L’impiego pubblicitario delle sponsorizzazioni sportive ha interessato, in questi anni, anche l’autodisciplina pubblicitaria, diventando oggetto del sindacato di correttezza e di non ingannevolezza affidato al Giurì e al Comitato di Controllo dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP). L’associazione privata che opera, dal lontano 1966, per garantire una comunicazione commerciale «onesta, veritiera e corretta», a tutela del pubblico dei consumatori e delle imprese, più volte, infatti, si è espressa su messaggi che suggerivano (o tacevano) ingannevolmente l’esistenza di sponsorizzazioni a favore di organizzatori di eventi, atleti e influencer, solo per citare alcune delle categorie interessate.
Tema, quest’ultimo, oggetto di due capitoli del libro “Autodisciplina Pubblicitaria. La “soft law” della pubblicità italiana” (edito da Giappichelli). L’opera è dedicata alle regole della comunicazione commerciale e alla loro applicazione nell’ambito dell’ordinamento autodisciplinare della pubblicità nazionale.
«Un sistema che rappresenta, come anche specificato nel titolo del libro, un esempio di successo di “soft law”, opportuna in una materia soggetta a continui cambiamenti tecnologici e sociali, come nel caso della comunicazione commerciale, e uno strumento efficiente con il quale le imprese aderenti allo IAP confermano un elevato grado di responsabilità sociale» ha spiegato a Tuttosport Chiara Alvisi, professore ordinario di diritto privato all’Università di Bologna, co-curatrice del libro in esame insieme a Vincenzo Guggino (segretario generale dello IAP), entrambi co-autori del libro insieme ad autorevoli funzionari e membri degli organi dello IAP.
Si parla di “ambush marketing” o “marketing d’imboscata” in caso di associazione non autorizzata (con diverse modalità: ad esempio ambush by intrusion o ambush by saturation) di un marchio ad un evento mediatico di grande diffusione di cui altri imprenditori (normalmente concorrenti) sono sponsor, allo scopo di avvantaggiarsi della risonanza dell’evento senza sopportarne i costi.
Racconta Alvisi: «Il termine fu coniato, nel 1984, in occasione dei Giochi olimpici di Los Angeles da Jerry Welsh, manager di American Express, che sfruttò la mediaticità dell’evento per beneficiarne a livello commerciale, laddove era invece il concorrente Visa lo sponsor ufficiale del Comitato Internazionale Olimpico. Da quell’episodio (per certi versi storico) c’è stata una vera e propria diffusione della pratica parassitaria, soprattutto in ambito sportivo».
Per contrastare e/o prevenire questo sistema di pubblicità parassitaria il Governo italiano, lo scorso 11 marzo 2020, ha adottato il decreto legge n.16/2020 (poi convertito nella legge n.31/2020), che disciplina, per la prima volta in via generale, il fenomeno dell’ambush marketing, arrivando a definire le norme di contrasto dell’attività parassitaria in esame (artt.10-11-12-13 e 14).
«E’ una legge che nasce sull’onda dell’assegnazione dei Giochi olimpici invernali del 2026 alle città di Milano e Cortina, e delle ATP Finals (dal 2021 al 2025) alla municipalità di Torino», sottolinea Alvisi, che continua spiegando come «vengono vietate le attività di comunicazione e commercializzazione parassitarie in concomitanza di grandi eventi, come quelli appena citati, da parte di soggetti non autorizzati. Tutte queste pratiche finalmente vengono identificate e normate all’interno di un’apposita legge. Vengono inoltre sanzionate come illeciti amministrativi, con multe a partire da 100mila euro (fino a raggiungere il tetto dei 2,5 milioni). In questo modo si tutelano i diritti dei rights owners, ma anche dei consumatori per quanto riguarda la comunicazione commerciale onesta, corretta e veritiera».
Nel libro viene illustrato come, anche prima dell’intervento del legislatore statale, il codice di autodisciplina ha consentito per decenni di sorvegliare e censurare fenomeni di pubblicità parassitaria, inclusi i casi di ambush marketing, ai sensi delle regole autodisciplinari di correttezza (artt. 1 e 13 C.A. della comunicazione commerciale) e di non ingannevolezza (art. 2 C.A.), la cui violazione ha dato luogo, di volta in volta, all’applicazione della sanzione dell’ordine di cessazione (grazie anche ai tempi rapidissimi della giustizia autodisciplinare) e, nei casi più gravi, della sanzione reputazionale dell’ordine di pubblicazione della decisione del Giurì sui principali mezzi di informazione.
Anche sul versante della comunicazione commerciale parassitaria il sistema dell’autodisciplina pubblicitaria ha confermato dunque la sua vocazione sussidiaria all’edificazione di un ordine giuridico del mercato che garantisce un livello elevato di tutela della corretta concorrenza e della libertà di autodeterminazione economica di cittadini e consumatori.
Fonte tuttosport.com