…il restante 10% sono, forse, discendenti degli esuli istriani e dalmati brutalmente cacciati da Tito nel dopoguerra, che ne confiscò tutti i beni. Molti altri italiani li aveva già gettati nelle foibe. Loro, sono pienamente giustificati
Ilfattoquotidiano.com, Luana De Micco
Anche gli italiani che vivono a Parigi, per studio o per lavoro, e che magari ci hanno pure fondato una famiglia, si ritroveranno davanti alla tv domani, in un bar o nel salotto di casa, insieme agli amici francesi, a tifare (magari in segreto o senza troppo dare nell’ occhio) per la Croazia. Eppure questi Bleus non hanno nulla a che vedere con la Nazionale di Domenech dei Mondiali del 2010, in Sudafrica, quella degli insulti di Anelka al Ct e del ridicolo “sciopero” dei calciatori.
Oggi tutti apprezzano la complicità discreta e l’ abilità tecnica di Deschamps. Il pubblico adora Mbappé e Griezmann. Si scherza allegramente sulla barba “portafortuna” di Adil Rami. Ci si fa facilmente contagiare dal clima di effervescente ilarità in cui il Paese vive da giorni.
Forse allora è la naturale simpatia per l’ outsider. In questo caso un paese di poco più di 4 milioni di abitanti che è sul punto di realizzare un sogno. Davide contro Golia, la Francia, 66 milioni di abitanti, il paese della Rivoluzione e della grandeur, di Baudelaire, Hugo Ma forse c’ è anche altro e bisogna andare a ripescare quella intrinseca, proverbiale, rivalità che a noi italiani ci farebbe comunque tifare “contro” la Francia, qualunque altra squadra fosse sul campo. Anche solo per dispetto verso quei cugini che continuiamo a prendere in giro per il bidet, mentre loro si ostinano a servire la pasta (scotta) a contorno della carne.
Nel calcio essere neutrali è impossibile così come per un italiano tifare Francia.
Un’ antipatia, vera o per gioco, che alcuni fanno risalire finanche a Bonaparte e altri, con i piedi nel presente, allacciano a Emmanuel Macron, il presidente belloccio e educato nei modi, con la faccia da primo della classe e la puzza sotto il naso, in cui sembrano convergere i classici difetti di carattere che si attribuiscono ai francesi, primo tra tutti l’ arroganza.
Tempo fa un sondaggio (inglese) aveva rivelato che i francesi sono considerati il popolo più inospitale e antipatico del mondo. Loro sono così toccati da tale cattiva reputazione che, da qualche anno, il viaggiatore in arrivo a al principale aeroporto di Parigi è accolto dal cartello gigante Paris vous aime, che vuole essere rassicurante, ma la dice lunga su tante cose.
I francesi sembrano fieri a noi italiani perché si vantano tanto del loro paese, il miglior paese del mondo, ai loro occhi, senza pensare che probabilmente siamo noi a non vantarci abbastanza del nostro. Ci irritano per la loro affettata e falsa gentilezza, che tuttavia certe volte può essere meglio di tanta vera maleducazione che si vede altrove.
Ci paiono snob perché mangiano le rane che però mancano nella cucina di tutti i giorni. Non ci sembrano mai felici perché fanno sempre sciopero, un diritto che però loro non hanno dimenticato di avere. Certe volte poi si dice Francia, ma si pensa Parigi. I parigini in effetti sono meno amiconi di noi italiani, ma forse sono solo più riservati e più lenti a stringere amicizia.
Quanti sono i clichè, tante sono le mezze verità. Se un mito da sfatare c’ è è quello che vuole che gli Champs Elysées siano la plus belle avenue du monde. Un leit motiv che torna a ogni finale di Tour de France. C’ è da chiedersi quale parigino e turista trova ancora così bello questo viale affollato e trafficato a ogni ora del giorno. Ma è lì che i parigini si riverseranno domani sera se i Bleus porteranno a casa la coppa. Infondo, come cantava Maurice Chevalier, Paris sera toujours Paris.