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Niente palleggio e canestro abbassato, ecco il basket sulla sabbia

Metti una giornata al mare, un gruppo di amici e tanta voglia di sport: si può scegliere una partitella a beach soccer, un 2×2 di beach volley, magari una sfida a beach tennis. O, perché no, un incontro di basket. Sì, di basket sulla sabbia. E tutto grazie all’idea di un italiano. Ma non chiamatelo beach basket. “Quello l’ha inventato un americano, Philip Bryant. Con la pallacanestro però non ha molto a che fare: si gioca su un campo circolare, con un unico canestro e senza tabellone”, spiega Gianpaolo Porfidia, l’uomo che si è inventato il Sand Basket. “E la nostra disciplina è stata subito riconosciuta dall’ente di promozione AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport)”.

Tutto inizia nel 2012, quando Porfidia, ex giocatore professionista con una carriera tra Serie B e C1 e presidente della Polisportiva Supernova di Fiumicino, si fa una domanda: perché esiste la versione di spiaggia di così tanti sport ma non del basket, con le società costrette a fermarsi a giugno e riprendere l’attività a fine estate? “Così ho cominciato a studiare, a documentarmi e dopo una fase di test nel 2018 siamo partiti ufficialmente”.
All’inizio la sua proposta viene accolta con scetticismo, soprattutto per una ragione: come fare con il palleggio, che è uno dei fondamentali del basket, sulla sabbia? “Semplice, abbiamo rinunciato al palleggio – racconta Porfidia – , come d’altra parte si è fatto nel beach tennis, dove la pallina certo non rimbalza. Al suo posto abbiamo introdotto la regola del trascinamento: si può accompagnare la palla con una mano mentre è a terra. Poi ovviamente, come sul parquet, c’è il terzo tempo e dopo i tre passi la palla va passata o tirata”.

Le partite di Sand Basket si giocano in 4 contro 4, su un campo più piccolo di quello regolamentare (20×12) e con il canestro abbassato di 10 centimetri rispetto ai 3.05 metri del parquet. “E’ una disciplina molto spettacolare – spiega l’ideatore, che ha perfezionato il regolamento con la collaborazione del responsabile tecnico della disciplina, il fratello Raffaele – perché i giocatori si tuffano sapendo di non rischiare di farsi male. E’ ottima per la preparazione estiva delle società di basket perché rafforza la muscolatura e contribuisce a evitare infortuni. E poi ho voluto che le squadre potessero essere miste: il nostro è uno sport molto inclusivo, in cui non essendoci il palleggio l’individualismo perde importanza a favore del gioco di squadra”.

Nel 2019 si è svolto il primo campionato nazionale di Sand Basket, con una prima fase regionale che ha coinvolto più di 200 squadre e la fase finale a Gallipoli che ha visto trionfare Siracusa nella categoria Under (dai 12 ai 16 anni) e Reggio Calabria in quella Senior (sopra i 17 anni). Quest’anno invece, a causa dell’emergenza coronavirus, si svolgerà soltanto la fase finale, dal 4 al 6 settembre a Pinarella di Cervia. “Rispetteremo tutte le linee guida dettate dall’AICS – assicura Porfidia – , dalle autocertificazioni alla misurazione della temperatura alla sanificazione dei palloni”.

La disciplina va acquisendo sempre maggior interesse: tra i testimonial anche cestisti professionisti come i fratelli Matteo e Marco Laganà, e quest’anno per la fase finale sarà presente sulla Riviera romagnola l’ex nazionale azzurro Alessandro Cittadini. “Ma anche tanti giocatori di pallavolo di livello nazionale si sono avvicinati al Sand Basket: vista l’assenza del palleggio, per loro è più facile praticare la disciplina”, rivela Porfidia. Che non ha dimenticato i più piccoli, affidando il ruolo di responsabile del Mini Sand a Maurizio Mondoni, guru della pallacanestro in Italia con incarichi anche nella Fiba. Ma il creatore del Sand Basket non si accontenta e ha grandi piani per il futuro: “Vorremmo farlo diventare la pallacanestro estiva, degli italiani e non solo: in futuro, mi piacerebbe anche un torneo che riunisca società di diverse nazioni. E perché no, si potrebbe pensare a creare anche delle vere e proprie nazionali”. Tutto passa però dal riconoscimento della Federazione: quella italiana (la Fip) prima e quella internazionale (Fiba) poi. Intanto però, grazie ad Antonio D’Albero, allenatore con all’attivo diverse esperienze in giro per il mondo, esiste una sezione estera del Sand Basket: tra i Paesi che hanno importato la disciplina ci sono la Francia, la Spagna, la Grecia e la Danimarca. E la lista è destinata ad allungarsi.

Fonte www.repubblica.it

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