La prima vera apparente differenza tra la Juve che è e quella che era è che i giocatori Pirlo lo ascoltano, lo seguono, gli danno retta, mentre Sarri fece una fatica enorme a entrare in connessione soprattutto con quelli della vecchia guardia. Arrivò con un pregiudizio addosso, ovverosia la sua genetica antijuventinità, che nessuno ha mai voluto davvero affrontare, neanche soppesare: in quelle condizioni, era impossibile ottenere il calcio che avrebbe voluto, è sceso a compromessi, non ha vinto le resistenze interne, è diventato il capro espiatorio. A Pirlo, presentato come il predestinato votato all’inevitabile grandezza, vanno invece tutti dietro, senza esitazione. Lo si è visto già dalla prima partita, nella quale la Juve ha subito dichiarato il suo modo di essere e di fare, la natura che ostenterà, la filosofia che perseguirà.
Un volto preciso
Il genere le squadre al debutto sono un ibrido, con qualche sfumatura di nuovo sulla tela che eravamo abituati a vedere. In quella di Pirlo, invece, di rimasugli del passato ne sono sopravvissuti pochi, giusto qualche difetto, tipo la difficoltà a gestire il senso e il tempo del match nella ripresa. I tratti caratteristici della nuova Juve sono emersi subito: meno palleggio e più ritmo, reazione immediata (e aggressiva) appena il pallone finisce all’avversario, ricerca quanto più rapida della verticalità. Più che la teoria (per molti aspetti non dissimile da quella di Sarri), è cambiata la pratica: è logico che passando da Pjanic a McKennie, da “quel” Rabiot a “questo” Rabiot, da Dybala a Kulusevski, da De Ligt a Chiellini e finanche da Alex Sandro a Frabotta, la squadra si presenti più aggressiva, più mordace. Non si tratta di confrontare il valore dei giocatori, ma le loro caratteristiche: Pirlo ha perso molta tecnica e aggiunto molta forza, schierando uomini di grande reattività e naturalmente portati a un gioco di pressione, aggressivo e soverchiante. In questo senso, l’azione più significativa è stata quella della traversa di Ronaldo, a metà del primo tempo: McKennie ha rubato un pallone a metà campo e l’ha smistato alla svelta a Ramsey, il quale ha verticalizzato con lucida e tempestiva precisione scatenando la corsa irresistibile di Cristiano nello spazio vuoto.
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L’importanza di McKennie e Ramsey
McKennie e Kulusevski sono elementi chiave, per il calcio che ha in testa Pirlo. Ma anche Rabiot, più fisico e dinamico degli altri centrocampisti (e molto di più di quanto lo fosse nei primi sei mesi della stagione passata). Se Sarri voleva una mediana puramente tecnica (ma di mediani puramente tecnici non gliene comprarono mezzo), Pirlo ha scelto la svolta muscolare: in questo senso, si può in qualche modo risalire alla Juve di Conte. La qualità la garantisce Ramsey, giocatore dalla tecnica sopraffina e dal senso tattico acuto, che sa perfettamente scegliere la posizione da tenere sia in copertura sia in fase di suggerimento. Sulle sue doti, d’altronde, nessuno ha mai avuto dei dubbi, perché è la sua tenuta fisica a spiazzare: da che gioca a questi livelli non ha mai disputato una stagione completa ed è dunque difficile incardinare la sua presenza nella squadra, se spesso si tramuta in assenza. Un’alternativa a Ramsey non c’è e quindi Pirlo non dovrà studiare soluzioni diverse.
La difesa modulabile
Sul piano difensivo, la Juve deve ancora lavorare. La difesa modulabile (a tre in impostazione, a quattro in copertura) deve ancora essere perfezionata anche se Danilo, altro giocatore tecnicamente non formidabile ma tatticamente progredito, si è sdoppiato meglio di tutti nei due compiti. In generale, la Juve ha fatto fatica a proteggere Szczesny a squadre schierate: quando la Samp, dopo aver cambiato modulo, ha potuto palleggiare nella metà campo juventina, di rado i bianconeri sono riusciti a spezzarne le trame, senz’altro non con la risolutezza del pressing immediato montato invece nella primissima fase di recupero del pallone.
