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Mi chiamo Schumacher, Mick Schumacher. E guido una Ferrari

mick schumacher

 Afp

Mick Schumacher

Da “Mick Betsch” (il cognome di mamma Corinna), quando ha cominciato a premere l’acceleratore dei kart, a 9 anni, a “Mick Junior”, quando ha fatto capolino nelle prime gare ufficiali, 12, Mick era già ufficialmente Shumacher quando ha iniziato ad eccellere nei campionati europei e mondiali.

Ma in realtà, solo oggi,  a 19, quando ha firmato il contratto per la Driver Academy  Ferrari, la scuola piloti dei “Saranno famosi” di Maranello, ha agganciato davvero papà nella lunga rincorsa al mito di Michael Schumacher, sette volte campione mondiale, di cui cinque con la Rossa. Chissà solo se sapremo mai come “il kaiser” ha preso la notizia, bloccato com’è dal 29 dicembre 2013 da una caduta sugli sci che l’ha tenuto a lungo in coma.

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Come papà, Mick ha fatto tanta palestra nei kart, nel 2011 e nel 2012, nella classe KF3 ADAC, migliorandosi, dal nono al settimo posto di fine stagione, correndo in parallelo anche nell’Euro Wintercup KF3, finendo terzo nel 2011 e 2012.

Così come è sempre terzo, nel 2013, nel campionato tedesco Junior Kart e nella CIK-FIA Super Cup KF. Forse non vincere è un modo di crescere meglio, lontano dai riflettori e da quel cognome tanto pesante, anche se tutti nell’ambiente sanno benissimo chi è.

Di certo, i progressi sono costanti, come i risultati e, nel 2014, Schumacher terna la stagione al secondo posto nei vari campionati kart, internazionali e mondiali. Tanto da meritarsi i test in Formula 4 e, nel 2015, il debutto nelle monoposto ADAC con la Van Amersfoort Racing, con cui chiude l’anno al decimo posto e una vittoria. Insiste, nel 2016, correndo il campionato tedesco e insieme quello italiano con la Prema, legata da sempre alla Ferrari Driver Academy.

“Anche se era già maggiorenne, il contratto l’ha firmato mamma Corinna”, rivela  il responsabile della casa di Vicenza, René Rosin. Firmando cinque gare e conquistando la seconda piazza in tutti e due i campionati, si merita un’altra promozione, in Formula 3, nel 2017, centrando subito un podio, ma chiudendo la stagione appena al dodicesimo posto, che certamente non corrispondono le aspettative sue e degli sponsor di papà Michael che, dopo l’incidente sugli sci, hanno aumentato ulteriormente la loro presenza accanto alla sigla Shumacher.

Una scommessa così importante poteva basarsi solo sul sangue nelle vene del ragazzo? Di certo, s’è rivelata azzeccata: l’anno scorso, dopo due terzi posti nelle prime dieci gare, Mick ha vinto la prima gara su una pista celebre come quella di Spa-Francorchamps, e poi, ha infilato altri sette successi, cinque consecutivi, aggiudicandosi il titolo di categoria ad Hockenheim, con una gara d’anticipo. “Il passo era giusto fin dal via del campionato, nelle prime gare non riuscivo ad esprimermi, poi a Spa c’è stata la svolta, già dalle qualifiche, dove non riuscivo a sbloccarmi, e così mi sono liberato anche in gara.

Anche se l’obiettivo, in F2, è migliorare in ogni aspetto e diventare un pilota completo”.  Spa, proprio Spa, dove papà Michael aveva fatto l’esordio in Formula 1, il circuito dove aveva messo ben sei sigilli, firmando il trionfo mondiale 1992. Spa sotto la pioggia, che Michael tanto amava: “Quand’ho visto la pioggia ho sorriso, mi piacciano queste condizioni bagnate, e ancor di più quando sono metà e metà, bisogna possedere la forza mentale per mettere tutto assieme”.

Così ha lanciato l’ennesima sfida all’inseguimento del padre, con la coccarda e l’abbraccio ufficiale della Ferrari, sponsorizzato dal suo nuovo manager Nicolas Todt, anche lui figlio d’arte. Come il figlio di Jean Alesi, Giuliano e il nipote di Emerson Fittipaldi, Chriustian, anche loro nella Driver Academy rossa. “Per chi come me lo ha visto nascere ha un significato emotivo particolare accogliere Mick in Ferrari. Lo abbiamo scelto per il suo talento e per le qualità umane e professionali che ha messo già in mostra malgrado la sua giovane età”, commenta il team principal di Maranello, Binotto. 

“Sono felicissimo di aver raggiunto un accordo con Ferrari. Questo è un altro passo nella giusta direzione e potrò solo beneficiare dell’immensa competenza che c’è lì. Sicuramente farò di tutto per poter apprendere tutto ciò che mi può aiutare a raggiungere il mio sogno: correre in Formula 1. È più che ovvio quanto abbia un posto enorme nel mio cuore la Ferrari fin da quando sono nato e in quello della nostra famiglia. Sono felice anche a livello personale per questa opportunità”.

Al di là delle frasi di circostanza, il ragazzo è molto onesto. In un servizio alla tv tedesca, Rtl, ha rivelato: “Quand’era chiuso,giravo sul circuito di Kerpen, e ricordo che papà mi chiedeva: “Corri per divertirti o per diventare un professionista?”. E io gli rispondevo sempre, sicuro: “Voglio fare anch’io il pilota di professione”. Sono stato io a voler correre e lui ha assecondato il mio desiderio. Mi sono sempre paragonato con il migliore e mio padre è il migliore, e lo resterà per sempre, quello al quale hanno fatto riferimento tanti piloti. Ed è anche il mio idolo. La sua storia, la sua esperienza, il suo cognome: tutte queste cose mi hanno aiutato. Anche se poi alla fin fine sulla macchina ti ritrovi seduto da solo”.

Papà “Schumi” gli ha regalato tanti piccoli-grandi suggerimenti: “Mi disse di lavorare con la squadra, come se fosse una famiglia, avendo sempre fiducia in tutti quelli che la compongono.  Lo ascolto: sono alla Prema dal 2016, tanti piloti sono andati via in fretta, mentre, insieme, tutti noi, abbiamo costruito una realtà unita”. Papà l’ha lasciato una mattina di dicembre, battendo la testa con gli sci ai piedi, Mick era con lui, chissà che gli ha promesso quel giorno mentre papà non reagiva, chissà che cosa gli dice quando lo va a trovare, ancora adesso che non è tornato lui. Di certo, dovendo scegliere fra Ferrari e Mercedes, ha seguito il messaggio di vita di Michael.

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