’accozzaglia di ragazzini impauriti. Possiamo riuscirci se rimaniamo uniti.  Accettando solo quei rappresentanti del consiglio che guardano soltanto i nostri interessi…”.

In ballo ci sono la conferma della presidenza Atp, dell’inglese Chris Kermode, che scade a fine 2020 e che verrà decisa in queste ore a Melbourne, e la proposta di un anno fa di Novak Djokovic – presidente del consiglio dei giocatori – che chiede l’istituzione di un sindacato staccato dall’ATP. Nel Consiglio direttivo dell’organismo ci sono tre rappresentanti dei tornei e tre dei giocatori, Justin Gimelstob (ex pro, oggi commentatore tv e coach part-time, che è stato denunciato per l’aggressione di un presunto corteggiatore dell’ex moglie ma, pur sollecitato, non ha voluto dimettersi), David Egdes (collega tv ed amico di Gimelstob, che è membro supplente) ed Alex Inglot (già direttore della comunicazione del sito di  scommesse Sportradar).

Per ottenere la conferma, Kermode ha bisogno dell’appoggio di due dei tre membri dei due gruppi. Ma se è possibile che i giocatori siano con lui, sembra che i rappresentanti dei tornei gli voteranno contro, creando quindi una drammatica e ancor più evidente spaccatura nell’ambito del governo del tennis.

Stan Wawrinka, diretto come il suo tennis, va al nocciolo del problema: “Non capisco perché bisognerebbe rimuovere Kermode, mi sembra che non sia tutto chiaro, dietro le quinte, che si metta molta pressione sulle persone per questo voto. Eppure mi sembra che, nei fatti, negli ultimi anni, questo presidente abbia soltanto aiutato il tennis a migliorare la sua situazione. Se guardiamo ai risultati, all’immagine, ai premi e alle cose evidenti, ha fatto un buon lavoro facendoci crescere in tutto. È chiaro che qualcuno nutra interessi personali, ma dobbiamo guardare alla fotografia complessiva e chiederci: qual è la ragione per cui cambiare? Dev’essere davvero importante per togliere qualcuno da quel posto dopo anni di cose positive per il tennis. Perciò, la cosa mi sembra un po’ strana”.

PETER PARKS / AFP

Rafael Nadal (AFP)

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