Lorenzo Musetti che vince un titolo Slam juniores, a 16 anni, quindi con due anni d’anticipo rispetto ai limiti di categoria, è una bellissima notizia, che regala un fantastico sorriso a tutto il tennis italiano. È un’importante apertura di credito per il ragazzo di Carrara dal bel rovescio a una mano ma non è una notizia eclatante in sé per sé, e tantomeno una garanzia per il futuro da professionista.
Quella degli Australian Open, a Melbourne, è stata infatti la finale numero 17 di un under 18 azzurro nei Majors, il decimo titolo italiano, il primo nella prova Slam che apre la stagione.
A Roland Garros, hanno vinto, fra i ragazzi, Corrado Barazzutti nel 1971 e Andrea Gaudenzi nel 1990 e, fra le ragazze, Maria Teresa Reidl nel 1955, Francesca Gordigiani nel 1958 e Laura Garrone nel 1985; a Wimbledon, ci sono riusciti Diego Nargiso nel 1987 e Gianluigi Quinzi nel 2013; agli Us Open, ce l’hanno fatta Andrea Gaudenzi nel 1990, Laura Garrone nel 1985 e Francesca Bentivoglio nel 1993.
Giovani speranze che non hanno sfondato
Di questi campioni giovanili, quello che più ha deluso nel passaggio fra i pro è stata la Bentivoglio che, potenzialmente, dopo aver vinto da 16enne lo Slam junior sul cemento di New York, aveva grandi numeri sia fisici che tecnici, ma non aveva sufficienti motivazioni e, nel 1994, ha lasciato la scena Wta. Barazzutti è salito è al numero 7 del mondo, esaltando le caratteristiche di gran lottatore e, nel lotto, dei dieci titolati azzurri Majors è quello che si è espresso al massimo delle sue possibilità.
Gaudenzi si attendeva di più da se stesso, ma ha espresso quello che poteva, è arrivato al numero 18 della classifica Atp, prendendosi la soddisfazione di battere sia Sampras che Federer e di riportare l’Italia in finale di coppa Davis. Un po’ viziato dalla vita e un po’ per limiti caratteriali suoi, e del mancato allenamento fisico specifico, Nargiso non ha sfruttato appieno il talento mancino, soprattutto a rete, e quindi anche una carriera da doppista magari accanto ad Omar Camporese, ma ha comunque toccato il numero 67 del mondo.
“Resi”, Maria Teresa Riedl, non era forse pronta per il tennis pro, “La Cecca”, Francesca Gordigiani, era troppo distratta dalla vita per immolarsi al tennis, Laura Garrone aveva qualche limite fisico in uno dei momenti più floridi di sempre del tennis donne. E Gianluigi Quinzi ha mascherato le lacune tecniche con la grinta ma, sotto pressione, non è riuscito a mantenere le enormi aspettative che tutti, primi fra tutti lui e la sua famiglia, avevano costruito.
Perché Musetti potrebbe stupirci
Insomma, il neo campione degli Australian Open, Musetti, è quello che, sulla carta, promette più di tutti i ragazzi italiani campioni Slam juniores. Ha una completezza di colpi, una base atletica, una capacità di gestione del match e un potenziale da ampliare così evidente da far concretamente sperare in una bella carriera sul circuito Atp.
Come conferma la corte che – col viatico dello sponsor Nike – gli ha fatto Patrick Mouratoglou, aprendogli le porte della Academy in Costa Azzurra, come seconda scelta del centro tecnico federale di Tirrenia, dove stanno lavorando con profitto Umberto Rianna e Filippo Volandri.
Il ragazzo di Carrara ha altre importanti frecce al proprio arco. Intanto, la famiglia, le radici semplici dai valori molto saldi che gli vengono o costantemente ribadite di papà Francesco, appassionato di tennis e tuttora “cavatore”, uno dei mestieri più duri.
E questa umiltà, insieme alle tante vittorie ottenute da subito, l’hanno portato, dopo i quarti a Wimbledon di luglio, ad accettare la sconfitta nella finale degli Us Open di settembre, sbandierando una maturità impressionante: “Sul momento l’ho presa male ma, per la mia crescita, è stato meglio perdere” e a insistere sula strada tracciata.
Tanto che, a differenza di altri promettenti juniores azzurri, Musetti ha dagli otto anni lo stesso allenatore-psicologo, a La Spezia, Simone Tartarini, che l’accompagna ovunque e stempera, col suo carattere allegro, qualsiasi attrito con l’esterno. E, circondarsi delle persone giuste è un vantaggio immenso, rispetto ai cambiamenti di rotta che avevano fatto i vari Nargiso, Gaudenzi e Quinzi nel muovere i primi passi nella transizione juniores-professionisti.
I tornei under 18 non sono decisivi
Musetti e chi l’accompagna sanno benissimo che questa prima fase della carriera è significativa, è formativa, ma non è decisiva. Soprattutto negli ultimi anni, nel tennis moderno così legato al fisico, e quindi ad una maturazione in età più avanzata, i tornei under 18 rappresentano una palestra. Magari sono una promessa.
Ma possono diventare anche una terribile illusione, come è successo al povero australiano Todd Reid, campione di Wimbledon 2002, che ad appena 34 anni si è suicidato, vedendo bruciare i propri sogni sulla scena Atp.
Andando a ritroso nel tempo, nell’albo d’oro degli Australian Open, troviamo infatti Sebastian Korda, figlio del campione di Melbourne seniores, Petr, che sta facendo fatica nei tornei Challenger e Itf. Quindi l’ungherese Tzombor Piros, anche lui nettamente in difficoltà già sul primo gradino Atp, come l’australiano Oliver Anderson, campione nel 2016 e il russo Roman Saffiullin, re nel 2015, mentre il vincitore precedente, il tedesco Sascha Zverev, è già sbocciato fra i pro.
Al Roland Garros, il campione uscente è l’australiano Alexei Popyrin, che si è appena fatto notare nel torneo dei seniores, ma è ancora da costruire come giocatore, mentre il precedente campione, Blancaneaux, è evaporato e soffre parecchio, di fisico, di testa, di tennis, di tutto, Andrei Rublev, che firmò la prova sulla terra rossa di Parigi nel 2014, quando sembrava l’astro mondiale nascente.
Così come, prima di lui, non hanno rispettato le aspettative Garin, Coppejans, Fratangelo, Velotti, Berta. Vedremo se il taiwanese Chun-Hsin acquisirà potenza e resistenza richieste sul circuito Atp che non gli serviva l’anno scorso per vincere Wimbledon juniores.
Shapovalov, che firmò la prova nel 2016, ci sta provando, lo spagnolo Fokina, campione 2017, è appena il numero 241 Atp, mentre Rubin ed Opelka, re 2014 e 2015, stanno facendo capolino sulla massima ribalta pro solo adesso. Come Fucsovics, protagonista 2010. Anche agli Us Open i successi juniores non danno garanzie: la grande speranza cinese di settembre, Wu Yibing si sta facendo a fatica le ossa, come il gracile canadese Auger-Aliassime, che ha vinto nel 2017, mentre è più avanti Fritz, campione del 2016, è scomparso l’australiano Jasika, eroe del 2014, ed è diventato un ottimo pro Coric, che ha alzato la coppa nel 2013.
In un’alternanza che è forse l’emblema della casualità dei tornei juniores in generale, e degli Slam in particolare.
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