Buongiorno Michele Serra, noto tifoso interista. Che cosa ha pensato dopo l’autogol di Lukaku nella finale con il Siviglia?
“Che il calcio è uno sport crudele. Dipende dai dettagli e dal caso almeno quanto dal talento. Non basta essere bravi, bisogna anche essere fortunati. Dunque assomiglia alla vita in maniera impressionante, e dev’essere per questo che ci appassiona tanto. Poi ho pensato, e detto, anche altre cose, ma è bene che rimangano in ambito privato. Se guardo le partite quasi sempre da solo, e non vado più allo stadio, è perché mi vergogno di me stesso in veste di tifoso”.
Ci sperava questa volta?
“Un tifoso ci spera sempre, anche quando la sua squadra è più debole. E non era questo il caso. L’Inter era, ed è, leggermente più forte del Siviglia. Andrà meglio l’anno prossimo, è il mantra che consente la cronicizzazione della malattia detta tifo”.
Cosa pensa di Conte e della sua continua stress therapy? Cosa non ha funzionato? È troppo juventino?
“È troppo Conte. Penso che sia serio e stimabile, ma preferisco i tecnici più riflessivi e sorridenti. Mi piaceva molto Pioli, credo che il Milan abbia fatto una scelta intelligente e lungimirante confermandolo. Ma il calcio è un mondo di maschi alfa, se uno è gentile di solito dicono che “non è un vincente”. A me è sempre sembrata una scemenza: prendi uno capace, con i nervi a posto, che parla poco, lascialo lavorare per un paio d’anni, meglio tre, senza assillarlo, e vedrai che non è un perdente, è solo una persona seria”.
Dopo Mourinho l’Inter non ha più trovato pace. Benitez, Leonardo, Gasperini, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini, De Boer, Vecchi, Pioli, Spalletti e Conte: dodici allenatori, tutti bruciati. Un falò. Perché ?
“Per la fretta, e per la fragilità della società. Evidentemente la società, dopo il Triplete, non ha avuto la forza e la lungimiranza per fare un programma di lungo periodo. Puntando su giocatori giovani piuttosto che su una assurda sarabanda di acquisti, costosa e confusionaria. L’ansia di prestazione è sempre una cattiva consigliera. Ne sa qualcosa la Juve in Champions: ne ha perse una valanga, e ne perderà altrettante, perché si sente “costretta” a vincerle. Non si vince, quando ci si ficca in testa che vincere è un dovere. Si vince quando si capisce che vincere è un piacere. Si gioca perché è bello giocare, non perché te l’ha ordinato il medico”.
Non sarebbe meglio darsi una calmata, Pazza Inter?
“Oh certo che sarebbe meglio. Magari la proprietà cinese ha quattrini e pazienza quanti ne bastano. Ed è abbastanza “esotica” da non farsi risucchiare dall’ambiente, che è esigente e nervosetto. I fischi alla propria squadra sono una prerogativa antica dell’interismo, che non per caso diventa isterismo per semplice cambio di consonante. I milanisti andavano al Meazza anche quando la squadra era in B e giocava contro la Cavese, gli interisti hanno troppa puzza sotto il naso e questo non aiuta”.
Quali giocatori le sono piaciuti? E quali vorrebbe vedere nel Milan?
“Bastoni moltissimo, è uno di quei difensori eleganti, intelligenti, che fanno la storia delle squadre, come Maldini al Milan e Facchetti e Bergomi all’Inter. Poi ovviamente Lukaku, potente e sereno, anche lui un giocatore-squadra, proprio di quelli che mancano all’Inter. Di Handanovic è troppo facile parlare bene. Notevole anche la stagione di D’Ambrosio, che ha la forza fisica di un rinoceronte, uno dei meriti di Conte è averlo valorizzato. Tra quelli dei quali farei a meno è troppo facile dire Gagliardini, troppo lento e impreciso per un centrocampista moderno. Non mi ha mai convinto Brozovic, anche se la critica stravede per lui. Io sono solo un modesto tifoso ma non gli ho quasi mai visto fare il play-maker se non davanti al suo portiere, e non basta. Ma non lo darei al Milan, perché Pioli lo farebbe giocare bene. Lo darei alla Juve per seminare un poco di zizzania a centrocampo”.
Cessioni sciagurate. Le dispiace più per Icardi, Coutinho, Banega o Zaniolo?
“Icardi? Ah sì, è quello che c’era prima di Lukaku… Mi dispiace per Zaniolo, un fuoriclasse, e non il primo, del quale l’Inter non si è accorta quando ce l’aveva tra le mani”.
Pensa spesso al triplete per consolarsi? Vede Cambiasso nei suoi sogni?
