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Sasha Zverev e Novak Djokovic, vincitore e finalista delle ultime Atp Finals di Londra 2018
Torino dice addio ai campioni del tennis. Lo stop della candidatura ad ospitare il Master ATP di fine anno, attualmente in mano a Londra, è ormai prossimo all’ufficialità. Quello ricevuto dalla città della Mole è un secondo, potente, schiaffo che riporta in luce i segni lasciati dalla prima sberla, quella relativa all’esclusione dalla corsa alle Olimpiadi invernali del 2026 dove rimangono in corsa Milano e Cortina.
La storia, dall’inizio
Non parliamo di un piccolo evento ma del quinto appuntamento più importante dell’anno per il mondo del tennis, subito dopo i quattro tornei dello Slam. Una settimana da passare in compagnia dei primi otto giocatori della classifica e di sfide incrociate. Un girone all’italiana, due semifinali, una finale. E l’attenzione intera del mondo addosso.
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L’annuncio era stato dato due mesi fa: Torino era entrata a far parte della rosa delle candidate per il quadriennio 2021-2025 con Londra (dove il torneo si svolge da ormai dieci anni), Singapore, Tokyo e Manchester. Cinque finaliste sopravvissute a una prima cernita di quaranta manifestazioni d’interesse. Quella del Master è una storia lunga, iniziata nel 1970, ricca di pagine storiche dello sport e di luoghi come New York, Francoforte, Sydney, Shanghai. Fino ad arrivare alla 02 Arena di Londra. Ancora una volta, quindi, l’Italia resta fuori da questo giro nonostante Chris Kermode, presidente dell’ATP, avesse confermato la solidità della proposta: “È stato un processo molto competitivo e le città della shortlist meritano credito per la passione che hanno mostrato nell’esporre i loro progetti”.
Un po’ di numeri
L’evento costa quasi 70 milioni di euro ma, dal 2009, ha visto la partecipazione di oltre 2 milioni e mezzo di persone. L’ultima edizione, che ha registrato numeri leggermente inferiori alla media (poco più di 243 mila che salgono però a 358 mila se si considerano anche ristoranti, bar e negozi) si è distinta per il coinvolgimento della rete visto che, le piattaforme dell’ATP hanno fatto registrare più di 202 milioni di impressions con circa 5 milioni di interazioni social.
I soldi e la politica
Tutta una questione di garanzie e di scelte politiche. Il governo, secondo quanto scrive la Gazzetta dello Sport, avrebbe dovuto assicurare all’ATP le coperture per almeno due anni, con tanto di lettera scritta da inviare entro oggi. Ma, come successo in altri frangenti, l’accordo non è stato trovato e il tempo ormai stringe. Stavolta è la LEGA, con le parole del sottosegretario Giorgetti a esprimere lo scetticismo per un’operazione comunque onerosa e difficile: “Ci vogliono 100 milioni di euro”.
Agf
Papa Francesco col presidente della Fit, Angelo Binaghi
Evelina Christillin, organizzatrice delle Olimpiadi del 2006, ricorda come non ci sia più tempo per tergiversare: “Lo dico chiaramente: non ci saranno proroghe perché queste organizzazioni hanno scadenze rigide. O il 15 ci sono le garanzie o siamo fuori”. Anche perché le rivali, Londra in testa, non hanno certamente intenzione di aspettare le decisioni dell’Italia. I costi ci sono, certo, ma i ricavi generati dall’evento sarebbero importanti per una città, e per un Paese, dove è il calcio ormai a dominare ogni scenario.
Fu lo stesso presidente della Federazione, Angelo Binaghi, infatti, a raccontare le ragioni della candidatura: “Sarebbe l’evento agonistico più importante del nostro paese almeno per cinque anni e ottenerlo sarebbe una vittoria di tutti, un volano eccezionale pure per il turismo e l’indotto”.
Resterà solo Cristiano Ronaldo?
È inutile girarci intorno. A Torino sono ormai lontani i tempi delle Olimpiadi del 2006 che ridiedero lustro alla città. Quasi nessuno, ormai, ricorda più il 2015 quando il capoluogo piemontese venne designato come “Capitale europea dello sport”. Quello a cui ci si può aggrappare, oggi, è solo la capacità della Juventus di diventare punto di riferimento a livello mondiale: dalla striscia ininterrotta di scudetti alle finali di Champions League, dall’ingaggio del più forte giocatore al mondo, Cristiano Ronaldo, al successo economico portato dallo stadio e da tutto quello che ne è derivato. Fino al lancio, riuscitissimo, del bond (ammontare 175 milioni di euro) quotato alla borsa di Dublino di questi giorni. Tutto lustro per la città, innegabile, ma forse troppo poco per una platea che si era abituata a sognare di poter ospitare, di nuovo, eventi di caratura internazionale e che invece dovrà leccarsi ancora le ferite.
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