VILA DO CONDE – Perfino lo speaker dell’Estadio dos Arcos, stadietto vuoto sotto la pioggia atlantica e perciò particolarmente inadatto all’epica, nello scandire con moderata enfasi i nomi della formazione si è premurato di fare un’aggiunta a quello del giocatore più atteso: “numero 27, centravanti Daniel Maldini”, ha precisato e non è dato sapere se si trattasse della speranza di assistere al battesimo di un bomber campione, come da genetica familiare, oppure di una sofisticata puntualizzazione tattica, perché Maldini junior centravanti non è, ma secondo curriculum è “trequartista o seconda punta”. La premessa vale da chiosa a un debutto da titolare che non è stato sfolgorante, ma anche da invito a non procedere coi giudizi affrettati su un ragazzo che deve ancora compiere 19 anni – il prossimo 11 ottobre – e che finora aveva giocato solo tre spezzoni di partita con la maglia del Milan, pesante di per sé e ancora di più per chi porta il cognome della più grande dinastia della storia del club. D’altronde, a ben vedere, nemmeno Maldini senior, che esordì in campionato a 16 anni e mezzo e in coppa Uefa a 17 anni e 2 mesi, sempre lanciato da Liedholm, fu protagonista di un debutto indimenticabile in Europa, il 18 agosto 1985. Il Barone lo esibì allo stadio Abbé Deschamps di Auxerre e non fu affatto un trionfo: il centravanti semicarneade Garande fece due gol, ma poi al ritorno Paolo si prese la rivincita con gli interessi.
Controfigura di Ibrahimovic
Maldini junior ha esordito in uno stadio ancora più periferico e il centravanti stavolta era lui. A ruoli invertiti, 35 anni dopo, il transfert ha valore freudiano. La cosa più evidente, infatti, è che Daniel ha carattere e reagisce alle difficoltà: se Pioli gli darà altre occasioni, come pare probabile e magari in un ruolo meno difficile, è lecito supporre che le sfrutterà. In questa partita, con tutti i problemi di manovra della squadra invischiata dal mestiere del Rio Ave, la difesa e il contropiede, ha dovuto fare la controfigura di Ibrahimovic e il cattivo primo tempo di Castillejo e Saelemaekers ha accentuato l’impossibilità di pungere. Annotano gli statistici che in 46 minuti Daniel ha toccato 13 palloni e ha completato 7 passaggi: un contrasto aereo timido, un mancato scatto su lancio di Hernandez e un mancato controllo su verticale di Calabria, rilevano i censori, mentre dall’altro lato si ricordano un pallone recuperato – il famoso orgoglio – e un paio di calci di punizione conquistati. Pioli non lo ha bocciato, come ha invece fatto con Castillejo, sostituito nell’intervallo con Diaz. La staffetta di Daniel con Leao, programmata, è arrivata a metà del secondo tempo, quando tra l’altro stava prendendo più confidenza col ruolo di centravanti. Chi lo conosce meglio, dalle giovanili, sottolinea che il giovane Maldini, alto 1,87, è ancora in crescita fisica e tattica: ha messo centimetri e muscoli. “Sarebbe stato un peccato uscire: questo è il completamento di un percorso”, ha detto Pioli tirando un lungo sospiro di sollievo per la tortuosissima qualificazione. Vale per tutta la squadra, anche per Daniel, figlio di Paolo e nipote di Cesare, fiero del proprio cognome, ma a caccia di una storia da calciatore tutta sua. Ha il diritto di scriverla da solo, quale che sia.
Fonte www.repubblica.it