GIUSEPPE COTTINI / NurPhoto
Krzysztof Piatek (AFP)
Milano e il Milan sono un palcoscenico ideale per gol di Krzysztof Piatek, come vetrina di tutto lo sport della sua Polonia. Che, nel calcio, non comincia e non finisce di certo con il 23enne attaccante. Anzi, come dice l’ambasciatore Zibi Boniek, già centrocampista della Juventus e della Roma, che gli è rimasta nel cuore tanto da continuare a viverci, presidente per il secondo quadriennio della Federcalcio polacca: “Prima di questa esplosione, Piatek era solo il nostro terzo-quarto attaccante. Poi qui in Italia, forse anche per il clima favorevole, è esploso fisicamente, come si è visto anche dal match contro il Napoli, con Koulibaly che non riusciva a tenerlo in velocità”.
Abbiamo amato i vari Tomaszewski, Zmuda, Deyna, Kasperczak, Szarmach, Lato, che beffavano ai Mondiali le nazionali più famose con fisicità, velocità, tecnica e addirittura tre punte. Dopo il portiere Jerzy Dudek, l’attaccante Robert Lewandoski è la stella cometa che illumina il calcio polacco nel mondo. A Napoli, ha preso a brillare in attacco anche da noi Arkadiusz Krystian Milik, accanto al centrocampista Piotr Zielinski, mentre il portierone, Wojciech Szczesny, aveva già conquistato la Roma al punto che la Juventus gliel’ha strappato. Solo per citare alcuni dei tanti emigranti del calcio polacco in Europa.
“Ronaldo da solo guadagna come tutti i nostri calciatori di serie A, le cifre da noi sono talmente basse che un ragazzo a 19-21 anni deve andare via. È un male e diventa un bene quando si parla di nazionale perché tante esperienze diverse confluiscono nella stessa squadra”, sottolinea sempre Boniek, che è il faro del movimento e vede un futuro roseo, con tanti altri giovani promettenti.
Ma se il calcio nazionale piange perché, senza investimenti importanti non è competitivo al confronto di altri campionati, sport come la pallavolo richiamano i giocatori e anche gli allenatori migliori, a cominciare dagli italiani. “Ma lì il tetto è fissato a 90 mila dollari, nel calcio parliamo di milioni che non si possono ammortizzare solo con diritti tv, ticketing e merchandising”, puntualizza sempre il simpatico Zibì. Che applaude la nazionale di pallavolo campione ai Mondiali 2014 e 2018, e le due squadre polacche campioni dei mondiali per club degli ultimi due anni, Cracovia e Czestochowa, con l’impronta significativa anche in Champions League, da dieci anni in qua.
D’accordo, sempre per citare Boniek: “Nello sport non ci sono certezze, si va a cicli”. Infatti la stella della pallavolo si era già accesa e ha ripreso vigore – anche in virtù dell’impiantistica migliore rispetto ad altri paesi dell’Europa Orientale – mentre quella della pallamano si è offuscata. E, pur non avendo montagne vertiginose, la Polonia primeggia in discipline nordiche come il salto con gli sci. Dove il pioniere Adam Malys, primo ad aggiudicarsi la coppa del Mondo per tre anni di seguito, ha passato il testimone a Kamil Stoch (tre ori olimpici, due coppe del Mondo, due Tornei dei quattro trampolini).
La Polonia ha prodotto anche qualche campione NHL, la lega hockey pro, da Mariusz Czerkawski coi New York Islanders a Peter Sidorkieicz con gli Ottawa Senators, a Krzysztof Oliwa coi New Jersey Devils. E ci sono nomi di spicco in tanti sport, dallo sci di fondo, con Justyna Kowalczyk, bi campionessa olimpica e mondiale, alla ginnastica, con Helena Racoczy, stella anni 50, al tennis, con Agnieszka Radwanska, già numero 2 del mondo e finalista a Wimbledon 2012, alla boxe con Andrzej Golota, 111 successi da dilettanti e poi bronzo olimpico a Seul.
Grande è la tradizione polacca nell’atletica leggera, a cominciare dalla velocista Irena Szewinska, tre ori in 7 Olimpiadi, prima a detenere i primati di 100, 200 e 400 metri negli anni ‘65-‘80, al marciatore Robert Korzeniowski, dominatore della 50 chilometri in tre Olimpiadi, primo ad imporsi in contemporanea anche nella 20 km, a Sydney 2000.
Ma la prima passione nazionale è quella dei motori, soprattutto il motocross, lo sport che vanta la maggior audience tv, con una tradizione che risale agli anni 30. Alla punta dell’iceberg spicca Robert Kubica, primo pilota polacco in Formula 1. Ma perché tutto questo successo dei polacchi in tanti sport diversi? “L’atleta polacco è volenteroso, si batte al meglio delle sue possibilità, si allena, non crea problemi, sta al posto suo, e fa una buona pubblicità che servirà molto agli altri che lo seguiranno”, chiosa orgoglioso Boniek. Che è bravissimo anche a tennis.
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