C’è del buono in Danimarca. Ha un nome, o meglio tre, e probabilmente toccherà impararli presto: Holger Vitus Nødskov Rune. Ha sedici anni, è il numero 1 del mondo junior, ha vinto il Roland Garros junior e le ITF Junior Finals. A Milano ha dominato l’azzurro Enrico Dalla Valle 41 41 42 nella finale delle Red Bull Next Gen Finals, il torneo per i giovani del futuro dove l’anno scorso iniziò a brillare la stella di Jannik Sinner.
“Qualunque cosa fai, falla con passione” ha scritto per presentarsi sul suo sito ufficiale. A sei anni, ha deciso di lasciare il calcio e seguire la passione per il tennis. Gli piace essere l’unico artefice del suo destino. Ha imparato a guardare ai grandi per conoscere la strada da percorrere. Sua mamma, durante le ITF Junior Finals, ha detto al sito danese BT.dk, che Rune non giocherà più tornei junior. Nemmeno l’Australian Open, a meno che non gli diano una wild card magari per le qualificazioni del singolare maschile.
Vuole misurarsi con i professionisti, consumato dal desiderio di migliorarsi, di progredire, di vedere il suo tennis migliorare. Perché ogni passo avanti è un passo in meno. L’ambizione non gli manca, la chiarezza di visione nemmeno. A settembre, aveva annunciato la sua presenza alle ATP Finals di Londra. Avrà la possibilità di osservare, di rubare con gli occhi, di allenarsi con i migliori del mondo. Un’occasione da non farsi scappare.
Michael Tauson sa cosa voglia dire attirare ambizioni precoci. Ha raggiunto i quarti al Roland Garros e le semifinali a Wimbledon da junior nel 1984, e ha sempre perso contro Becker. Ha firmato una storica vittoria per la Danimarca in Coppa Davis contro l’Austria di Muster nel 1987 ma non è stato tra i primi 100 del mondo. Ora, da zio, osserva sua nipote Clara, campionessa danese a 13 anni, vincitrice dell’Australian Open junior l’anno scorso e capace di salire al numero 1 del ranking under 18.
Da commentatore della televisione TV2 Sport, ha un occhio di riguardo per Rune. “Ha un brillante futuro” ha detto, “ma c’è ancora molto lavoro da fare perché i risultati da junior possano fruttare anche da professionista. Il salto comporta giocare un tennis completamente diverso, che richiede di affinare il fisico e la tecnica. Riuscire a stabilizzarsi tra i ‘pro’, dicono gli esperti, richiederà uno o due anni”. Rune, attualmente fuori dai primi 1000 del mondo dopo aver toccato la posizione numero 555 prima della riunificazione del sistema delle due classifiche ATP e ITF sperimentata a inizio anno, ha messo le basi. “Voglio passare attraverso anche le difficoltà per arrivare dove voglio” ha detto.
Pienamente consapevole dell’importanza del miglioramento mentale, ha preso la sua strada senza più deviazioni da piccolo. Non viene da una famiglia di giocatori, ha iniziato con sua sorella. La mamma spesso lo segue sul circuito, era anche a Parigi durante il cammino che l’ha portato quest’anno a vincere il Roland Garros under 18.
Ha un’impostazione da tennista moderno, aggressivo con il dritto, abbastanza territoriale nell’accorciare il campo per chiudere presto il punto. Gli piacciono, raccontava in un’intervista dopo il Roland Garros per Last Word on Sport, il Messico, Roger Federer, Cristiano Ronaldo e i film di James Bond. Parla inglese e danese, sta studiando spagnolo e francese, non nasconde di avere già un forte ego. Adora il tennis, lavora duro e sta attento ai dettagli. L’obiettivo l’ha fissato, vuole diventare numero 1 e vincere anche tutti gli Slam. Finora, ha detto, “i traguardi che mi sono dato li ho raggiunti tutti”. Ma il vero viaggio comincia adesso.