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Come sta l’industria del videogioco in Italia? Un censimento

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MACROVECTOR / SCIENCE PHOTO LIBR / MVE / Science Photo Library

 Controller per videogame

Un’industria in fase di consolidamento, che offre lavoro ai giovani. L’industria dei videogiochi a livello nazionale sta vivendo una fase di consolidamento e stabilizzazione. Rispetto alle precedenti rilevazioni crescono il numero di studi operanti sul territorio (da 120 a 127), l’età media degli imprenditori (da 33 a 36 anni) e l’età delle imprese (il 54% delle imprese ha meno di tre anni, contro il 62% della rilevazione precedente).

Si registra inoltre un aumento degli addetti, che sale a 1.100 persone (+10% rispetto al 2016). E nonostante il 35% delle imprese intervistate conti un massimo di due addetti, il 47% degli studi ha tra i 3 e i 10 addetti e il 17% dà lavoro a oltre 11 professionisti.

Imparare a creare giochi all’Università

La formazione ha un peso importante nello sviluppo dell’industria, come conferma il fatto che oltre la metà degli operatori (58% contro il 55% nel 2016) è in possesso di un titolo accademico. Due su tre possiedono un diploma di laurea magistrale, hanno conseguito un master o un dottorato di ricerca. Gli ambiti di studio prevalenti sono di natura tecnico-ingegneristica (informatica, architettura e ingegneria), mentre le figure professionali con competenze di economia e gestione d’impresa sono ancora poco frequenti.

Come funzionano gli studi di sviluppo

La maggioranza degli studi di sviluppo di videogiochi che operano in Italia (61%) sono costituiti sotto forma di società di capitali (SRL oppure SRLS). Un aumento rispetto alla precedente rilevazione che, insieme alla riduzione del numero dei liberi professionisti (13% rispetto al 40% rilevato nel censimento del 2016), conferma nuovamente il maggior consolidamento dell’industria.

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Pressoché invariato rimane, invece, il numero degli studi iscritti nel registro delle start up innovative (oltre il 20%), che rappresenta comunque una quota di una certa rilevanza se rapportata alla numerosità delle società di capitali presenti nel campione e ai requisiti richiesti per l’iscrizione. Per quanto riguarda invece le fasce di fatturato, solo 5 studi dichiarano un fatturato oltre i 2 milioni di euro. L’11% supera i 500.000 euro. Il resto del campione si suddivide in un 23% di studi con un fatturato tra 100.000 e 500.000 euro e un 66% di studi con un fatturato fino ai 100.000 euro.


Chi ha realizzato il rapporto

Il quarto Censimento dei Game Developer Italiani è stato presentato da Aesvi, l’associazione che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia, a Roma, in occasione del Games Industry Day. La rilevazione è stata commissionata a un gruppo di lavoro del Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio dell’Università Milano-Bicocca, ed è stata effettuata con l’obiettivo di monitorare lo stato dell’industria dei videogiochi in Italia rispetto alle indagini precedenti, la prima compiuta nel 2011, la seconda nel 2014 e la terza nel 2016. Al censimento, realizzato attraverso la somministrazione di un questionario diretto a soggetti con responsabilità gestionali all’interno delle imprese e a singoli liberi professionisti, hanno risposto 127 studi di sviluppo di videogiochi da tutta Italia.


Milano capitale del videogioco italiano, cresce Roma

La distribuzione territoriale degli studi di sviluppo non registra grandi variazioni rispetto alla precedente rilevazione. Il Nord Italia si conferma ancora una volta l’area geografica che ospita la maggior parte degli studi di sviluppo (57%), seguita dal Centro Italia (24%) e dal Sud Italia e dalle isole (18%). A livello regionale la Lombardia mantiene la sua posizione di leadership per numero di studi sviluppo (33%), seguita da Lazio (14%) ed Emilia Romagna (10%). A livello provinciale Milano, con il 23% delle imprese del settore, e Roma (14%) risultano essere le città con il maggior numero di studi, seguite da Napoli (6%), Torino (5%), Bologna (4%) e Firenze (4%).

Pc, mobile o console?

PC e mobile sono le piattaforme più usate, la vendita digitale il modello di business più diffuso. La produzione di videogiochi per PC vede nel 2018 nuova e importante crescita, arrivando a contare oltre la metà dei titoli realizzati (51,5% contro il precedente 37%), mentre si contrae ulteriormente quella mobile, che comprende circa un terzo dei prodotti sviluppati (29% rispetto al 35% del 2016).

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Se il divario tra queste due piattaforme continua ad aumentare, rimane invece stabile la posizione ricoperta dalle console, che si attesta sul 15% delle produzioni totali, mentre quella del web gaming diminuisce di peso, con produzioni pari soltanto al 2,5%. Si registra anche una contrazione di realtà aumentata e virtuale, ambiti per i quali sviluppano soltanto il 9% e il 25% degli studi intervistati. I

l modello di business più utilizzato dagli studi di sviluppo è quello della vendita digitale (sfruttato dall’83% dei rispondenti) e seguito dalla vendita retail (29%). E proprio riguardo la vendita digitale, il principale marketplace di riferimento è Steam (utilizzato dal 72% delle aziende), seguito dai marketplace mobile Google Play (49%) e App Store (45%).