La differenza di Kulusevski
Inoltre, l’aumento della forza ha comportato un calo nella geometria: gli esterni vengono sfruttati solo sulla corsa e il compito dei due mediani è quello di liberarsi il più in fretta possibile della palla che recuperano, appoggiandola a Ramsey o agli attaccanti. Ronaldo, che non si è limitato a partire da sinistra anche se quando gioca spalle alle porta perde spessissimo palla, è sembrato più coinvolto, pur se quasi esclusivamente con slanci individualistici (il primo gol è nato da un rimpallo scaturito dal tentativo di infilarsi a testa bassa tra quattro avversari, mentre c’erano Cuadrado e Kulusevski liberi). Però la vera differenza l’ha fatta Kulusevski, bravissimo non solo palla al piede ma soprattutto nel farsi trovare nel modo, nel posto e nel momento giusto. Alla vigilia, Pirlo aveva parlato della sua “grande padronanza del corpo, di come muoverlo durante le partite” e in effetti si è visto subito: ha un modo di porsi – in senso proprio fisico, anatomico – che gli consente di essere pronto alla giocata prima ancora che il pallone gli arrivi, senza contare che la sua robustezza contribuisce molto a pressing e coperture.
Dove mettere Dzeko e Dybala?
Ora si tratta di capire come cambierà la Juve quando guarirà Dybala e arriverà il centravanti. Posto che Arthur, con il suo gioco compassato basato sul tocco corto, sarebbe stato perfetto per Sarri ma non è esattamente l’ideale per Pirlo (che magari potrebbe dargli le mansioni di Ramsey), i due attaccanti da inserire potrebbero cambiare sensibilmente la struttura della squadra. Sappiamo che il 9 che Pirlo vorrebbe, per caratteristiche, è Dzeko, più di Suarez o Morata o Cavani. Quello che più gli somiglia (vagamente) è Giroud. Nei piani dell’allenatore, Dzeko sarebbe una sorta di regista offensivo, quello che con la Sampdoria è stato Ramsey (il quale è spesso andato anche ad occupare l’area, quando gli esterni attaccavano) e che il bosniaco farebbe con inclinazioni diverse ma con uguale proprietà tecnica: Dzeko sa arretrare e distribuire il gioco frontalmente ma anche smistarlo restando spalle alla porta. Concederebbe qualcosa a livello di copertura, ma aggiungerebbe presenza in area (con la Samp, la Juve non ha quasi mai usato né il cross né lo sfondamento centrale). In pratica, la presenza di Dzeko aumenterebbe assai il potenziale offensivo ma richiederebbe una ricalibratura degli equilibri di centrocampo.
Dybala, invece, attualmente sembra l’alternativa a Kulusevski, per come ne ha parlato Pirlo. “Può anche fare il centravanti”, ha aggiunto, ma sappiamo che quel ruolo – in cui l’argentino si è calato per la ragion di stato nell’ultima stagione – non lo entusiasma. Avrà voglia di adattarsi ancora, tenendo conto che nel gioco di Pirlo il 9 è più un manovratore che uno stoccatore, o accetterà di giocarsi il posto con il più giovane ed energico Kulusevski? Non sappiamo se Pirlo abbia in mente una formula con quattro giocatori offensivi, una sorta di 4-2-3-1 con il tridente Kulusevski-Dybala-Ronaldo alle spalle del centravanti. Potrebbe essere uno sbocco possibile, ma bisogna ricordare che Ronaldo ha un senso del collettivo molto vago e in fase di non possesso palla non muove un passo.
Fonte www.repubblica.it