TORINO – Una palla che spiove dall’alto e incoccia sul palo interno come quella crossata l’altro ieri da Gojak, nove volte su dieci rimbalza dentro la porta oppure incoccia sulla schiena del portiere – in questo caso Cordaz – e s’infila in autogol. Ma diciamoci la verità: se il Toro avesse battuto il Crotone in quel modo, l’avrebbe davvero rubacchiata. Cosa che nel calcio ci sta, per carità: basti ripensare a come la Lazio aveva fregato i granata la domenica precedente. Di sicuro, però e in ogni caso, nemmeno una vittoria del genere avrebbe dissolto le perplessità e i timori sul futuro del Toro targato Giampaolo. Certo, avrebbe fatto (molto) bene alla classifica e conseguentemente al morale, consentendo di abbandonarsi a una pausa più serena fra le mura del Filadelfia. Invece, adesso, c’è poco da rilassarsi, anzi. Perché se è vero che il trittico dei 7 giorni – dalla Lazio al Crotone passando per il recupero di Marassi col Genoa – ha prodotto quattro punti e qualche progresso sul piano del gioco, contro due squadre teoricamente abbordabili e una di livello medio-alto, le tre avversarie che attenderanno il Toro alla ripresa del campionato saranno, sempre sulla carta, di tutt’altro spessore: l’Inter candidata allo scudetto e affamata di riscatto; la Sampdoria che alterna exploit a passi falsi ma ha comunque già raccolto dieci punti; la Juventus che sembra ancora assopita nel recepire il linguaggio di Pirlo ma che resta la vincitrice degli ultimi 9 scudetti, schiera come terze scelte giocatori che in granata sarebbero titolari fissi e non perde un derby (peraltro quando stava già in vacanza) da quando c’era ancora Renzi presidente del Consiglio.
Tanto da rimanere la rivale contro cui Cairo ha fatto peggio nei suoi quindici anni di reggenza quando un tempo rappresentava invece uno scalpo da esibire con fierezza spesso e volentieri. Senonché, appunto, ormai c’è poco da starsela a menare. Se non fai punti con le piccole, devi cominciare a farli con le grandi. Va bene che nel progetto del cosiddetto (da Cairo) «maestro» Giampaolo la ricerca del gioco e la coerenza tattica vengono prima della ricerca sparagnina del risultato, però la filosofia astratta farebbe fatica a conciliarsi con la zona retrocessione, specie dopo una stagione tanto penosa come quella scorsa e le premesse/promesse tanto mirabolanti di questa in corso. Né può più avere diritto di cittadinanza, nel Toro, il concetto accontentista del «non sono queste le partite in cui fare punti», ripetuto sino alla sfinimento – sovente a mo’ di alibi – dai tempi di Ventura a quelli ancor più tristi di Mazzarri. […]
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Fonte tuttosport.com