TORINO – Va ormai per i settantacinque anni, Donald Trump, e non deve essere esattamente un grande intenditore di calcio. Anzi – nel giorno del suo ultimo compleanno, il 14 giugno – si è addirittura lanciato in una delle sue proverbiali intemerate nazionalist-popolar-patriottiche proprio contro la US Soccer, la federazione cui fa capo la Mls, rea di aver esentato i giocatori dall’obbligo di stare sull’attenti mentre risuona l’inno nazionale in seguito ai moti sociali degli afroamericani e alla campagna Black Lives Matter. «Non guarderò mai più le partite del nostro campionato nazionale», tuonò sei mesi fa l’ormai ex presidente degli Stati Uniti, ricondotto da Joe Biden alla dimensione comunque sempre gratificante – al di là delle indagini fiscali e delle controversie sul suo patrimonio – di magnate tra i più ricchi al mondo.
Il Toro
Senonché, chissà che tra un po’ non cominci a seguire le partite della Serie A. Per guardare cosa combina il Toro. Figura ben più discutibile e discussa (eufemismi) a livello mondiale rispetto a quella di Urbano Cairo, Trump alle ultime elezioni ha avuto però ancora quasi metà dell’America dalla sua parte; mentre il presidente del Torino Fc – se dovessero andare a votare i tifosi granata – difficilmente raggiungerebbe una quota di preferenze superiore allo zero virgola qualcosa e utile a qualsivoglia sbarramento del dissenso. Non stupisce, dunque, che i cuori Toro oggi preferirebbero avere come proprietario del club anche un personaggio così distante dal loro mondo e magari dai loro ideali, pur di non vivere più questo scollamento passionale che nell’ultimo quindicennio ha poco alla volta – delusione su delusione, ferita su ferita – coventrizzato il senso di appartenenza del popolo granata.
L’appello
«Mister Trump: vuole comprare il Torino Fc? Si tratta di una gloriosa società di calcio italiana, ma ora c’è un presidente che non va bene, uno che non mantiene le promesse, uno che non vuole investire. Ha distrutto la nostra storia, la nostra leggenda. Noi sogniamo nuovi orizzonti di gloria, vogliamo un nuovo presidente, noi vogliamo lei!». Più o meno questa, appena appena edulcorata, la traduzione della lettera inoltrata al finanziere newyorkese sul suo account Twitter ufficiale da parte di Gianni Del Corral, regista torinese di 52 anni, frequentatore della Curva Maratona ai tempi gloriosi del Comunale e poi del Delle Alpi. Un’iniziativa nata così, sull’onda dello scoramento, emblematica di un disamore sempre più condiviso e diffuso. Non a caso, a proposito di condivisione, molti altri tifosi lo hanno seguito, rincarando la dose e ritwittando sul profilo di Trump. «Metti mai che si incuriosisca e risponda: gli americani sono strani…». E i granata non ne possono più, di questo Toro Usa e getta. Magari non servirà a niente, ma rende l’idea. Stay tuned.
Fonte tuttosport.com