“Dopo il Triplete almeno dieci anni di quaresima erano inevitabili. Le imprese eccezionali meritano di essere scontate: a patto di non esagerare. Negli anni Venti si deve rivincere qualcosa. Un paio di scudetti, che bastano e avanzano, e un paio di Champions League. Cambiasso mi piace, ma non mi sembra che la società l’abbia in mente”.
Mourinho è stato davvero il più interista di tutti? Cosa aveva di speciale?
“Credo di essere tra i pochissimi interisti che, pur riconoscendogli l’enorme merito del Triplete, non lo ha mai considerato “uno di noi”. È un geniale mercenario, grande venditore di se stesso e grande motivatore di calciatori. Non mi piaceva il piglio da gradasso. L’ho già detto, preferisco i condottieri capaci di understatement. Non dico Scopigno, o Rocco, che erano d’altri tempi, mediaticamente meno opprimenti. Ma un Guardiola, un Allegri, mi piacerebbe molto vederli all’Inter”.
Quando ha cominciato a tifare Inter e perché?
“Cose dell’infanzia profonda, come tutti. Sono arrivato a Milano, che sarebbe diventata la città della mia vita, nel ’59. In prima elementare un bambino mi fece vedere due figurine, una di Hitchens, centravanti gallese dell’Inter. L’altra di Dino Sani, formidabile regista arretrato del Milan. Ovviamente non capivo niente di calcio. Non me ne importava nulla che Hitchens valesse un decimo di Sani. Con il dito indicai, d’istinto, la maglia: il nerazzurro mi fece innamorare all’istante, il rossonero mi sembrò forse troppo chiassoso, si vede che ero un po’ snob anche da piccolo….”
Come si resiste alle delusioni? C’è stato pure il 5 maggio con Cuper e le lacrime di Ronaldo…
“Le si accetta e basta. La sconfitta è l’altra faccia della vittoria. Quelli che dicono “noi siamo una squadra vincente” mi hanno sempre fatto ridere, nessuno gioca per perdere, tutti giocano per vincere, è il bello dello sport, è il bello del gioco. Si vince raramente, si perde spesso, e non la si fa tanto lunga”.
Zhang è il suo presidente?
“Se mi invita a cena ci vado volentieri, mi piacerebbe molto conoscere da vicino un cinese importante, sperando che l’interprete sia molto bravo. I cinesi sono l’altra faccia del mondo e in questo momento è quella che mi interessa di più, l’America mi sembra un paese violento e decadente. Dunque non mi dispiace che l’Inter abbia un padrone cinese”.
Qual è il suo modello di giocatore interista?
“Di solito si dice sempre Corso, o Beccalossi, per dire l’estro, il talento, l’imprevedibilità. Io dico Giacinto Facchetti e Sandrino Mazzola, e stravedevo per Boninsegna”.
Messi potrebbe essere?
“Potrebbe, ma ha quasi la mia età. Nel caso che il suo genoma lo preservi a lungo, lo aspetterei comunque con entusiasmo. Cristiano Ronaldo è juventino in tutto, diciamo che è di una eccezionale normalità, alto, bello, prestante, il primo Pallone d’Oro glielo hanno regalato per la Prima Comunione. Messi è piccolo, non bello, ma ha una intensità inarrivabile. È più misterioso, più anomalo. Lo preferivo a CR7 anche prima, figurarsi se arriva all’Inter”.
Chi vorrebbe davvero in panchina?
“Vorrei uno con i nervi a posto, che sorrida agli intervistatori anche quando gli fanno domande cretine, e capita spesso. Non capisco abbastanza di tattica di gioco da poter dire che Tizio è meglio di Caio. Diciamo che Allegri, all’Inter, si divertirebbe molto di più che alla Juve e si ricorderebbe di essere stato allievo di Galeone”.
Ha qualche foto ricordo?
“Mi vergogno a dirlo, ma ho una mia fotografia, raggiante, con le tre coppe del Triplete, scattata a casa Moratti durante una grande festa, poco dopo la vittoria di Madrid. È incorniciata e appesa nella mia casa milanese, chi la tocca muore. Poi ho una fotografia autografa di Jair, me la diede quando avevo otto anni al ristorante “lo Spadaccino”, che non esiste più. Tra il me che a otto anni chiede l’autografo a Jair e il me che a quasi sessanta si fa fotografare con le tre coppe, non c’è nessuna differenza. Il calcio è meraviglioso per questa capacità di rendere uguali tutte le età della vita. Ogni tifoso è un bimbo per l’eternità”.
Le piace questa maglia zigrinata?
“Mi fa schifo, come tutte le maglie moderne, abominevole violazione di marketing ai danni di simboli intoccabili. Una maglia è come una bandiera. Si accetterebbe che il Tricolore fosse a losanghe?
Fonte www.repubblica.it