Che tipo di videogiochi si fanno in Italia

Dei 127 studi di sviluppo che hanno risposto alla rilevazione il 76% realizza videogiochi commerciali di intrattenimento destinati a essere venduti direttamente ai consumatori finali (B2C), mentre il 66% opera nel mercato business (B2B) realizzando applicazioni su commessa di terzi, in particolare aziende ed enti. Gli studi di sviluppo operano principalmente in self-publishing (65%), ovvero auto-pubblicando i propri videogiochi, mentre a oggi soltanto il 22% degli studi si affida a un publisher per pubblicare il proprio videogioco di maggior successo.

Da dove vengono i soldi

L’autofinanziamento rimane la forma di sostentamento per eccellenza degli studi di sviluppo italiani. L’88% dei rispondenti dichiara, infatti, di ricorrere a risorse proprie per finanziare la propria attività. Cresce, però, il supporto dei publisher, che fornisce un’integrazione all’autofinanziamento al 21% delle aziende contro il 17% della rilevazione precedente. Di minore importanza il contributo derivante da piattaforme di fundraising (10%), private equity (9%), finanziamenti pubblici (6%), istituti bancari (6%) e venture capital (3%).

L’importanza della partecipazione a fiere ed eventi 

La presenza a fiere ed eventi risulta di importanza centrale per gli studi di sviluppo di videogiochi. L’82% delle aziende dichiara di aver partecipato ad almeno un’iniziativa negli ultimi 2 anni. Tra queste, il 44% ha pre­so parte soltanto a manifestazioni na­zionali, il 7% ha visitato soltanto fiere internazionali e il 49% ha partecipato a fiere o eventi sia in Italia che all’estero. La disponibilità di forme di incentivo o di supporto gioca un ruolo cruciale per la partecipazione alle manifestazioni di settore. In questo senso, i dati evi­denziano che degli studi che hanno preso parte a un evento o a una fiera, il 60% è riuscito a farlo per­ché ha beneficiato di un incentivo o di altre forme di supporto.

Gli ostacoli allo sviluppo del settore dei videogiochi 

Tra i fattori che hanno ostacolato maggiormente la crescita degli studi di sviluppo nell’ultimo triennio la responsabilità più importante viene at­tribuita all’inadeguata disponibilità di risorse finanziarie all’interno dell’im­presa. Si registrano anche ostacoli informativi e carenze di competenze, come in particolare la difficoltà nel reperire personale qualificato sul mercato del la­voro e la complessità nel combinare competenze tecnologiche, manageriali e di marketing.

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La presenza sul mercato di aziende consolidate e in una posizione di for­za è individuato come principale osta­colo di mercato anche se, in generale, questo genere di difficoltà è quello che viene avvertito come meno pericoloso da parte degli studi di sviluppo italiani. Altri fattori che limitano lo sviluppo sono identificati nel rischio troppo elevato dell’attività d’impresa, nella mancanza di una cultura commerciale adeguata e da un sistema fiscale e normativo non ade­guato a una sana e robusta crescita del sistema imprenditoriale del videogioco.

Quattro cose da fare per far prosperare l’industria del videogioco

Per permettere la crescita dell’industria dei videogiochi in Italia sono state individuate diverse linee di intervento. La prima riguarda la definizione di programmi strutturali di sostegno alla produzione di videogiochi. L’industria potrebbe, infatti, beneficiare in misura significativa di un piano di incentivi che preveda non soltanto sgravi fiscali, ma anche contributi per le aziende che operano nel campo dell’entertainment digitale e nell’ambito dello sviluppo tecnologico.

La seconda linea di intervento riguarda lo sviluppo di programmi e incentivi volti ad attrarre capitali provenienti dai big player del settore e dagli investitori internazionali. La realizzazione di iniziative in grado di attirare gli investimenti internazionali in Italia, nonché la creazione di momenti di incontro e dialogo dedicati a creare una connessione tra gli studi di sviluppo e i possibili partner internazionali potrebbero contribuire in misura significativa all’immissione di capitali dall’estero per lo sviluppo del settore in Italia.

Un terzo intervento riguarda la creazione di poli d’eccellenza sul territorio nazionale. La realizzazione di un “ecosistema italiano” all’interno del quale coloro che vi lavorano possano avere l’opportunità di condividere infrastrutture, competenze, conoscenze e know-how rappresenta un’occasione di contaminazione tra gli operatori del settore, favorirebbe l’attrazione di imprese che operano in ambiti limitrofi e potrebbe concorrere allo sviluppo dell’economia di un intero territorio.

La quarta linea di sviluppo riguarda, infine, la formazione degli operatori del settore. Per poter continuare il percorso di crescita degli studi di sviluppo, attrarre l’interesse di investitori disposti a immettere nuove risorse nel settore e competere con le principali realtà internazionali appare opportuno progettare e attuare piani di formazione che consentano di diffondere le conoscenze imprenditoriali legate alla gestione d’impresa, al marketing e alla comunicazione.

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