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Facebook: 20mila ricorsi per post rimossi, esame primi 6 casi

Il Comitato di controllo di Facebook, un organo indipendente creato in autunno per revisionare, su richiesta degli utenti interessati, le decisioni sulla rimozione dei post prese dal social, è pronto a entrare nel pieno del lavoro. Sono stati infatti annunciati i primi sei casi su cui il Comitato lavorerà, scelti tra oltre 20mila ricorsi pervenuti a partire dallo scorso ottobre.

L’annuncio arriva nel momento in cui i social network sono sotto la minaccia di Donald Trump, che sta chiedendo con forza la revisione della cosiddetta “sezione 230”, cioè la normativa che garantisce ai giganti del web la non responsabilità per i contenuti pubblicati dagli utenti e la non perseguibilità legale per la cancellazione o la segnalazione di un post.

I sei casi, su cui è possibile esprimere un commento pubblico, riguardano principalmente la violazione delle norme sull’incitamento all’odio in Paesi non anglofoni. Uno concerne la rimozione di un post contenente due tweet dell’ex primo ministro malese Mahathir Mohamad, in cui il politico sosteneva che i “musulmani hanno il diritto di essere arrabbiati e uccidere milioni di francesi per i massacri del passato”. L’utente che ha fatto ricorso ha spiegato che il post voleva essere una denuncia di quelle parole.

Un altro caso riguarda la pubblicazione di due foto molto note di un bambino morto sul bagnasciuga, presumibilmente il siriano Aylan. Nel testo l’utente chiede, in birmano, perché non ci sono ritorsioni contro la Cina per il trattamento riservato ai musulmani uiguri, a differenza dei recenti omicidi in Francia legati alle caricature. Uno dei sei casi è sulla rimozione da Instagram, per le norme sulla nudità, di alcune foto volte a sensibilizzare sul cancro al seno.

Nella scelta dei ricorsi di cui occuparsi, spiega il Comitato, viene data “priorità ai casi che hanno il potenziale di influenzare molti utenti in tutto il mondo, che sono di massima importanza per il dibattito pubblico o che sollevano domande importanti sulle normative di Facebook”.
   

Fonte Ansa.it

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