LISBONA – Sarebbe sbagliatissimo giudicare questo Lione-Bayern Monaco 0-3 dalla copertina. I bavaresi accedono meritatamente alla finale di Champions League, traguardo che mancava dalla “tripletta” del 2013 firmata da Jupp Heynckes, ma chi immaginava una semifinale senza storia contro i transalpini di Rudi Garcia è andato lontano dalla verità. I francesi hanno spaventato i campioni di Germania in avvio e sono rimasti aggrappati alla partita anche nella ripresa, senza mai lasciarsi abbandonare alla corrente, sfiorando anzi la rete che avrebbe riaperto la contesa, e cedendo soltanto nei minuti conclusivi di una sfida ormai segnata. Ma l’OL, dopo aver estromesso dal torneo Juventus e Manchester City, non ha avuto la forza per la terza impresa. Ha avuto la meglio la straripante qualità del Bayern Monaco, un organico profondissimo gestito con saggezza da “Hansi” Flick. Sarebbe però sbagliato limitare all’enorme e indiscutibile talento dei singoli la nuova fioritura dei bavaresi, che hanno saputo svecchiare la rosa dove era necessario – è il primo anno senza i totem Robben e Ribery, che hanno segnato gli anni ’10 del Bayern – e mettono in pratica un calcio moderno. Aggressione alta, anche altissima, sul primo possesso avversario, e poi la costante presenza nel cuore del gioco dei terzini: il motorino Davies sulla sinistra, che offre perennemente una linea di passaggio con le sue sovrapposizioni e il lucido Kimmich sulla destra, centrocampista aggiunto al tandem di mediana per rifinire e aiutare il possesso palla. In una notte in cui Lewandowski segna “soltanto” la rete che fissa lo 0-3, è Serge Gnabry a prendersi la scena: nel 2016 faticava a trovare spazio nel West Bromwich Albion, ora è una delle stelle della squadra che sfiderà il Paris Saint-Germain in una finale che si preannuncia particolarmente gustosa.
Un quarto d’ora vicino alla perfezione
Al Lione va dato atto di aver preparato la partita individuando con grande lucidità i possibili punti deboli della corazzata bavarese. I ragazzi di Garcia, specialmente nel primo quarto d’ora, hanno esplorato la profondità ogni volta che potevano, vale a dire quando riuscivano ad aggirare la prima pressione esasperata del Bayern, provando a punire la tendenza della squadra di Flick ad accettare l’uno contro uno in fase difensiva. In questo modo sono nate le occasioni, colossali, sciupate dai transalpini: il filtrante telecomandato di Caquelet per Depay, che non è riuscito a spostare abbastanza la montagna Neuer nel suo tentativo di dribbling, vedendo poca porta e centrando solo l’esterno della rete dopo essersi defilato sul destro; il cross a colpo sicuro di Cornet, apparentemente destinato a Toko Ekambi e invece murato all’ultimo momento dalla scivolata disperata di Boateng; la tenacia di Toko Ekambi che, innescato da Dubois, ha saputo resistere al rientro di Davies, saltare Alaba e sparare col mancino, ottenendo in risposta il tonfo sordo del pallone che si infrangeva contro la base del palo. Contro un Bayern del genere, però, fare “quasi” tutto bene non è sufficiente. Dopo aver sfiorato il bersaglio con Goretzka, i bavaresi lo hanno centrato con un mancino sublime di Gnabry, ciliegina sulla torta di un’azione magistrale, che lo ha visto condurre palla in maniera perfetta, resistendo alle cariche avversarie, dalla corsia destra fino all’ingresso in area in zona centrale. Un gol che ha spogliato il Lione di tutte le sue velleità e lo ha relegato a sparring partner fino al termine della frazione, come se il castello di carte faticosamente eretto in quei primi 14 minuti fosse volato via con lo spostamento d’aria provocato dall’uragano Gnabry.
Champions League
La firma di Lewandowski
Il Bayern ha preso fiducia, ha iniziato a bombardare Lopes – bravo ancora su Gnabry e in uscita spericolata ma efficace su Lewandowski – fino a raddoppiare, nuovamente con l’ex Arsenal, ispiratore dell’azione con una palla rubata e una efficace apertura per Perisic. Cross rasoterra del croato da sinistra, Lewandowski sbagliava clamorosamente da due passi, il rimpallo premiava il glaciale Gnabry. L’esterno sfiorava anche il tris, con un tiro-cross a lato di una manciata di centimetri, e si andava a riposo sullo 0-2. Il Lione, forse rinfrancato dalla pausa, ritrovava coraggio, grinta, voglia di osare nonostante l’evidente squilibrio tecnico e di punteggio. Se da un lato Perisic calciava debolmente su Lopes, dall’altro era inquietante l’errore di Toko Ekambi, pescato da un Aouar che nella ripresa ha cercato di dimenticare un primo tempo difficile: conclusione murata dall’uscita bassa troneggiante di Neuer, che non attenua la portata dell’errore dell’ex Villarreal. Aouar azzardava un altro paio di assoli prima della resa finale, mentre Flick poteva mettere in mostra la strepitosa “second unit” di cui dispone: entravano, in ordine sparso, Coman, Coutinho, Pavard e Tolisso, grande ex di giornata. All’appello mancava soltanto il gol di Lewandowski, giunto puntuale a 2′ dalla fine con uno stacco regale su Marcelo: colpo di testa perfetto sul piazzato calciato da Kimmich, la rete dello 0-3 valeva anche il sorpasso sul Lione. Quindicesimo centro stagionale in Champions League per il fuoriclasse polacco, uno in più di quelli segnati dall’intera rosa transalpina nel corso del torneo. Un numero che racconta molto bene il distacco che esiste tra le due squadre, e che il Lione ha cercato inutilmente di cancellare. Nell’ultimo atto, contro attaccanti del calibro di Neymar, Mbappé e (forse) Icardi, il Bayern Monaco sa di non poter concedere le occasioni lasciate a Toko Ekambi e compagni.
LIONE-BAYERN MONACO 0-3 (0-2)
Lione (3-5-2): Lopes; Denayer, Marcelo, Marçal (27′ st Cherki); Dubois (22′ st Tete), Caqueret, Bruno Guimaraes (1′ st Mendes), Aouar, Cornet; Toko Ekambi (22′ st Adelaide), Depay (14′ st Dembelé). All.: Garcia
Bayern Monaco (4-2-3-1): Neuer; Kimmich, Boateng (1′ st Süle), Alaba, Davies; Goretzka (37′ st Tolisso), Thiago Alcantara (37′ st Pavard); Gnabry (30′ st Coutinho), Müller, Perisic (18′ st Coman); Lewandowski. All.: Flick
Arbitro: Lahoz (ESP)
Reti: 18′ e 33′ pt Gnabry, 43′ st Lewandowski
Ammoniti: Marçal, Marcelo, Mendes
Recupero: 0 e 3′
Fonte www.repubblica.it